Radici italiane e progetti oltreoceano. Un Account Manager di Spindox racconta i suoi due anni in Brasile. «Sono generazione Erasmus».

Brasile, mondiali di calcio 2014 e il sogno di una nuova vita, sponsorizzata Spindox. Lo vediamo arrivare, indossa bermuda dalla stampa rigorosamente tropicale e Ray-Ban per nascondere le occhiaie post hangover della sera prima. Un telo da mare sulla spalla, in una mano un bicchiere con ghiaccio tritato, rum brasiliano, lime e zucchero di canna; l’altra appoggiata alla tavola da surf. Si avvicina al chiringuito, circondato da noci di cocco sul bancone, fenicotteri rosa, cuscini galleggianti variopinti e gonfiabili in plastica lasciati lì, sulla sabbia bianca, finissima, della spiaggia di Copacabana. Così anche noi, rassegnati a dover intervistare il nostro collega in un angolo di paradiso, gli corriamo incontro, lanciando le Havaianas tra una palma e l’altra. E già ci sentiamo in uno dei tanti video di Pitbull. Sì, va bene uno qualsiasi.

Lo immaginavamo così il nostro incontro. Più o meno. Colpa, forse, di aver iniziato a vedere giallo e verde già da un pezzo. Poi lui ha iniziato a parlare di lavoro, di nuovi clienti, di cose serie. Allora ci siamo avvicinati, lo abbiamo guardato bene e abbiamo visto spuntare una cravatta blu, un completo slim fit e un pc su una scrivania bianca. Qualche collega nei paraggi, vedendoci ancora assorti nei nostri pensieri, decide di riportarci bruscamente alla realtà, dicendo: “Aò, ‘mbè?!”. E allora qualcosa ci fa intuire di non essere esattamente a Rio. Peccato.

Di chi stiamo parlando? Di lui, ovviamente: Andrea Saccomanno, Account Manager di Benevento che lavora a Roma, dopo aver vissuto due anni e mezzo in Brasile per Spindox.

Allora iniziamo.

Andrea, cosa fai in Spindox?

«Curo i rapporti commerciali con le aziende clienti, sono un Account Manager. Abbiamo iniziato a lavorare con Enel un paio di anni fa, proponendo una proof of concept che ha riscosso molto successo nell’ambito della cloud trasformation di tutta la mappa applicativa del cliente. Spindox è intervenuta come advisory in questo importante progetto che ci ha fatto conoscere, ci ha fatto crescere in quell’ambito e ha posto le basi per la partecipazione a una gara importante, insieme a due player di livello mondiale, quali Ericsson Italia e Engineering. Gara che abbiamo vinto in partnership con loro e che oggi ci sta permettendo di inserire i nostri colleghi in progetti sia lato integrazione sia lato cloud.

Oltre a seguire i clienti in progetti di questo tipo, l’altro 50% del mio tempo lo dedico alla ricerca di clienti per Spindox. Mi occupo, quindi, di sviluppare nuovo business: incontro persone, studio e analizzo. Tra le ultime aziende con le quali ho avuto a che fare ci sono alcune delle più importanti realtà basate a Roma. Abbiamo obiettivi ambiziosi. Vogliamo che la sede di Roma cresca e diventi importante come quelle di Milano e Maranello. Io ce la metterò tutta.»

Cosa hai studiato prima di arrivare in Spindox?

«Mi sono laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni all’Università del Sannio a Benevento. Durante l’ultimo anno di università ho iniziato il tirocinio per la tesi e mi sono incanalato verso un percorso di ricerca in optoelettronica, quindi fibre ottiche, sensori in fibra ottica. Cose particolari, un ambito un po’ di nicchia. Dopo la laurea, il relatore della mia tesi mi ha proposto un dottorato di ricerca molto interessante in collaborazione con il CERN di Ginevra, cofinanziatore del progetto. Inizialmente ero titubante a intraprendere un percorso accademico, ma la presenza del CERN mi ha convinto.

Inoltre ho pensato che sarebbe stata una bella esperienza ripetere un periodo all’estero, dopo l’Erasmus. Mi sono imbarcato in quest’avventura e sono stato molto soddisfatto: sono stati tre anni intensi, ricchi di soddisfazioni – poche dal punto di vista economico, purtroppo – però mi sono formato. Ho capito che cosa significa gestire un progetto anche con team internazionali e rispettare le scadenze: un conto è l’università, altro conto è invece avere a che fare con un ente come il CERN in cui tutto deve essere preciso fino alla virgola. Una bella esperienza che ricorderò sicuramente con molto piacere.»

