Con la trasformazione digitale e la giusta governance la burocrazia non è più una gabbia d’acciaio

da | Apr 20, 2022

Negli ultimi due anni, la trasformazione digitale è stata l’obiettivo di aziende e PA. Ma per fare in modo che il cambiamento non sia solo apparente serve una governance esperta e sicura.

La burocrazia italiana

Per Weber era una gabbia d’acciaio che limita la libertà individuale e alla quale non si può sfuggire. Kafka gli ha dedicato un romanzo, Il Processo, mettendo in risalto tutta la sua assurdità. Nella letteratura distopica è il simbolo della perdita dell’identità e del buon senso a favore del controllo e dell’inefficienza promossa come modello di eccellenza. Stiamo parlando della burocrazia. Nata dalle tesi razionaliste con l’obiettivo di mettere ordine nel caos e rendere i procedimenti amministrativi maggiormente lineari, col tempo, con l’accumularsi di norme, leggi e cavilli la burocrazia e i burocrati sono diventati sinonimo di disordine e inefficienza. 

Come una catena che avrebbe dovuto giovare della forza di ogni suo anello, gli amministratori altamente specializzati e responsabilizzati, la burocrazia nel tempo si è tramutata nel suo opposto. L’estrema parcellizzazione è diventata mancanza di senso. Ogni individuo è diventato responsabile di una singola porzione di un processo molto più ampio di cui, spesso, non si conosce lo scopo finale. L’alienazione è il sentimento predominante, sia per chi lavora in questo ambito, sia per chi si trova ad averci a che fare.

Complesso in ogni organizzazione, l’apparato burocratico diventa ancora più tentacolare quando incontra la macchina statale. In un paese come l’Italia, poi, ci si trascina il vulnus di una gestione della cosa pubblica fatta di accumulazione più che di ottimizzazione e razionalizzazione. Semplificazione è la parola che da anni risuona nei programmi elettorali, così come nelle figure di governo. Ma anche nelle direttive europee che avvertono l’Italia del rischio concreto di essere lasciata fuori dalla partita per i investimenti internazionali.

L’apparato burocratico, infatti, non spaventa solo le aziende nostrane, ma anche e soprattutto gli imprenditori stranieri. Questi vedono nel groviglio di leggi, permessi e certificazioni un ostacolo spesso insormontabile, decidendo quindi di portare i propri finanziamenti in altre nazioni. Nazioni che hanno saputo governare meglio questi processi nel tempo e diventare più appetibili anche sotto questo punto di vista.
Dal 1989, il World Competitiveness Ranking classifica le diverse nazioni in termini di competitività economica. Vengono utilizzati centinaia di criteri, suddivisi in quattro categorie: 

  • Performance economiche: economia domestica, commercio e investimenti internazionale, tasso di occupazione, costo della vita;
  • Efficienza governativa: finanze pubbliche, tasse, cornici istituzionali, normative aziendali, contesto sociale;
  • Efficienza del business: produttività, mercato del lavoro, management, valori aziendali;
  • Infrastrutture: di base, tecnologiche, scientifiche, di salute, ambientali ed educative. 

In questa valutazione, che vede paesi dell’UE occupare più di metà della top ten, l’Italia non riesce a superare la soglia della quarantesima posizione (posizioni occupate dal 2017 al 2021: 44, 42, 44, 44, 41). La burocrazia infierisce quindi anche sulla crescita economica italiana, con aziende e multinazionali estere che preferiscono non investire nel Bel Paese. La paura è proprio quella di venire sommersi dall’invalidante tsunami burocratico italiano. 

Dopo tanti discorsi, spesso vuoti, è il momento di cambiare e affrontare seriamente il tasto dolente della semplificazione muovendosi sul fronte della trasformazione digitale da un lato e del cambiamento culturale dall’altro.

Burocrazia: il nemico comune di PA e imprese

Negli ultimi due anni la spinta verso la digitalizzazione ha ricoperto un ruolo importante per PA e realtà aziendali italiane come mondiali. Aziende, così come uffici pubblici possono svolgere un importante ruolo nella lotta alla burocrazia, sostituendo parole come stratificazione, standardizzazione, routine con sperimentazione, apertura e digitalizzazione. Per farlo è necessario mettere insieme la cultura dell’amministrazione statale e le competenze tecnologiche. Occorre quindi approcciare in modo innovativo la digitalizzazione della PA, sapendo cogliere adeguatamente le opportunità offerte dalla tecnologia e contestualizzandole nei processi e nella missione istituzionale delle funzioni statali.

