Dalla realtà aumentata alla scrittura aumentata. Il giornalismo e gli algoritmi di #meetMarconi: Francesco Paulo Marconi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
L’intelligenza artificiale incontra la comunicazione e lo storytelling. Questo il tema dell’appuntamento con Francesco Marconi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano per la prima lecture inspirational del programma di Meet the Media Guru 2018.
Un cognome importante che a prima vista potrebbe ingannare richiamando alla mente il fisico bolognese, inventore del radiotelegrafo. Ingannare, sì, perché seppure di origini vicine alle nostre, Francesco Paulo Marconi non è un connazionale: portoghese di nascita, statunitense di adozione.
Dopo essersi laureato in Economia all’Università di Coimbra, Marconi ha studiato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, all’Università del Missouri, alla Columbia Business School e a Harvard. Per non farsi mancare nulla. Così, per l’incontro di MtMG, lo abbiamo visto tornare in Italia. Stavolta non più da studente ma come esperto di media strategy, di augmented journalism e fresco di nomina come Responsabile di Ricerca e Sviluppo de The Wall Street Journal (qui la sua guida sul giornalismo e l’AI: How artificial intelligence will impact journalism).
A introdurre il suo intervento Maria Grazia Mattei, direttore di MtMG e Cristina Tajani, Assessore alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio del Comune di Milano. È Maria Grazia Mattei che ringraziando Paolo Iabichino e Alessandro Boscarino – coinvolti insieme a Giorgia Lupi (che avevamo incontrato qui) nel lavoro di costruzione della nuova brand identity di Meet the Media Guru – ha ricordato la nascita di MEET: «Il 26 febbraio abbiamo lanciato un progetto per Milano. Avremo uno spazio per il nuovo MtMG, l’ex Spazio Oberdan, che grazie a Fondazione Cariplo, ristruttureremo. MEET diventerà il primo Centro Internazionale per la cultura digitale».
Francesco Paulo Marconi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano per Meet the Media Guru.
Abbracciare l’innovazione, senza esitazioni
Il progresso apre a nuove libertà di espressione e di creazione di contenuti, sostiene Maria Grazia Mattei, che ci accompagna al cuore delle tematiche all’ordine del giorno rivolgendo a Marconi una domanda più che legittima: qual è l’impatto dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, con gli algoritmi che si affiancano ai giornalisti?
Parliamo di processi di cambiamento culturale già in atto, in una prospettiva umano-centrica. Umani che si relazionano con algoritmi. In senso lato, con robot. Robot intelligenti (qualcuno ha pure la cittadinanza, leggi qui). Sì, ma in che modo?
Per capire il presente e pensare al futuro, si parte dal passato. Come suggerisce anche Marconi che apre il suo speech sottolineando come ogni grande innovazione nel corso della storia sia stata accolta con titubanza. Questo perché il cambiamento e l’incertezza, da sempre, spaventano l’essere umano. Attraverso un excursus storico sulle grandi innovazioni mediatiche, a partire dal telegrafo, Marconi ha messo in evidenza queste esitazioni. Dai dubbi sull’effettiva utilità del telegrafo che quasi indussero il senatore americano responsabile dell’approvazione del progetto a bloccarne la nascita, al commento sull’avvento della radio firmato dal Boston Globe in un editoriale del 1865: «tutti sanno che è impossibile trasmettere la voce tramite cavi. E se anche ciò fosse possibile, non troverebbe alcuna applicazione pratica nella realtà». E poi ancora l’accoglienza riservata dal New York Times alla televisione durante la sua prima apparizione nel 1939: «Sapete qual è il problema? È che la famiglia media americana non ha tempo di guardare la televisione. La gente deve stare seduta e tenere gli occhi incollati a uno schermo».
Francesco Marconi durante il suo speech al MtMG.
La tendenza a esitare è quindi evidente. Ma le cattive percezioni non finiscono con l’avvento della TV.