E subito dopo il dottorato cosa hai fatto?

«Dopo il dottorato ho iniziato un percorso un po’ incerto: collaboravo con l’Università senza molta stabilità e parallelamente avevo iniziato a fare il consulente a partita iva, quindi freelance, nel settore delle gare d’appalto. Offrivo la mia prestazione professionale ad aziende che lavoravano nel settore delle gare pubbliche per prepararle alle gare dal punto di vista sia amministrativo sia tecnico. Seguivo quindi le varie fasi delle gare: un lavoro molto da burocrate, non tanto entusiasmante, che però mi ha fatto capire come funziona questo mondo e che mi sta tornando molto utile oggi.

Poi arriva la chiamata di Spindox, che io non conoscevo, ed è stato il momento della svolta per la mia carriera. La chiamata che mi è stata fatta era per un progetto importante che partiva in Brasile, per Finmeccanica. Oltre a un cambio di lavoro si stava configurando un cambio di città, di stato, di continente, con tante paure perché poi non è semplice partire, preparare la valigia e andare a 10.000 km distanza. Però l’ho fatto. Sono generazione Erasmus

Beh, allora adesso non puoi non raccontarci tua esperienza in Brasile!

Fa una pausa, ci pensa un attimo, sorride e poi riprende: «sono partito con molto entusiasmo ma non è stato semplice. Una volta arrivato lì non ho trovato il Brasile che ci si aspetta, quello della samba, delle feste e del Carnevale dai mille colori. Ho trovato un paese sicuramente meraviglioso, ma con tante difficoltà. Molta povertà e il pericolo per strada  all’ordine del giorno. D’altro canto la gente che incontravo era piena di energia e di voglia di vivere. Ho vissuto quasi due anni e mezzo in Brasile e questi due anni mi hanno dato davvero tanto, ho conosciuto persone che hanno lasciato il segno. È stata un’esperienza bellissima, sicuramente positiva.

Se dovessi dare un giudizio a questa esperienza, darei sicuramente un “10” perché mi ha permesso di diventare la persona che sono adesso: una persona in grado di guardare entrambe le facce di una stessa medaglia. Tra queste una delle due è il lato umano, che va sempre considerato: in Brasile ho assistito a situazioni veramente brutte, cose che se non vedi non puoi capire. Persone che dormivano sotto casa, persone che venivano a elemosinare non i soldi ma il cibo. Eventi che mi hanno fatto riscoprire un lato umano che stavo perdendo, per rincorrere chissà cosa. Ma è quello che facciamo tutti giorni: “corriamo, corriamo, corriamo”. Perché corriamo? Non lo so. Alla fine i brasiliani mi hanno insegnato che basta un pallone, una caipirinha e una giornata di sole, te ne vai in spiaggia e vivi la vita.»

Secondo te quali competenze servono per svolgere la tua professione?

«Per svolgere il mio lavoro, innanzitutto, è fondamentale una forte predisposizione caratteriale ai rapporti umani. Bisogna avere la capacità di stringere relazioni e saperle mantenere, abilità nel riconoscere tempestivamente chi ti può far perdere tempo e chi invece ti può aiutare nel tuo lavoro. Ogni persona ha un suo modo di reagire a determinati stimoli, così vesto i panni dello psicologo e cerco di capire in che modo raggiungere il mio obiettivo nei confronti della persona che ho davanti, che può essere un manager, un dirigente o un responsabile dell’ufficio acquisti. Attuo delle azioni personalizzate, mi piace dire “customizzate sartoriali”. La fase di studio del cliente è quella più delicata, bisogna muoversi con cautela perché si può rischiare di fare delle azioni sbagliate o un pressing eccessivo e produrre un effetto rimbalzo: quando la persona legge il tuo nome sul cellulare ignora il tuo messaggio e ti sei bruciato un contatto.

Ma tutto questo non è sufficiente. Un’altra caratteristica importante è essere sempre aggiornati, su tutto. Non parlo solo di tematiche tecniche: io leggo tantissimo, soprattutto quotidiani, settimanali, magazine di economia e finanza, ICT. Mi piace capire qual è lo stato di salute delle aziende del comparto, questo perché non ha molto senso andare a proporsi in un’azienda che sai non essere in buona salute. Inoltre bisogna essere credibili e la credibilità è qualcosa che ti costruisci quotidianamente. E poi sono importanti un bel sorriso e una bella faccia, ma soprattutto essere tenaci. Infine, bisogna possedere le cosiddette soft skill. Tutto questo in aggiunta a un’adeguata formazione, può costituire un vantaggio per chi vuole svolgere questo mestiere.»

