Collaborazione e dialogo sono indispensabili per il lavoro in team, specie nei contesti internazionali. Lo sanno bene i nostri ragazzi di Spindox North Africa.

In Digital Jobs: Spindox North Africa abbiamo parlato della nostra sede di Tunisi e di Simone, il suo office manager. In questo e nel prossimo articolo presentiamo altri cinque colleghi. L’occasione per incontrarsi si è presentata quando Nidhal, Anis, Chekib, Saifeddine e Amine sono venuti a Milano per un periodo di training on the job. È allora che abbiamo chiacchierato del loro lavoro, delle loro passioni e della loro visita in Italia.

Ecco cosa è venuto fuori dalle nostre conversazioni – svolte in un improbabile mix di inglese, francese e italiano.

Spindox Tunisi

La distanza non è un ostacolo

«Quando sono entrato in Spindox mi sono sentito ben accolto: è il lavoro dei miei sogni, ho pensato!». Parla Nidhal, ingegnere informatico specializzato in gestione dei database e business intelligence. Porta gli occhiali, ha lo sguardo calmo, sa il fatto suo. Non si direbbe, ma quella in Spindox è la sua prima esperienza lavorativa, e anche la sua prima volta in Italia.

«In questi giorni appena finisco di lavorare passeggio per Milano per vedere più cose che posso: il Duomo, San Siro… Mi piacerebbe anche andare a Como, ho fatto delle ricerche su internet e sembra bellissima».

Gli chiedo com’è stato ambientarsi nel nostro ufficio. «Facilissimo, quando sono entrato nella vostra sede ho visto che avete persino i nostri stessi mobili!». Ridiamo. E l’atmosfera? «Le persone sono gentili e molto curiose, mi chiedono com’è la Tunisia. Io già so che quando tornerò giù tutti mi chiederanno com’è l’Italia».

Finiamo a parlare del valore della collaborazione. «Collaborare è quando almeno due parti diverse lavorano insieme, quando due o più idee vengono scambiate. È il gioco di squadra portato ad un livello superiore».

Sembra che abbia a cuore il lavoro in team, lo paragona all’essere parte di una band. «Io suono la chitarra da quando ho dodici anni, mi rilassa e mi aiuta a concentrarmi. È simile a programmare. Per me sono due attività che richiedono lo stesso mindset, si sostengono a vicenda». È anche un grande stimolo alla creatività, aggiunge.

Ma quando il gruppo deve suonare le proprie tastiere a distanza, separato dal mare e da due culture diverse, la collaborazione si complica. Allora come si fa ad accordarsi?

«Non dobbiamo mai smettere di conoscerci, è l’unico modo per lavorare bene insieme. Anche fra di noi intendo, visto che ognuno ha una personalità e un carattere unici».

Detto questo, non posso evitare di fare a Nidhal la domanda di chiusura delle nostre interviste: cosa è l’innovazione?

«Parlo dal punto di vista di un ingegnere informatico: per noi innovare è migliorare, semplificare oppure creare programmi che aiutino le persone a superare i propri limiti. Cose di questo tipo. Innovare è creare qualcosa a cui nessuno ha mai pensato prima».

La parola d’ordine è versatilità

Frequentando l’università tante persone si conoscono solo di vista. Amici di amici di amici di cui ci si ricorda a malapena il nome, dopo una rapida presentazione.

Col passare dei mesi e degli esami poi si va avanti salutandosi appena – forse svogliatamente – finché la laurea non ci costringe a dire addio alle aule, i cortili e quelle facce che ne componevano lo sfondo.

Poi, il primo giorno di lavoro, alcune di quelle facce te le ritrovi dietro le scrivanie del tuo stesso open space.

«È stata una bella sensazione entrare e conoscere già gli altri, ha facilitato molto l’integrazione!», racconta Chekib. «Io e lui non eravamo amici all’epoca», aggiunge Anis «io non gli piacevo». «No, non è vero. Adesso mi stai simpatico!».

Dopo due anni di lavoro insieme in Spindox sembra che abbiano trovato il giusto equilibrio, anche quando discutono.

«Credo che ci si debba concentrare su una tecnologia alla volta per fare carriera, solo così puoi dire di essere specializzato», fa Chekib. «Poi, quando ti senti sicuro passi alla tecnologia successiva».

«Ma il nostro ambiente cambia così velocemente che devi saper fare cose diverse», risponde Anis a tono. È arrivato in Spindox lasciando un altro lavoro di sviluppatore, con l’intenzione di mettere ordine nelle sue competenze e specializzarsi in un’unica tecnologia. «Pensavo che concentrandomi di più sarei stato più efficace, ma in Spindox ho rivalutato la versatilità. Alcuni dicono che fare tante cose sia un bene, altri che sia un male. Credo che dipenda dalla voglia di imparare: più sei veloce, meglio è!».

Parlando Anis è passato dall’inglese al francese, disorientandomi per un momento. Se ne accorge, sorride e mi spiega che loro di solito in ufficio parlano arabo. «Ci mischiamo molte parole francesi o italiane. Un egiziano per esempio farebbe un po’ fatica a capirci».

Prima di salutarmi con un ciao – dice che si usa anche lì – chiedo anche a loro una definizione di innovazione.

Per Anis: «Innovazione? Essere creativi. Cercare di rompere le abitudini e cercare di pensare alle cose e farle in modo diverso, cercando di portare le tecnologie nella vita quotidiana».

Per Chekib: «Per me l’innovazione è portare nuove idee: che siano buone o cattive, l’importante è che siano nuove e che cerchino di migliorare la vita poco alla volta. L’innovazione ha a che fare col pensare nuovi concetti, nuove idee».