Amine è business intelligence developer, Saif è sviluppatore, entrambi sono dei chiacchieroni. Ci raccontano di Spindox North Africa e delle loro avventure in Italia.

Amine è un esperto di business intelligence, ma potrebbe lavorare per l’intelligence, senza business. Sembra il tipo di persona che, qualunque cosa succeda, resta calmo perché ha sempre un piano.

«Ho studiato e perfezionato il mio inglese. Questo mi ha permesso di essere assunto in una multinazionale americana, per la quale ho lavorato da remoto per tre anni, poi sono passato in Spindox». Sta imparando il tedesco al Goethe Institut di Tunisi ed è un appassionato di storia.

Saif invece è nato col sorriso, per contagiare chi gli sta attorno. «Per dirvi della mia esperienza preferirei parlare in italiano» sono le sue prime parole. Ed è un italiano sorprendentemente buono.

È stato amministratore di rete per un hotel a cinque stelle e, quando questo ha chiuso, è passato a lavorare in un call center, dove è rimasto sei mesi. «Ho lasciato per lavorare in in radio. Mi hanno preso come sistemista, ma per un po’ ho anche curato le news e fatto interviste. È stato veramente bello». Poi, dopo tre anni in un’azienda inglese di informatica, è approdato in Spindox.

Per curiosità chiedo come si sono trovati in Italia. Hanno visitato insieme Milano e Venezia. Amine è stato anche a Lecco e Saif a Bologna, dove ha fatto visita a suo cugino.

«Il mio hobby è la storia», premette Amine. «A Lecco ho saputo che il Ponte Vecchio è stato costruito dalla stessa famiglia che ha costruito il Duomo a Milano, i Visconti, e che è stato usato dagli austriaci e dai russi per invadere l’Italia». Parla mostrandomi le foto sullo smartphone. Sono tante, sembrano davvero foto delle vacanze.

Parlando di Venezia, invece, gli occhi di Saif brillavano: «La metro lì non è una metro: è una barca!». Testuali parole.

«Quando siamo arrivati alla fermata ci hanno detto che potevamo comprare i biglietti a bordo, ma una volta saliti non c’erano distributori dove acquistarli. Quando abbiamo chiesto come fare il biglietto al marinaio, lui ha alzato le spalle e ci ha detto che non faceva niente, che andava bene così. È stato molto divertente!». Sorrido incredulo alla loro fortuna. Mai vista tanta clemenza su un vaporetto.

Amine viene chiamato urgentemente per lavorare ad un imprevisto e lascia Saif a parlare delle loro avventure in Italia, ormai senza freni.

«Bologna mi ha fatto una bella impressione, le persone lì sono simpatiche. Ho anche trovato una festa di zombie nella piazza centrale». Prego? «Sì, erano tutti zombie, ho fatto anche qualche foto con loro».

Zombie Bologna Tunisini

Prosegue raccontandomi un evento a base di – cito – “sigarette un po’ speciali” di cui è stato testimone. Meglio sorvolare.

Cambio argomento quando torna Amine, a cui chiedo che impressione ha avuto di Spindox.

«Sia nella sede di Tunisi che in questa di Milano ho incontrato persone con competenze molto diverse: chi ha studiato telecomunicazioni, chi commercio, chi software IT. Si capisce che l’azienda vuole valorizzare la comunicazione interdisciplinare e la condivisione di competenze».

«Sì, in tutte le sedi Spindox c’è una sensazione di fraternità» aggiunge Saif. «Tutti possono fare domande a tutti, non ci sono filtri nella comunicazione tra responsabili e impiegati, tra designer e sviluppatori. C’è spazio per tutti, non ci sono neanche postazioni di lavoro chiuse».

E poi si torna a parlare dei loro viaggi.

Mi dicono che aspettando una coincidenza a Verona alle sei del mattino, hanno incontrato un americano. «Ci ha detto che era in Italia per visitare Roma. Gli abbiamo chiesto se fosse già stato a Venezia. Lui ha fatto: ah già, Venezia! E ha comprato seduta stante un biglietto per il primo treno diretto lì. Poi ci ha porso il biglietto che aveva già e ha chiesto: volete andare a Roma? Noi: no, grazie! E se n’è andato».

Ultimo sforzo: chiedo cosa è per loro l’innovazione.

«In generale per me lavorare su progetti internazionali sperimentando con le tecnologie più avanzate è stata un’esperienza nuova». Inizia Amine.

«L’innovazione in sé invece l’ho trovata soprattutto nel modo di porsi delle persone. Qui in Spindox se vuoi proporre un’idea o una soluzione puoi farlo, ti viene data fiducia. Un giorno è stato il mio responsabile in persona a dirmi che se avevo qualcosa da proporre non dovevo farmi problemi e parlarne al team, senza timore».

E Saif: «Per l’ultima domanda rispondo in francese». Sorride, e cambia lingua per la seconda volta.

«Per parlare di innovazione farò degli esempi di dove ho trovato innovazione in Spindox. Innanzitutto lo spazio di lavoro è aperto in modo che tutti possono comunicare, diversamente da tante altre società in cui succede spesso che manager e dipendenti siano divisi, con i primi in una posizione superiore. In questo modo in Spindox si crea senso di convivialità.

«La seconda novità che ho trovato è stata la capacità di gestire il lavoro dei team a distanza. Credevo sarebbe stato più difficile, invece non ho mai riscontrato alcun problema».

«La terza cosa è che io ho avuto due manager allo stesso tempo, uno in Tunisia e uno in Italia. Questa per me è un’innovazione, perché richiede due sincronizzazioni parallele, tra loro due e tra loro e le rispettive sedi».

È il momento di chiudere. Mentre ci salutiamo Amine si ferma qualche minuto a raccontare che a Zaghouan, a sud di Tunisi, si possono visitare rovine di epoca romana.

«Lì l’imperatore Adriano fece costruire il Tempio dell’Acqua, da cui partiva il lungo acquedotto di 130 chilometri che approvvigionava Cartagine. È dall’acqua che viene il nome della cittadina: all’epoca parlavano di Aqua, che si è trasformato in Zequa e, sotto il dominio arabo, Zaghouan».