Qual era la tua giornata tipo a Rio?

«La mia giornata tipo a Rio iniziava molto presto perché alle 6 di mattina il caos della città ti svegliava: gli autobus che passavano, il rumore delle persone che si spostavano. Alle 6 ero in piedi, mangiavo un boccone, spesso andavo a fare una corsetta in spiaggia. Una mezz’ora di sport e alle 8 ero operativo e scattante per muovermi a Rio. Quando mi occupavo dell’account TIM Brasil andavo a Banda do Tijuca, il quartiere moderno di Rio de Janeiro simile a Miami, con grattacieli alti, laghetti, vegetazione molto rigogliosa. Molto bello da vedere, lì c’era l’headquarter di TIM Brasil e lì incontravo i PM che gestivano progetti attinenti alle attività di Spindox. Cercavo di fare networking e allargare il mio perimetro di conoscenze.

In altri momenti più formali si organizzavano meeting con il cliente per cercare di capire in che modo l’azienda poteva aiutarlo. In qualità di system integrator non sempre è facile proporre soluzioni se il cliente non dice qual è il suo problema. La giornata new business invece si caratterizzava per la mia ricerca di nuovi clienti. Ma io ero solo in Brasile e non è stato facile, quindi cosa potevo fare? Un canale importante sono state le conoscenze di TIM che mi hanno presentato ad altri operatori. Un altro canale è stato la rappresentanza diplomatica italiana, quindi il Consolato, l’Ambasciata, la Camera di Commercio Italo-Brasiliana che mi hanno messo in contatto più volte con clienti prospect. Un’altra strada percorsa è quella della partecipazione alle fiere e agli eventi organizzati da aziende, associazioni o enti e ai quali non puoi mancare perché devi farti conoscere.»

E adesso che sei di nuovo a Roma, a quale progetto stai lavorando?

«Dopo il Brasile sono tornato a Roma, adesso sono fisso qui da ottobre. Con i colleghi sto lavorando in Enel per due progetti importanti: uno cross tra le sedi Roma e Milano sui sistemi di integrazione, tra cui TIBCO e altre tecnologie adottate da Spindox e su cui siamo forti. Presso la sede di Sesto Marelli di Enel abbiamo due colleghi che stanno lavorando all’analisi di nuove architetture da implementare nei sistemi di integrazione del cliente. Parallelamente, altri colleghi lavorano al porting in cloud di un’applicazione importante di Enel per il Servizio di Maggior Tutela che serve per la fatturazione di tutti i servizi che Enel offre: dal canone Rai in bolletta, al pagamento dei consumi elettrici. Un lavoro che si svolge a cavallo tra due sedi di Spindox che ha però come unico obiettivo quello di seguire questo grande cliente.»

Cos’è Spindox per te?

«Spindox per me è una famiglia, è la prima azienda importante nella quale mi sono trovato a lavorare. Voglio esserci ancora per tanto tempo, perché mi trovo davvero bene. In Spindox ho conosciuto persone eccezionali sia dal punto di vista tecnico, per preparazione professionale, sia dal punto di vista umano. Un tratto distintivo di Spindox rispetto ad altre realtà con le quali mi interfaccio quotidianamente è appunto questo: riuscire a dare valore all’essere umano non come risorsa, ma come persona. Spindox è un insieme di persone che fa la differenza perché vengono trattate come tali. Siamo un’azienda giovane, grande, non ancora grandissima. E questo permette di avere una gerarchia abbastanza corta: dallo stagista all’Amministratore Delegato non esistono troppi livelli gerarchici. Non ci sono i presupposti per un distacco totale tra i vari livelli. Questo permette un’attenzione elevata verso chiunque. In più il nostro management è molto predisposto a interessarsi a tematiche che riguardano i risvolti umani piuttosto che lavorativi e questo rende Spindox un’azienda forte e attraente.»

Un grande classico ormai: cos’è per te l’innovazione?

«L’innovazione è frutto della conoscenza, è la massima espressione della conoscenza. Innovazione è tutto quello che puoi ottenere da una mente geniale e un’idea. È qualsiasi cosa che migliora ciò che già abbiamo. L’innovazione non la vedi ma ti circonda. Credo che in Spindox la volontà di fare innovazione sia forte. Se si riuscisse a unire la voglia di fare innovazione con le disponibilità di fare Ricerca e Sviluppo si creerebbe un cocktail micidiale, che potrebbe portare a risultati interessantissimi. Mi ritrovo nel DNA innovativo di Spindox e mi ci sento parte.»