Nata nel 2007, Spindox è oggi nella top 100 della ICT italiana. Eppure conserva lo spirito di una startup. E punta sempre più in alto.
Quella di Spindox è un’avventura appena cominciata. Certo, in dieci anni siamo diventati una realtà consolidata nel panorama della ICT a livello nazionale, con sedi in cinque città italiane, tre uffici all’estero e oltre 460 dipendenti. Ma lo spirito resta quello dei primi giorni. È lo spirito di una startup: un’azienda fondata sull’innovazione continua delle idee e del modo di lavorare, sulla trasparenza, la responsabilità individuale, l’apertura al mondo, il merito e l’attenzione alla società che ci circonda.
Per questo non ci dispiace essere chiamati avventurieri. Al contrario: ci sentiamo lusingati. Perché avventurieri significa audaci, pronti a rischiare, ma anche consapevoli dei nostri limiti e capaci di fare i conti con le dure repliche della realtà. I grandi avventurieri lo sanno: dai fallimenti c’è spesso da imparare.
È giusto dunque che, a dieci anni dalla nascita di Spindox, diamo voce ad alcuni di questi avventurieri, coloro che l’azienda l’hanno fondata o che ne hanno sposato il progetto fin dall’inizio: Fabrizio Bindi, Luca Foglino, Paolo Costa e Antonino Cilluffo, soci della prima ora. E poi Giulia Gestri, Mauro Marengo, Alan Sanna. Ma anche Massimo Pellei, Gabriele Canciani e Giovanni Diadema.
In un ristorante di Moncalieri
Il primo ricordo è quello di Fabrizio Bindi. «Tutto ebbe inizio in un giorno di primavera del 2006», spiega Fabrizio. «Come mi accadeva sempre più spesso, da un po’ di tempo in là, a un certo punto mi trovai a riflettere sulle cose fatte e su quelle fino ad allora solo sognate. Così presi il telefono e chiamai Luca Foglino, grande amico di allora e di sempre. Con Luca si era parlato molte volte, in precedenza, della possibilità di avviare un’attività insieme».
«Fu tutto molto spontaneo», ricorda ancora Bindi. «A Luca dissi più o meno: ‘senti, forse è venuto il momento di agire. Che ne dici?’ Nel giro di qualche settimana ci ritrovammo in un ristorante di Moncalieri, alle porte di Torino. Fra una chiacchiera e l’altra stilammo una prima traccia di piano industriale. Il tutto scritto su una tovaglia di carta del locale. Davamo così vita alla nostra nuova avventura, senza neppure sapere come l’avremmo chiamata. Semplicemente ci dicemmo: ‘si può fare!’»
Se la chiamassimo Spindox?
A Fabrizio e Luca si unisce fin da subito Paolo Costa, a propria volta in contatto con entrambi da diverso tempo. Ed è a Paolo che si deve il nome della società. Spiega Luca: «L’ultima cosa a cui pensammo, in quei giorni, fu come avremmo chiamato la nostra azienda. Volevamo un nome che non fosse collegato al mondo dell’information technology, ma che evocasse qualcosa di nuovo e originale. Un giorno Paolo arriva con la proposta: Spindox. La perplessità iniziale è stata grande: «ok, ma che cosa significa Spindox?» Per di più il nome era scritto con il delta greco al posto della lettera d. Solo in seguito abbiamo capito l’intuizione eccezionale di Paolo: era riuscito a trovare un nome facile da ricordare, con un bel suono e totalmente slegato dalla tradizione della IT.»
Quanto al significato di Spindox, chiediamo lumi direttamente a Costa. Sembra che la scelta sia stata frutto di un durissimo lavoro di ricerca. E qui non capiamo se Paolo parli seriamente o ci prenda in giro: «Spin e dox: due sillabe, due suoni che stanno bene insieme, facili da ricordare e da pronunciare.» Tutto qui? Quelle due sillabe vorranno pur dire qualcosa, se messe insieme! Spiega Costa: «Spin, semantema preso in prestito dalla fisica, evoca l’idea di movimento, di rotazione, di dinamismo. E dox potrebbe derivare dal greco doxa, ‘opinione’. Se vogliamo c’è un rimando al carattere relativistico della conoscenza. Ma a questa razionalizzazione del nome sono arrivato solo qualche tempo dopo averlo inventato.»
L’atto di nascita e il partner industriale
Tutti d’accordo, dunque. In fondo il messaggio sembra coerente con il posizionamento di un’azienda che si sarebbe dovuta occupare di cose che cambiano e si trasformano incessantemente.
