La Cina ha una storia millenaria, tra isolazionismo, rivoluzioni e un boom economico senza eguali. Oggi il Paese gioca la carta dell’innovazione tecnologica. Una strada che minaccia di sfuggire di mano?

Cina: una nazione enorme, con quasi un miliardo e mezzo di abitanti, per millenni isolata dietro la Grande Muraglia. Un paese la cui ascesa vertiginosa negli ultimi 20 anni ha portato molti a pensare che potrebbe diventare presto la più grande potenza economica mondiale. Tra spinte hi-tech straordinarie e un rigido conservatorismo politico la Cina ha trovato modo di rinnovare il proprio isolazionismo dietro il Grande Firewall.

Non è sempre stato così però, se consideriamo che la Cina è stata raramente quella che noi oggi potremmo considerare una nazione unita. E soprattutto se consideriamo che dalla fine del XIX secolo fino agli anni ’90 lo sviluppo economico era stato da terzo mondo. Uno sviluppo economico che, nell’ambito di un fenomeno conosciuto comeLa Grande Divergenza[1] , vide l’esplosione esponenziale dei paesi occidentali, lasciando al palo quelli asiatici, con la sola flebile eccezione del Giappone.

crescita del PIL per paese dal '500
La Grande Divergenza: crescita del PIL per paese dal ‘500

Quella della Cina è la storia di un paese complesso, abituato a essere leader mondiale in campo scientifico e nell’innovazione in generale fino al XVII secolo. Innovazioni come le quattro grandi invenzioni (bussola, stampa a caratteri mobili, carta, polvere da sparo), cruciali nello sviluppo successivo di Asia ed Europa sono per l’appunto cinesi.

In ogni caso, per capire almeno in parte la Cina odierna, è necessaria una breve ricapitolazione della storia recente. Nel periodo tra il 1912 e il 1950 la Cina rimase impantanata in una lunga guerra civile, tra il partito nazionalista Kuomintang e il partito Comunista. Prima di questa guerra civile la Cina era stata governata per millenni dalle dinastie, la cui dottrina politica e religiosa bastava a giustificare la loro esistenza. Tuttavia fu sufficiente mezzo secolo per cambiare per sempre la struttura politica e culturale cinese, arrivando da un’economia da terzo mondo ad una potenza industriale centralizzata.

Dalla caduta dell’Impero dei Qing al Socialismo di Mao

Nel XIX secolo, sotto la dinastia Qing, gli inglesi “aprirono” (eufemismo) le porte dell’oriente con le due Guerre dell’oppio, che di fatto aprirono con la forza le vie del commercio cinese[2] alle potenze straniere, compresi Stati Uniti e Giappone.

Vista l’inadeguatezza dei Qing a fronteggiare la situazione, alcune regioni si trasformarono in entità autosufficienti a controllo locale, di fatto indebolendo ulteriormente la dinastia. Altri reclamarono un rafforzamento e una modernizzazione, che i Qing non erano comunque in grado di attuare.

La caduta dei Qing

Dopo la prima Guerra sino-giapponese nel 1894 iniziò il degrado definitivo della dinastia Qing. Le occupazioni e i saccheggi da parte delle potenze straniere, cui partecipò anche l’Italia, suscitarono un fortissimo sentimento contro qualsiasi cosa suonasse occidentale, portando alla ribellione dei Boxer. Le conseguenze di questa ribellione furono drammatiche, portando di fatto all’occupazione e alla spartizione della Cina.

Trattato di pace
Protocollo dei Boxer, che sancì la spartizione della Cina e l’ennesima umiliazione dell’Impero

Col sorgere del XX secolo, Sun Yat-Sen cercò di sfruttare la debolezza di una dinastia guidata da un neonato[3], per rovesciare i Qing con una rivoluzione basata sui principi di nazionalismo, democrazia e benessere sociale. Sotto questa bandiera scoppiò una serie di rivolte in tutta la Cina, cui si unì anche l’esercito. I Qing furono rovesciati, il generale Yuan Shikai diventò il presidente della nuova Repubblica Popolare Cinese. Ma Yuan Shikai era un militare, e purtroppo non riuscì ad avere impatti sostanziali nell’unità del paese. Alla sua morte il regionalismo si impose al punto tale da dare origine all’era dei Signori della Guerra, che immobilizzò la cina per due decadi.

mappa della Cina nel 1925I fronti uniti e la guerra civile

Il trattato di Versailles al termine della prima guerra mondiale non si limitò a piantare i semi del nazismo in Europa. Al contrario, assegnando al Giappone gli ex-territori della Germania sconfitta, scatenò una serie di rivolte della popolazione che chiedeva l’abolizione delle vecchie tradizioni, la sconfitta dell’imperialismo giapponese e la creazione di una nuova Cina unita. Questo portò il partito nazionalista di Sun Yat-Sen, conosciuto come Kuomindong, e il PCC[4] a formare il Primo Fronte Unito per sconfiggere i Signori della Guerra. La morte di Sun però non aiutò il processo di unificazione: il fronte unito riuscì a liberarsi dei Signori della Guerra, ma le tensioni di due filosofie opposte non tardò ad emergere.