La burocrazia è il nemico comune da combattere per competere sul mercato, in un mondo sempre più veloce. La PA italiana è tra le poche organizzazioni che sono rimaste fedeli al concetto di catena di montaggio, in cui ogni ufficio è un tassello con responsabilità frammentate senza alcuna visione dell’intero processo. Tutto questo va a svantaggio sia del funzionario (che si percepisce solo come parte di un ingranaggio) che del cittadino, che non può usufruire del servizio che di fatto gli spetta di diritto. 
Riformare la burocrazia e semplificare attraverso la digitalizzazione, però, non significa solo ridurre i tempi, snellire i processi, abbattere i costi e applicare alla PA gli stessi criteri del settore privato.

Lo Stato ha anche il compito di tener conto degli interessi generali dei cittadini, non solo quelli più abili e abituati a muoversi seguendo le procedure. Per questo, la PA deve essere vincolata alle leggi, deve tener conto del digital divide culturale, come di quello tecnologico e curarsi di ogni singolo cittadino allo stesso modo.

Bisogna portare dentro la PA le competenze tecniche del settore privato e far dialogare i burocrati con i tecnici. Iniziare una conversazione che porti ad un’acquisizione reciproca di competenze in grado di ripensare processi, tecnologie ma anche cultura e formazione. Semplificare i processi burocratici significa affidarsi a una governance esperta nella gestione di progetti e programmi complessi, nel disegno di architetture tecnologiche, di persone con esperienza sia tecnologica che procedurale. Perché la dotazione informatica è utile solo se affiancata a una cultura dell’amministrazione statale.

Dogix: la governance di Spindox al servizio della trasformazione digitale

Le sfide della trasformazione digitale vogliono l’attività di Governance come forza propulsiva delle progettualità, nell’ottica del miglioramento continuo, e non del mero controllo burocratico. La prima sfida è quella della rapidità e della capacità di valutare correttamente le opportunità. In un contesto di rapido cambiamento, individuare e gestire gli elementi di incertezza costituisce un elemento determinante per accorciare i tempi di maturazione e sviluppo. C’è una correlazione sempre più stretta fra time-to-delivery dei progetti e time-to-market.

In secondo luogo, si assiste a un’indiscutibile proliferazione degli stakeholder nell’ambito dei progetti IT. Si moltiplicano utenti, titolari e responsabili di processo, decisori di business. Tutti attori che il project manager deve contribuire a individuare e con cui deve sviluppare e mantenere le giuste relazioni. Si tratta di determinare bisogni, interessi, decidere quali strumenti di comunicazione utilizzare, che cosa condividere e con chi, quali informazioni valorizzare fra tutte quelle disponibili.

Il terzo aspetto rilevante è costituito dalle metriche di valutazione dei progetti IT. Nel contesto della trasformazione digitale, il valore di un progetto IT è sempre meno legato ad aspetti tecnici. Il progetto IT che vale è quello che abilita il cambiamento digitale e che dunque si conferma come fonte di vantaggio competitivo per l’organizzazione. Nel contesto della digital transformation le organizzazioni affrontano queste sfide come prospettive di cambiamento e discontinuità che spesso si articolano nella necessità di governare programmi complessi per ambito, impatti finanziari e tempi di rilascio.

Dogix è in grado affiancare i suoi clienti come partner nelle diverse fasi del ciclo di vita di questi programmi, partendo dalle valutazioni di opportunità di business e finanziarie, attraverso il monitoraggio e gestione dei costi e delle risorse, sino alle analisi dei benefici ottenuti e del loro allineamento con gli obiettivi strategici dell’organizzazione. Nel controllo dei costi e della gestione degli economics, Dogix supporta il cliente nei processi di Budgeting, IT Administration, Controllo dello Spending. Tutto questo, non solo in modo operativo ma anche nella definizione di policy, linee guida e best practices.

Dogix si qualifica come partener ideale per il Dipartimento IT che non vuole solo reagire alle richieste di business. Lo affianca nella definizione di una strategia IT in grado di supportare i processi aziendali in modo proattivo e con un’ottica di implementazione strategica, dove la tecnologia non sia un semplice fattore abilitante ma un vero e proprio vantaggio competitivo.

In un momento storico in cui la crisi, la precarietà e il rischio sembrano condizioni in grado di minare la stabilità del business, dell’imprenditoria e del mondo del lavoro, l’unico modo per reagire è prendere il meglio che possiamo trarre da ogni sfida. Oggi, l’obiettivo è quello di rompere la gabbia d’acciaio, spezzare le catene della burocrazia e rendere trasparenti quei processi che prima erano opachi.

Abbiamo la tecnologia e le competenze per farlo: non ci resta che agire.

Giada Fioravanti
Giada Fioravanti
Quando mi sono iscritta a FB ho usato questa citazione della Dolce Vita per descrivermi: «Sono troppo serio
 
per essere un dilettante, ma non abbastanza per diventare un professionista». Poi mi sono laureata, ho preso 

un dottorato, ho iniziato a lavorare nell’ambito della comunicazione e del marketing e ho capito che si poteva 

essere dei professionisti. L'importante era non prendersi troppo sul serio.

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