Nei mesi successivi Bindi e Foglino contattano altri amici: «abbiamo trovato chi poteva finanziare l’operazione, che poi si è rivelata abbastanza grande», spiega Bindi. «Abbiamo affinato il piano industriale e l’abbiamo presentato a coloro che potevano essere interessati al progetto. E così siamo partiti, il primo agosto del 2007. La prima sede legale non è stata in un garage, come nella migliore tradizione della Silicon Valley, ma in una soffitta: la mansarda di casa mia. Poi man mano le cose sono cresciute, per cui abbiamo spostato la sede legale nel palazzo della holding che faceva da incubator di questa avventura a Sesto San Giovanni, nell’hinterland milanese.»
Management buyout
Alla fine del 2010, dopo circa tre anni e mezzo dalla sua nascita, Spindox si trova improvvisamente ad affrontare una nuova sfida. La ricostruisce Giulia Gestri: «Una delle tappe fondamentali di Spindox è consistita nella separazione dal partner industriale che, nella prima fase, aveva contribuito a finanziare la nostra crescita. Con rapidità e determinazione, abbiamo deciso di provare ad acquistare il 56% di Spindox detenuto dalla holding e di prendere il controllo totale della società.»
L’idea, insomma, è quella di compiere un’operazione di management buyout. L’iniziativa coinvolge i soci fondatori e i principali manager dell’azienda. Si tratta di un’operazione complessa, perché non si vuole finire sotto il controllo di un nuovo sponsor finanziario. «Eravamo solo un pugno di soci e manager, privi di mezzi finanziari consistenti», ricorda ancora Gestri. «Certo, avremmo potuto farci aiutare da un fondo di private equity. Ma era chiaro che il fondo avrebbe perseguito un interesse diverso dal nostro: acquistare, per poi rivendere Spindox. Noi invece avevamo un progetto a lungo termine: far crescere la nostra azienda.»
La differenza la fa la convinzione di potercela fare. « Così – conclude Gestri – abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo e ci siamo lanciati in questa avventura, indebitandoci personalmente. Abbiamo firmato un pacco di cambiali e in tempi molto rapidi ci siamo trovati a detenere il 100% della società.» È il 24 novembre 2011.
Nuovi compagni di strada
Il management buyout porta in dote due nuovi soci: Alan Sanna e Mauro Marengo. Quest’ultimo racconta in che modo è avvenuto il suo ingresso in azienda: «ho capito subito quale fosse lo spirito di Spindox. Ero reduce dalla mia lunga esperienza di lavoro in Germania. Ricevetti una chiamata di Luca che mi diceva: ‘qui c’è da fare un’operazione di management buyout. Serve il tuo contributo. Dobbiamo innovare, sviluppare business. Vediamoci!’ Dovevo fidarmi? Luca Foglino e Paolo Costa erano stati miei colleghi fra il 2000 e il 2005. Nel giro di poche settimane mi trovai nell’ufficio di Luca, convinto di dover discutere con lui di economics. Sennonché, sul tavolo in cui molto seriamente avremmo dovuto capire quanti soldi servivano per fare l’operazione e quale sarebbe stato il mio inquadramento in azienda, c’era un piccolo calcio balilla. Luca e io ci impegnammo a fondo nel tentativo di riparare l’omino sulla terza fila, che era girava a vuoto. A quel punto l’accordo era fatto. Una stretta di mano e ho iniziato in Spindox.»
Da Tunisi a Trento, questo è lo spin!
Nel 2013 Spindox si pone un ulteriore obiettivo: estendere l’ambito della propria offerta al mondo delle operations. Ne parla Francesca Scapin: «in poche settimane abbiamo acquisito un team di venti persone, tutte specialiste nel settore. Grazie a loro, siamo riusciti a offrire ai nostri clienti servizi di help desk, gestione applicativa e infrastrutturale, oltre a mettere in piedi una testing factory. Oggi siamo più di 100 specialisti, distribuiti in tutte le sedi italiane. Abbiamo inoltre un team di trenta persone nella nostra sede di Tunisi.»
Tre anni più tardi è la volta di Spindox Labs, azienda controllata al 100% da Spindox e basata a Trento. Cristiano Carlevaro racconta com’è nata: «l’idea di Spindox Labs nasce da un concorso di open innovation indetto da Spindox all’interno della propria organizzazione. Trento perché vi sono università, centri di ricerca e un grande numero di aziende che si occupano di innovazione digitale. Trento anche per la facilità di accesso a finanziamenti pubblici e privati. Dopo una fase di perfezionamento del progetto, abbiamo iniziato a collaborare con FBK, Fondazione Bruno Kessler. In questo momento stiamo lavorando in diversi ambiti di ricerca e sviluppo. Parliamo di intelligenza artificiale, deep learning, big data, cloud computing, predictive maintenance, IoT, riconoscimento di immagini.»
