Community Leadership Summit x ItalyA Roma la quarta edizione del Community Leadership Summit X Italy. Se ami le community, non puoi non conoscere il CLSxItaly.

Community Leadership Summit “X” Italy, a Roma. La sua quarta edizione, la nostra prima da partecipanti all’evento. Tra gli organizzatori anche il nostro Michel Murabito (Senior Developer, già presentato) che, insieme agli altri «compagni di ventura», ha rinunciato per cinque mesi alle sue pause pranzo del giovedì per organizzare questo evento. «Un evento piccolo ma organizzato con tanto amore», ha sottolineato in apertura Mara Marzocchi, co-founder di Codemotion. A ospitare l’intera giornata gli spazi del LUISS ENLABS, acceleratore di startup certificato dal Governo italiano.

Il Community Leadership Summit nasce in America da un’idea di Jonathan Edward James Bacon, conosciuto ai più come Jono Bacon. È un evento che «nasce dai community manager, per i community manager» per creare un ecosistema, un momento di condivisione di informazioni, per incontrarsi e fare networking. Come spiega Alessio Fattorini – Community Leader di NethServer – che ha aperto l’edizione romana di sabato 25 novembre 2017. Insieme a lui, sul palco anche Azzurra Ragone – Community Specialist – e Alfredo Morresi – del team Developers Relations – entrambi in Google; Chiara Brughera, Community coordinator in Talent Garden, Innocenzo Sansone, Community Manager per Codemotion e Stefano Ottaviani, cofondatore della community DevMarche.

Jono Bacon ha creato il format “X” per estendere il CLS localmente, nelle città, nei paesi lontani dall’America ma comunque interessati a condividere esperienze nella gestione di community. Nato in Italia a Milano, nel febbraio del 2016, CLSxItaly è un momento utile e divertente per tutti gli appassionati di community, per chi le gestisce o per chi vorrebbe farlo.

ufficio luiss

Gli spazi del LUISS Enlabs di Roma.

Ma cos’è una community?

«Una community è un network di persone che decidono di mettersi insieme perché hanno qualcosa in comune: interessi, bisogni, difficoltà, preferenze, territorio». Questa è la definizione offerta dal talk della scorsa edizione di CLSxItaly, tenuto da Emanuela Marino – Community Leader per Airbnb – dal titolo ‘Creare una community dal basso ed arrivare ad un’azienda milionaria’. In quell’occasione la Marino aveva raccontato la sua esperienza come fondatrice e community manager della community ‘Host Community Rome’. Anche Alfredo Morresi, ha proposto la sua definizione di community, senza partire da un’esperienza in particolare ma entrando nel vivo dell’argomento: ovvero, come si crea il senso di community?

Le recenti teorie nelle scienze sociali descrivono gli elementi essenziali atti a definire una community, sia essa virtuale o fisica. Ciò che trasforma un gruppo in una community, quindi il sense of community, è «a feeling that members have of belonging, a feeling that members matter to one another and to the group, and a shared faith that members’ needs will be met through their commitment to be together». Un sentimento di appartenenza, una sensazione di utilità reciproca, una convinzione di soddisfacimento dei propri bisogni. Dalle teorie di McMillan e Chavis (1976), con Morresi abbiamo seguito un percorso che ci ha condotti fino alla definizione di quegli elementi essenziali per la creazione e il mantenimento di una community. Tra questi elementi, i principali sono quattro: membership, influence, integration and fulfillment of needs, e shared emotional connection. Il primo elemento è la membership: sentirsi membri di qualche cosa. Questo ‘qualcosa’ per esistere deve essere definito attraverso i cosiddetti ‘boundaries’, i confini. Il confine permette di capire “chi siamo noi” e “chi sono gli altri”, chi sono i membri della community, chi le persone che ne fanno parte e chi no. La community è inclusione, ma l’inclusione vale per i membri di quella community; la diversità è per chi ne è fuori. All’interno dei confini della community ogni membro si sente sicuro (emotional safety). Membership, ovvero far parte di qualcosa, sviluppare un sense of belonging (senso di appartenenza) e condividere dei simboli che permettono di riconoscersi e farsi riconoscere (common system symbol). Le persone devono sentirsi parte del gruppo, non può esserci un capo. Tutti sono sullo stesso livello. Le persone devono riconoscersi come parte del gruppo.

L’influenza (influence) è partecipare alle community perché l’attività dei singoli può influenzare l’andamento della community stessa e, contemporaneamente, la partecipazione può influenzare a sua volta i partecipanti. Poter influenzare ed essere influenzati. Creare connessioni emotive e condivise (shared emotional connection) è importante per stabilire un legame con gli altri membri della community. «Essere insieme nello stesso posto non basta per creare delle esperienze condivise, per creare dei collegamenti». Per questo esiste un community leader, in grado di creare connessioni tra le persone. In ultima posizione, ma forse l’elemento base da cui far partire una community, è il soddisfacimento dei propri bisogni (integration and fulfillment of needs): come esseri umani abbiamo sempre bisogno di soddisfare i nostri bisogni.

Sala A Luiss

Sala ‘LUISS A’ all’interno di LUISS EnLabs Roma.