I nazionalisti diedero inizio al “terrore bianco”, con diverse campagne di massacri mirate all’annientamento dei comunisti. Questo di fatto diede origine a una guerra civile che durò più di dieci anni, costringendo i comunisti a una lunghissima fuga di quasi 9000 km, famosa col nome di Lunga Marcia, guidata da Mao Zedong. Seppure con gravissime perdite, la tattica di guerriglia portata avanti da Mao riuscì a logorare i nazionalisti, e con la seconda guerra sino-giapponese nel 1937, questi accettarono la costituzione di un secondo fronte unito.

La fine della guerra civile e il “Grande Balzo in Avanti”

Avendo il controllo della maggior parte delle città, i nazionalisti subirono la maggior parte delle offensive giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. Mao ne approfittò per consolidare la propria popolarità. Il Kuomintang cacciò i sovietici dalla Manciuria, ma fu in seguito costretto a cedere all’estenuante guerriglia di Mao. Presa la Manciuria l’equilibrio era oramai spostato in favore del PCC, e il 1° ottobre del 1949 Mao proclamava la nascita della Repubblica Popolare Cinese a Pechino.

Tuttavia, il discorso di Kruschev del 1956 sul culto della personalità e la successiva de-stalinizzazione dell’Unione Sovietica, portò Mao ad avviare il “Grande balzo in avanti“, con lo scopo di accelerare il progresso tecnologico, sostanzialmente a spese dell’agricoltura. Purtroppo gli esiti di una politica a dir poco mal concepita[5] furono catastrofici, portando a una carestia senza precedenti[6], e a un ridimensionamento di Mao nel partito. Per riguadagnare controllo, Mao ldecise di “purificare” il paese e il partito dai controrivoluzionari, accusati di seguire il capitalismo, e anciò la Grande Rivoluzione Culturale. Quello che seguì fu un periodo di purghe e violenze, probabilmente uno dei più sanguinosi di tutta la storia cinese.

La rivoluzione culturale terminò nel 1976 con la morte di Mao, ma le conseguenze di uno sviluppo economico disastroso rimasero, generando attriti sociali che sfociarono nell’incidente del 4 giugno in Piazza Tienanmen, dove migliaia di studenti in protesta furono massacrati dall’esercito. Le limitazioni alla libertà di espressione che seguirono sono alla base delle restrizioni che durano a tutt’oggi.

L’isolazionismo ai giorni nostri: il Grande Firewall

La Cina ha una lunga storia di isolazionismo dalla costruzione della Grande Muraglia. Oggi, nell’era di Internet, le cose non potevano essere differenti, specialmente sotto un regime socialista. Al contrario della situazione in Corea del Nord, dove la rete interna è completamente scollegata dal resto di Internet, in Cina è stato implementato quello che è conosciuto come il Grande Firewall Cinese, entrato definitivamente in funzione nel 2006 (discussione approfondita nel video sotto).

Di fatto, tutti i servizi Internet “esterni”, come ad esempio Facebook o YouTube, sono bloccati in Cina. Non solo, dopo un lungo periodo di inseguimenti stile “colpisci la talpa”, il governo ha adottato un approccio più radicale chiedendo a tutti i provider VPN di aprire i propri servizi solo alla rete interna, a partire dal prossimo febbraio.

Questa censura, se da una parte è diventata sempre più efficate nell’isolare i contenuti interni dalla rete globale, ha avuto anche l’effetto collaterale di far fiorire una serie di tecnologie e piattaforme per molti versi uniche al mondo.

Infatti praticamente tutti questi servizi sono stati in qualche modo replicati in Cina, prendendo poi una strada evolutiva differente. Per esempio, al posto di Google come motore di ricerca c’è Baidu, al posto di Google Maps c’è Baidu Map, il posto di Ebay è stato preso da Alibaba, mentre Xiaomi sarebbe la versione cinese di Apple (la lista prosegue).