Successi e soddisfazioni
Nel giorno del decimo compleanno di Spindox, Bindi non nasconde la propria soddisfazione: «dieci anni fa siamo partiti che eravamo veramente quattro gatti. Oggi siamo poco meno di 500! Oltre a divertirci abbiamo anche lavorato, mantenendo intatto lo spirito di squadra dell’azienda per ben dieci anni.» Non meno orgogliosa è Gestri: «siamo riusciti ad appianare il debito, abbiamo festeggiato con il rogo delle cambiali e ora la nostra azienda va avanti per le sue gambe. Abbiamo proseguito la nostra storia, che ancora oggi siamo qui a raccontare.» E Foglino? «Dieci anni, dopo posso dire che Spindox è più in movimento di quanto Paolo immaginasse il giorno in cui ne concepiva il nome. La scelta è stata sicuramente appropriata. Poi ormai la delta di Spindox sul mercato della Information Technology è riconosciuta, è diventata un nome importante.»
Spindox oggi è posizionata tra le prime sessanta aziende dell’Information Technology italiana. La maggior parte delle aziende che in questa classifica ci precedono sono multinazionali enormi dal punto di vista del fatturato, delle potenzialità economiche, della distribuzione a livello mondo, delle opportunità di business che hanno. Spindox ha dunque una missione: crescere ancora, e farlo rapidamente.
Innovazione, ricerca, persone
Ma per crescere occorre continuare a puntare sull’innovazione tecnologica e sulle persone. «Investiamo molto nel rapporto con le università, i centri di ricerca e gli incubatori», spiega Foglino. «Per noi l’innovazione è aperta, o non è. Per questo partecipiamo a una grande quantità di meetup e laboratori, sosteniamo l’ecosistema delle startup e organizziamo numerosi hackathon. Portiamo in azienda il fermento tecnologico e creativo che c’è sul mercato. Spesso gli stimoli arrivano dalle persone che incontriamo lungo il nostro percorso.»
E poi ci sono le persone, il valore vero di Spindox. «Perché non vendiamo beni tangibili né prodotti software», ricorda Foglino. «Vendiamo le competenze e la credibilità delle nostre persone. Per questo le persone che lavorano con noi sono al centro del nostro progetto. È qualcosa a cui tengo in modo particolare.»
Come si traduce, tutto questo, in atti concreti? È ancora Foglino a spiegarlo: «il fatto più significativo è l’investimento continuo nella formazione delle persone. Inoltre abbiamo piani di crescita professionale definiti e percorsi di carriera chiari, in modo che ognuno possa identificarsi nelle opportunità che ci sono in azienda. Una delle sfide più grandi che Spindox ha vinto è di essere riuscita a mantenere lo spirito della startup, pur essendo cresciuta molto in questi anni. Più di una volta mi è stato detto: ‘vedrai che, quando Spindox supererà i 200-300 dipendenti, questo vostro modo di lavorare molto dinamico e fluido non reggerà. E poi dovrete fare i conti con le invidie interne e con le altre dinamiche tipiche delle grandi organizzazioni’. Beh, non è successo. E per noi questo è un grande successo. Dobbiamo esserne tutti fieri, soprattutto le persone che lavorano in Spindox. Sono loro che contribuiscono ogni giorno a rendere questo modello vincente. Non dobbiamo dimenticarlo mai.»
2027: il futuro di Spindox
I dieci anni passati hanno insegnato a Spindox che tutto cambia a una velocità incredibile. Soprattutto nel nostro settore, dove l’innovazione è quasi sempre di tipo ‘distruttivo’. Per questo è difficile prevedere che cosa accadrà in futuro. Tuttavia la domanda è inevitabile: come immagina Foglino i prossimi dieci anni di Spindox? «Dobbiamo porci mete ambiziose. La prima è raggiungere velocemente 50 milioni di euro di fatturato, una soglia fondamentale che ci permetterà di avere le risorse finanziare necessarie per fare ulteriori investimenti, soprattutto nella prospettiva di un’espansione all’estero. Oggi Spindox ha tre società fuori dall’Italia, ma vogliamo aprirne altre. Dobbiamo acquisire clienti all’estero ed espanderci in aree dove ora non stiamo lavorando. Penso al Nord Europa, al Sud America, all’Estremo Oriente e al Pacifico. Lo ripeto: sono obiettivi ambiziosi. Ma forse il più ambizioso di tutti è raggiungerli senza perdere i tratti distintivi che hanno caratterizzato i nostri primi dieci anni».