«Il successo è andare avanti, di fallimento in fallimento, senza perdere l’entusiasmo. I fallimenti sono impliciti negli esperimenti e gli esperimenti possono fallire, quindi dobbiamo andare avanti».

A seguire interventi interessanti di Massimo Sarti, che ha raccontato la storia di un gruppo di meetup a Roma, l’Agile Talks, cresciuto di 5 volte in un anno dal momento della sua creazione.

Sarti ha proposto un video divertente di Derek Siver a TED Talk e partendo dalla sua esperienza diretta e dai meetup londinesi, a base di pizza e birra gratuite, ha spiegato come nascono e crescono i movimenti.

Derek Sivers’ TED Talk: ‘How to Start a Movement’.

Quindi esiste una ricetta da utilizzare per far crescere una community? No, «non esiste un ‘one size fits all’», sottolinea Sarti. Ciò di cui ci ha parlato fa parte della sua storia, è ciò che lui ha appreso. Ha proposto, in conclusione, un modello gallese per il problem solving. Il ‘Cynefin Framework’ è un modello nato nel 2000 da Dave Snowden e Cynthia Kutz che divide in quattro macro aree gli ambiti della conoscenza: semplice, complicato, complesso, caotico, con ‘disordinato’ come fulcro centrale. Sulla base di questo modello, Sarti ha definito le community chiuse come complicate. I meetup sono nel quadrante del complesso: aperti a tutti, non si sa chi saranno i partecipanti, è un “esperimento nell’esperimento”. I movimenti vivono in una realtà che li circonda, una realtà caotica nel caso di Sarti che organizza meetup a Roma. I meetup aperti che vivono nel complesso, possono essere migliorati solo facendo esperimenti, dei “probe” come dice Snowden.

A seguire ‘Sani valori e aiuto reciproco: come far germogliare una community imprenditoriale’ con Alessio Petrich di Startup Grind e ‘Community engagement per Matera 2019’ con Ida Leone e Raffaella Pontrandolfi, che hanno raccontato l’esperienza della community dalla candidatura di Matera come European Capital of Culture 2019 (ECOC – Capitale Europea della Cultura per il 2019) fino al 2020. Le lezioni portate a casa sono tante. «Nella community si creano delle relazioni umane, delle interazioni. Le relazioni umane sono importanti perché si basano sulle emozioni» e sono queste relazioni che permettono a una community di vivere e sopravvivere e fare innovazione, secondo Petrich.

Raffaella Pontrandolfi, Digital Communication Manager Matera European Capital of Culture 2019, ha illustrato il ruolo del WebTeam – un gruppo di volontari digitali nato nel 2012 per supportare la candidatura di Matera a ECOC 2019 – raccontando la nascita e la crescita della piattaforma e della community. Una community di cittadini, una piattaforma digitale nella quale tutti sono stati invitati a intervenire, discutere temi, condividere progetti e fare proposte. I temi finali sono stati decisi dalle persone: un gruppo composto sia da autocandidati sia da community manager. «La rete è fatta di relazioni. Bisogna dare valore a tutti i contenuti che arrivano da parte degli utenti e creare un racconto collettivo. Non c’è conoscenza se non c’è condivisione. Together, to get there». Poi Ida Leone – Responsabile programma Build Up e Community manager della Fondazione Matera Basilicata 2019 – ha preso la parola. «Siamo partiti da essere parte della strategia di comunicazione per la candidatura di Matera a essere protagonisti della Capitale Europea. L’obiettivo è raccontare la Capitale Europea della Cultura e far in modo che la community diventi europea».

Sarà una piattaforma digitale in cui chiunque potrà proporre i propri progetti. Esiste uno sportello fisico in cui le persone possono presentarsi e proporre la propria idea. La nuova community cerca di allargarsi all’Europa: che cosa l’Europa può portare a Matera, che cosa Matera può portare all’Europa. L’adesione a una community può essere fatta non solo da singoli ma anche da rappresentanti di gruppi. «Esistono tre regole della community, non negoziabili: l’apertura, il rispetto, il merito. Regole che valgono per qualunque community. Chiunque può iscriversi, può commentare. La community è pubblica, ma non è per tutti. La nostra idea è di “evitare di dare da mangiare ai troll”. Il troll è totalmente ignorato».

Dal canale YouTube del CLSxItaly: ‘Community engagement per Matera 2019′ con I. Leone e R. Pontrandolfi.