Non solo, ma strumenti come Weibo, con i suoi oltre 300 milioni di microblogger è divenuto un potente strumento politico, e di fatto è divenuto la piattaforma di social media di riferimento. Tanto che se qualcosa non è citato su Weibo, di fatto è come se non esistesse.

Repliche cinesi dei più popolari servizi Internet
Repliche cinesi dei più popolari servizi Internet

Il nodo fondamentale della censura digitale cinese non è tanto l’esclusione delle tecnologie straniere, quanto l’esigenza del governo di mantenere la centralizzazione dei dati. Per questo la localizzazione oltrefrontiera dei server era ritenuta inaccettabile.

L’aspetto interessante è che questa situazione ha stimolato fortemente il mercato interno a produrre piattaforme che, seppur nello spirito copiate da aziende americane, sono comunque sviluppate e mantenute in Cina. Queste aziende “copiate” hanno generato prodotti fortemente innovativi e stanno diventando di fatto punti di riferimento. Questo fenomeno si sta diffondendo a tal punto tanto che ad esempio Tokopedia, la piattaforma e-commerce n° 1 in Indonesia, si autodefinisce “la Taobao indonesiana”, e l’indiana Snapdeal viene soprannominata “la Alibaba dell’India”.

Un altro effetto collaterale è che, essendo tutti i dati centralizzati a Pechino e accessibili solamente al governo centrale, i governi locali non possono accedervi. La conseguenza è che in caso di proteste per malagestione, i governatori locali non possono fare altro che piegarsi e correggere il tiro.

Dal manufatturiero all’alta tecnologia: i rischi di un nuovo “Balzo in avanti”

Come abbiamo visto, gli effetti del Grande Balzo in Avanti di Mao furono un’enfasi fortissima nello sviluppo del manifatturiero e dell’industria pesante, che hanno portato nel corso del tempo a danni ambientali anche clamorosi. Negli ultimi 30 anni comunque lo sviluppo del manifatturiero, assieme a un costo del lavoro bassissimo ha contribuito all’ascesa esplosiva dell’economia cinese, generando un esodo dalle campagne di quasi 200 milioni di contadini col miraggio di una vita più agevole.

Ma il manufatturiero e l’industria pesante hanno oramai esaurito la spinta e l’economia cinese ha iniziato a rallentare, evidenziando gli effetti di decadi di sperperi. La bolla edilizia è andata crescendo esponenzialmente, insieme al debito nazionale, con letteralmente decine di immense città fantasma costruite e abbandonate.

Una riforma per l’alta tecnologia

Il governo di Xi Jinping ha infine riconosciuto il problema e ha inaugurato un nuovo piano di sviluppo, abbandonando il manufatturiero e concentrandosi sull’alta tecnologia. Il programma prevede investimenti e sviluppo in aree come agricoltura di precisione, ferrovie e navi ad alta tecnologia, biofarmacologia, tecnologie verdi, industria aerospaziale. Tutto questo anche nel contesto delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale.

Un “salto in avanti” verso l’alta tecnologia dunque, ridimensionando drasticamente il ruolo del manifatturiero e dell’industria pesante, mentre gli operai che lavoravano in quelle industrie si sono ritrovati senza lavoro e letteralmente “dimenticati” ai margini.

Suona familiare? Forse.

Shadow Banking: la difficoltà delle banche istituzionali e l’esplosione dei finanziatori privati

Oggi in Cina più di 12mila start-up vengono fondate ogni giorno: uno sviluppo tecnologico dal ritmo vorticoso, che non poteva prescindere dai finanziamenti ai privati. Il modello delle banche statali, però, disegnato per supportare poche industrie statali e joint-venture di grandi dimensioni, era troppo ingessato per reggere il passo.

La soluzione è stata quella di incanalare fondi provenienti da investitori privati attraverso compagnie di investimento private, creando un’industria di Shadow Banking da 70mila miliardi di dollari.

Non solo isolazionismo: la “corsa all’oro” in Africa

La storia recente della Cina non parla solo di isolamento e cementificazione, ma anche di investimenti ciclopici in Africa, dove la Cina  sta iniettando miliardi nel nome di una “prosperità reciproca”. Possiamo dire che la Cina (anche l’India si sta lanciando nel business) sta lentamente costruendo l’Africa del futuro, e quel che ha fatto la differenza rispetto a 500 anni di presenza occidentale, specialmente agli occhi degli africani, è stato l’approccio da partner piuttosto che da colonizzatore.

Laddove l’occidente si è sempre limitato a inviare surplus di beni di prima necessità, la Cina ha investito in infrastrutture per aiutare nello sviluppo del continente.  La percezione dei cinesi da parte degli africani è evidente guardando alle statistiche di AfroBarometer.