Persino Robert Metcalfe, l’informatico statunitense inventore di Ethernet, nel 1995 sostenne il web sarebbe catastroficamente crollato nel giro di un anno. E nel 2014 Warren Spector, autore statunitense di videogiochi, riguardo alla VR scrisse che nessuno avrebbe voluto indossare un visore di realtà virtuale per isolarsi dal resto del mondo.
Esempio di visore di realtà virtuale. (Fonte: Pexels)
Per arrivare infine all’intelligenza artificiale con Elon Musk che, al NGA 2017 Summer Meeting, ha descritto gli sviluppi futuri dell’AI come un rischio fondamentale all’esistenza della civiltà, suggerendo ai governi di regolamentarne il prima possibile la ricerca.
2017 National Governors Association Summer Meeting.
«L’intelligenza artificiale esiste. Ed è già tra di noi»
L’innovazione attraversa così sempre le stesse fasi: riluttanza iniziale, timida accoglienza, valutata praticità. E la stessa cosa vale nel rapporto tra intelligenza artificiale e giornalismo. Dapprima ci si è preoccupati per l’impatto dell’AI nella parola scritta, poi si è iniziato ad accogliere la tecnologia. Oggi ne scopriamo le applicazioni pratiche.
«Bisogna trovare un equilibrio con il passato, con la tradizione, e allo stesso tempo, cambiare e rafforzare la prospettiva creando, inventando, abbracciando nuove idee. Nuove piste da tracciare e spazi inediti aperti alle tecnologie. Nel giornalismo e nei media, l’innovazione è sempre molto sfidante», prosegue Marconi.
Già oggi l’intelligenza artificiale permette di generare articoli automaticamente, attraverso una tecnologia nota con il nome di NLG (Natural Language Generation), la generazione del linguaggio naturale. Questa tecnica di elaborazione aiuta i reporter a trasformare una lunga storia in qualcosa di più breve. L’NLG permette infatti di generare il riassunto di un racconto troppo lungo o una sua nuova versione.
Natural Language Generation, il linguaggio naturale elaborato dagli algoritmi
«Il processo di redigere un riassunto è molto manuale, se ci pensate. Il riassunto non aumenta il valore di quella storia. La riassume, appunto», dice Marconi. L’elaborazione di linguaggio naturale però si spinge oltre: non solo permette di sintetizzare dei testi, ma è anche capace di scrivere nuovi elaborati simili a quelli che scriverebbe un essere umano. «Questa tecnologia raccoglie i dati, per esempio dati finanziari di una società, e partendo da questi elementi, genera in automatico narrazioni, storie». Spiega Marconi, che prosegue raccontando la sua esperienza all’Associated Press: «implementando l’NLG siamo stati in grado di migliorare la produzione del 100%. Siamo partiti dal coprire 300 società con report finanziari, a seguirne 4000».
Verrebbe da dire che presto le macchine ruberanno il lavoro ai giornalisti, ma Marconi ci smentisce immediatamente: «Attenzione signori, perché non sarà così. Il nostro obiettivo è andare verso l’automazione per liberare i giornalisti da task ripetitivi, per evitare così di stare seduti alla scrivania a fare sempre le stesse cose. Vogliamo lasciare spazio al giornalismo investigativo. Raccogliere altri tipi di informazioni, più profonde».
Come nasce quindi un articolo a firma di un robot? In una prima fase, spiega Francesco Paulo Marconi, si raccolgono i dati. Dati che devono essere puliti, organizzati, resi affidabili dal lavoro di un essere umano. Nella seconda fase si sviluppano modelli, dei veri e propri template redatti ancora una volta da un uomo. «Ogni singola possibile combinazione di quello che può succedere narrando una determinata storia è inserita nel template, come in un menu. L’algoritmo indica quale regola osservare, che prospettiva adottare per raccontare una storia con successo». Si tratta di una scrittura diversa e di un modo nuovo di lavorare per i giornalisti, ma, ancora una volta, è evidente come la componente umana sia fondamentale.
