Disponibile da settembre, Azure Stack offrirà on-premise buona parte dei servizi di Azure già accessibili sul cloud pubblico di Microsoft. Pronto anche l’hardware dedicato, nelle versioni Dell, EMC, HPE e Lenovo.
Con Azure Stack, la piattaforma di cloud ibrido presentata in questi giorni in pompa magna, Microsoft mantiene con sette anni di ritardo una promessa formulata a suo tempo: quella di un’offerta cloud-in-a-box, basata su un’istanza locale di Azure con una serie di servizi e strumenti cloud resi disponibili mediante hardware dedicato. In altre parole Azure Stack ripercorre la filosofia che era già alla base del programma Windows Azure Appliance del 2010, mai portato a termine.
Azure Stack permette di fornire i servizi di Azure dal proprio data center, avvalendosi di una serie di strumenti in ottica DevOps. Fra questi Visual Studio, Jenkins e Visual Studio Team Services per la continuous integration e il continuous deployment, Chef e Azure PowerShell DSC. Per capire come creare macchine virtuali, istanze di database e web app su Azure Stack si può dare un’occhiata alla documentazione sul sito di Microsoft. È anche disponibile un kit di sviluppo, ovvero una versione single-node della piattaforma che può essere usata scaricata dallo stesso sito e usata come ambiente di valutazione.
Ovviamente il modello di accesso alle risorse è quello tipico del cloud, ossia pay-as-you-use. Tuttavia il prezzo sarà più basso rispetto a quello di Microsoft Azure pubblico, dal momento che non coprirà i costi dell’infrastruttura hardware. Questa dovrà essere conteggiata a parte del business case. Azure Stack propone diverse soluzioni predefinite di hardware dedicato. Quelle di Dell, EMC, HPE e Lenovo saranno pronte a settembre, anche se è già possibile ordinare la propria appliance. Più avanti arriveranno anche Cisco e Huawei.
Certo, il modello del cloud ibrido farà storcere il naso ai puristi del cloud. Tuttavia vi sono diversi scenari in cui la sua adozione può avere senso. È il caso di tutti quei contesti in cui, per ragioni normative, l’esposizione di dati particolarmente sensibili su un cloud pubblico non è consentita. Oppure quando si tratta di sperimentare i servizi cloud, ma non ci si sente ancora pronti per fare il grande salto verso la virtualizzazione della propria infrastruttura on-premise e lo smantellamento definitivo del data center.