Percezione della Cina in Africa

Leadership tecnologica: non solo Baidu e Alibaba

Mentre Baidu e Alibaba sono tra i nomi di maggior successo dell’industria tecnologica cinese, c’è molto di più. Qui di seguito alcuni esempi di spicco.

Wechat e il pagamento via mobile

Wechat è il simbolo dello sviluppo “causato” dal grande firewall di cui abbiamo parlato prima. Nata un po’ come l’alternativa ad applicazioni come Skype e WhatsApp, è divenuta un contenitore capace di gestire tutto: dalle chat ai pagamenti, dalla chiamata del taxi alla prenotazione del treno. Per i pagamenti è divenuta rapidamente la piattaforma di riferimento in Cina, dove i contanti stanno sparendo e le carte di credito non hanno mai attecchito, al punto da vedere addirittura i mendicanti esibire il QR code sul barattolo delle elemosina.

Se da un lato avere tutto a portata di mano nella stessa app è indubbiamente una comodità attraente, dall’altro si viene a creare una concentrazione incredibile di dati personali sui cittadini, da cosa comprano, cosa leggono, che posti frequentano, dove vivono…

Non è difficile immaginare che questo modello potrebbe far gola ai social media “di casa nostra”, come Facebook o Google. Anche questo potrebbe diventare parte del fenomeno del “reverse shanzhai“, ovvero la controcultura per cui gradualmente le piattaforme nate come clone in Cina diventano gradualmente punti di riferimento a loro volta copiati all’estero.

Agricoltura: rinverdire i deserti

Israele non è l’unico paese a investire in tecnologie per lavorare i terreni desertificati. La Cina è stato il primo paese ad approvare, nel 2002, una legge specifica per combattere la desertificazione, riuscendo a trasformare più di 200 ettari di dune in terreno fertile.

Satelliti quantistici

Il primo satellite quantistico, lanciato dalla University of Science and Technology of China nel 2016, è riuscito a completare la prima trasmissione quantica. Questo potrebbe dare origine finalmente alle tanto teorizzate reti quantistiche, a prova di hack.

Dalle copie “Made in China” al commitment per l’innovazione

Negli ultimi 30 anni il “Made in China” è sempre stato sinonimo di copie economiche di bassa qualità. La mancanza di innovazione è solo in parte relata alla scarsa propensione al rischio della classe media. Un’inchiesta della BBC dimostra che i cinesi sanno essere pensare fuori dagli schemi quanto chiunque altro, anche se fino a ieri la struttura educativa e le politiche di governo non avevano incentivato l’innovazione.

Ma le cose stanno cambiando rapidamente…

Note

[1] K. Pomeranz: La grande divergenza. La Cina, l’Europa e la nascita dell’economia mondiale moderna. [Il Mulino, 2012]

[2] In realtà più che di commercio possiamo parlare di vero e proprio sfruttamento.

[3] Pu-Yi aveva solo due anni quando fu incoronato imperatore nel 1908.

[4] Rispettivamente il Partito Nazionalista Cinese (KMT), e il Partito Comunista Cinese.

[5] Infatti molti contadini furono “riconvertiti” alla produzione industriale per aumentare la produzione, mentre gli intelllettuali venivano obbligati a lavorare nei campi per “assaggiare la vera realtà della Cina”. Il risultato fu di macchine industriali manovrate da contadini inesperti, e di campi lavorati da intellettuali.

[6] Si stima che la carestia dovuta al grande balzo in avanti causò la morte di più di 30 milioni di cinesi.

LINKS

Demystifying the Chinese Economy – Cambridge University Press

This ’60 Minutes’ Video Of China’s Ghost Cities Is More Surreal Than Anything We’ve Ever Seen

Behold China’s Answer To Amazon Echo: The Linglong Dingdong

Why China Is Emerging as a Tech Superpower to Rival the U.S. – Fortune

Science and technology in China – Wikipedia

5 reasons why China will rule tech, 2017 edition – Computerworld

How China plans to beat the U.S. at technology – CNN Tech

China is the world’s new science and technology powerhouse – Bruegel

Be afraid: China is on the path to global technology dominance – South China Morning Post

Is Google Maps coming back to China? – Technode

China’s Baidu Plans to Place a Driverless Bus on the Road by 2018

What is China doing in Africa? – Geopolitically Scorrect

China opens new chapter in Africa relations – Global Times

China in Africa: The Real Story – The China*Africa Research Initiative Blog