Dallo speech di Francesco Marconi per Meet the Media Guru.
Il giornalismo aumentato dal machine learning
«L’automazione è però solo il primo passo in avanti per quanto riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte della media industry e del giornalismo in generale». Il prossimo consisterà nell’impiego dell’AI per migliorare la creatività umana. Parliamo di scrittura aumentata, giornalismo investigativo, giornalismo aumentato. O semplicemente, augmented journalism.
Nell’augmented journalism, i sistemi di machine learning si occupano di individuare tra le fonti giornalistiche quelle informazioni che possono costituire una storia. «In Associated Press – racconta Marconi – questa tecnologia è utilizzata per analizzare migliaia e migliaia di cosiddetti “data point”: per esempio per l’analisi dei verbali delle Forze di Polizia che descrivono crimini e reati». Dati e documenti raccolti, analizzati in maniera rapida dall’algoritmo, classificati e quindi riuniti in un unico riassunto facilmente fruibile dal giornalista, andranno a creare il nucleo di dettagli e avvenimenti che l’autore utilizzerà per costruire lo storytelling del proprio pezzo.
L’arte della narrazione si ibrida con la scienza. Nasce così una nuova disciplina della scrittura, che si basa su dati e informazioni scientificamente verificate dall’AI e messe a disposizione della mente del giornalista. A quest’ultimo resta il compito più importante: unire i puntini. Un lavoro che, ci spiega Marconi, si basa su tre pilastri: «Il primo pilastro è la ricerca. Per i giornalisti ciò si traduce nel cercare e trovare un punto di vista e lavorare sulle ipotesi. Secondo step: sperimentiamo l’ipotesi. Poi, si raccolgono i dati da condividere con i colleghi e si fa sperimentazione. Infine è fondamentale avere un riscontro».
Dallo speech di Francesco Marconi per Meet the Media Guru (#meetMarconi).
Articoli personalizzati in base ai pubblici, una delle potenzialità della NLG
L’elaborazione del linguaggio naturale è una rivoluzione anche per il lettore, non solo per chi scrive. La NLG è infatti in grado di rendere gli articoli più leggibili per il destinatario finale sulla base di alcuni elementi che nel testo iniziale non erano stati presi in considerazione o, viceversa, erano stati messi in risalto. Tra questi elementi, per esempio, c’è la provenienza geografica del lettore o punti di vista non considerati. La prospettiva della squadra vincente e quella della squadra perdente: «la storia da scrivere è sempre la stessa. La partita è sempre quella. Ma è come avere due diversi giornalisti con due punti di vista differenti attorno lo stesso campo da calcio». Spiega Marconi. L’algoritmo aggiunge o rimuove alcune parti del racconto. In sostanza, questa tecnica permette di creare testi nuovi, personalizzazioni avanzate del contenuto in base al contesto, modificando la storia in tempo reale. Si possono scoprire nuove nuance, dare toni e sfumature diverse alla stessa storia.
La partita rimane aperta. Il rischio è che si creino bolle di informazione: la troppa personalizzazione potrebbe finire con l’offrire solo la prospettiva che i pubblici di riferimento vogliono leggere. E, conseguentemente, prospettive troppo diverse della stessa notizia.
Per evitare le ripercussioni etiche dell’utilizzo di questo tipo di tecnologia, Marconi ci avverte ancora una volta sull’importanza dell’intervento dell’uomo. «Le tecnologie, gli standard cambiano costantemente. L’etica però deve rimanere immutata.»
Dallo speech di Francesco Marconi per Meet the Media Guru (#meetMarconi).
Altre implicazioni dell’AI nel giornalismo riguardano il riconoscimento facciale, le fake news, speech to text, text to speech. Ma ve ne parleremo nella prossima puntata. #meetMarconi