‘Diventare un community leader in 10 mosse’

Un po’ nostalgici e tanto nerd, i floppy disk utilizzati come badge sono stati tra gli elementi che hanno reso divertente e peculiare il CLSxItaly di Roma, insieme all’intervento di successo di Alessio Fattorini e alle sue 10 mosse per diventare un vero leader di community. Bisogna imparare dai bambini a essere curiosi, orientati al processo e non al risultato, a lavorare in autonomia. Simone ha due anni, eppure proprio lui ha insegnato tutto questo ad Alessio, suo padre. Ecco le 10 mosse:

  1. Imparare, avere dei mentor
  2. Pensare attivamente
  3. Essere curiosi: la curiosità è il tratto indispensabile del leader, come i bambini. È indispensabile fare domande su domande. Stabilire connessioni con gli altri: le persone amano essere trattate da esperti
  4. Focalizzarsi su qualcosa: non si può solo conoscere qualcosa, bisogna essere bravissimi nel farla
  5. La differenza non la fa il talento, ma l’attitudine (Seth Godin)
  6. Sperimentare
  7. Controllare. Il controllo è l’obiettivo, «è il vostro tempo, la vostra vita. Io costruisco perché voglio avere il controllo. Controllare quello che fate è fondamentale.»
  8. Trovare gli alleati. Gli alleati «ti permettono di fare quello che fai». Gli alleati permettono di mostrare e rendicontare le proprie attività: far percepire agli altri che ciò che viene fatto ha un valore
  9. Comunicare e connettere. Ascoltare le persone, creare connessioni e sinergie. Le connessioni sono fortissime perché «vanno a toccare la pancia delle persone»
  10. Diventare un moltiplicatore. Bisogna essere utile a più persone possibile e permettere a ognuna di esse di essere migliore e capaci di fare. «Not only a genius but a genius maker» recita una delle slide di Fattorini che prosegue citando Tom Peters: «Leaders don’t create followers they create more leaders».

Di  seguito trovate il link alla presentazione di Fattorini.

In sintesi, una community è utile perché:

  • Le persone aiutano a testare il codice
  • Se aiuti le persone, loro aiutano te
  • Il community leader è un connettore di persone, ascolta le storie e impara dalle storie delle persone. «Non parlate, prima parlate dopo. Ascoltate tutti, cercate di essere il catalizzatore di tutti. Ognuno ha la propria storia»
  • Il community leader connette persone
  • Comunicate per connettere, connettere le persone giuste è la community
  • La community non è «io parlo a parte e voi ascoltate». Nella community tutti possono parlare e portare dei cambiamenti
  • Il leader è quella persona che fa sentire intelligenti anche gli altri, per questo è un moltiplicatore
  • Il moltiplicatore tira fuori la parte migliore delle persone. Il leader non crea follower, crea altri leader: non crea persone che lo seguono, crea persone che vanno avanti.
  • Il mondo è diviso in: giver (colui che dà sempre ed è portato ad aiutare gli altri), matcher (colui che dà, se puoi prendere), taker (colui che prende sempre, senza dare). Un community leader è un giver.

Il community manager deve guidare: «le persone si svegliano la mattina per essere gestite, le persone si svegliano la mattina per essere guidate».

Quando finisce l’intervento di Fattorini siamo solo a metà giornata.

Alessio Fattorini durante il suo speech a CLSxItaly Rome

Alessio Fattorini durante il suo speech a CLSxItaly Rome.

CLSxItaly: unconference e tips per far crescere una community

A seguire, l’unconference: un momento – di due ore – di totale apertura, in cui tutti i partecipanti possono scambiarsi opinioni, raccontare la propria esperienza, condividere suggerimenti o chiedere il supporto di chi ha già vissuto situazioni lavorative analoghe alla propria per capire come gestire e affrontare difficoltà e successi.

A chiusura, prima dell’aperitivo di networking, un panel composto da Marco Cecconi, di Skeptics Stack Exchange, Roberto Polli di Latina LUGTommaso Politano per Digital Yuppies: ‘Come far nascere una community e farla crescere, esperienze dall’online e offline’. Politano sottolinea l’importanza di una community più piccola e settorializzata rispetto a una grande, allargata senza uno scopo ben preciso. Chi gestisce una community deve avere una conoscenza a 360 gradi degli argomenti trattati dalla community stessa.

Unconference CLSxItaly

Unconference. Votazione degli argomenti proposti dai partecipanti a CLSxItaly.

«Cosa facciamo nella nostra community?»

  • Creazione di rubriche: permettono di creare engagement con gli iscritti. Attraverso gli hashtag, vengono portati all’attenzione dei follower determinati argomenti di grande interesse
  • Ricerca di influencer
  • Nascita di relazioni con determinati membri del gruppo: «vuoi diventare la persona responsabile di un determinato argomento all’interno del gruppo? Vieni!»
  • «Appena una nuova persona si iscrive al gruppo, gli diamo sempre il benvenuto»: è un primo contatto molto importante perché quella persona si senta già inclusa nel gruppo, parte di qualcosa. Si crea una relazione.

Le community si trasformano in bancomat delle informazioni. Come si può far vivere una community e non ridurla a un contenitore di informazioni? Roberto Polli suggerisce di organizzare gli incontri in luoghi familiari, di rendere la comunità più familiare: «se una persona la incontri, la vedi in faccia, ti diventa sempre più difficile dirgli “no, non ti aiuto” perché magari quella persona ti ha fatto un corso, la conosci. È importante l’attività di mentoring, «ti faccio mentoring, ma non te lo faccio capire».

Polli conclude con un monito: «Non fate morire le community generaliste, sono quelle che portano acqua alla sotto community. Se muoiono le community generaliste, muoiono anche le altre community».

Un floppy disk, come badge. Anche questo è CLSxItaly.