«Scavare, scavare, scavare». Minatori delle Risorse Umane, sono «quelli che ti fanno il colloquio, ti ascoltano e ti fanno crescere in azienda».
Sapete quante persone, in un anno, fanno un colloquio di selezione in Spindox? Più di seicento. Il che significa che a monte c’è un lavoro di selezione fatto su almeno 2.500 curricula. E poi, una volta assunto, c’è il lavoro di crescita professionale, fatto attraverso l’assessment personale e la formazione. Lo scorso anno l’azienda ha erogato quasi seimila ore di formazione. Sono numeri che impressionano, ma che in realtà non dovrebbero stupire. In Spindox parliamo anche – anzi soprattutto – di persone. Davide Cavalli e Daniele Guiotto, rispettivamente Resource Planner e Learning & Development Specialist ci svelano i segreti di due mestieri che hanno sempre a che fare con le persone.
Davide e Daniele, quali sono le competenze richieste per essere un buon Resource Planner o un L&D Specialist?
Davide: «Sicuramente le due competenze principali sono la curiosità e la capacità di ascoltare. Quello che noi di Resource Planning facciamo sempre prima di un colloquio è interfacciarci con le delivery o con i mercati per capire quali siano le esigenze e i profili richiesti. Successivamente chiediamo di spiegarci meglio cosa dovrebbe fare la persona che stiamo cercando, quali sono le difficoltà che potrebbe incontrare, quali potrebbero essere le criticità del lavoro (tecniche e non), com’è il cliente per il quale lavorerà, se il contesto in cui andrà a operare è difficile o stressante. Poniamo una serie di domande che nascono dalla curiosità, che servono a dare un’idea molto precisa di quello che fa l’azienda. La capacità di ascoltare è fondamentale: durante il colloquio – la parte principale di un processo di selezione – bisogna essere in grado di estrapolare da quello che il candidato racconta quali siano le sue qualità, i suoi difetti, i suoi valori, le sue potenzialità. Tante volte le persone non dicono esattamente quello che pensano o la verità su quello che sono capaci di fare. Bisogna essere in grado di ascoltare e andare più nel profondo, cercare di capire la persona che si ha davanti.»
Daniele: «Per quanto riguarda le soft skill richieste bisogna sicuramente saper parlare con gli altri, saperli ascoltare prima di tutto, saper ascoltare le esigenze esplicite e implicite degli altri cogliendone i segnali: è difficile che una problematica esistente venga portata direttamente a conoscenza di HR finché non è eclatante, ma è molto importante saperla anticipare, per cui saper leggere quello che succede è forse la competenza maggiore. Sicuramente ci vuole “fame” e curiosità, voglia di continuare a studiare i trend. Il mondo HR è sempre in evoluzione. Non è assolutamente scontato che la formazione universitaria sia sufficiente. Un neolaureato deve avere veramente la voglia e la curiosità di informarsi e vedere che cosa sta succedendo nel mondo. Scoprire chi sono le nuove generazioni o quali siano quelle venute prima di noi è estremamente utile quando si va a lavorare sui percorsi formativi per i nostri colleghi, come è utile per capire semplicemente le persone con cui ci interfacciamo ogni giorno.»
Abbiamo utilizzato più volte il termine “capire”. Ma durante il colloquio come si riesce a capire se la prima impressione è quella giusta o se si tratta solo di un abbaglio?
Davide: «Nel momento in cui avviamo un colloquio, il primo aspetto da considerare è come ci poniamo nei confronti del candidato. Non è detto che sia a suo agio, anzi, al contrario può essere in ansia, può avere paura, può avere in mente un altro colloquio andato male o in cui banalmente è stato trattato male, può esserci quindi della resistenza. Bisogna prima sgombrare questi ostacoli e arrivare a comunicare in maniera assertiva da entrambe le parti. La prima impressione c’è perché è innegabile: ce l’hai alla prima stretta di mano. In realtà poi la arricchisci, la migliori o la peggiori nel corso del colloquio. I nostri colloqui generalmente hanno una durata medio lunga. Cerchiamo di andare nel profondo, chiedendo esempi, situazioni particolari della vita della persona, anche non professionali. Tutto questo permette di farsi un’idea più precisa di com’è questa persona: gli aspetti extra lavorativi vengono indagati perché la vita fuori dall’azienda si rispecchia anche nella vita lavorativa. Se determinate situazioni vengono affrontate in un modo particolare fuori dal lavoro, tanto più verranno affrontate in quel modo durante il lavoro, per esempio il rapporto con gli altri, la gestione dei conflitti e dello stress. La cosa che dobbiamo fare e che facciamo sempre è scavare, scavare, scavare. Noi cerchiamo di andare sempre più nel profondo.»
Qual è la formazione necessaria per svolgere la tua professione?
Davide: «Nel mio caso il percorso formativo non è stato esattamente inerente all’attività professionale che svolgo. Ho fatto il liceo scientifico, poi mi sono laureato in Storia e ho iniziato a lavorare nel mondo delle Risorse Umane. Non c’erano molti percorsi universitari riservati alle Risorse Umane, così ho scelto di seguire la mia passione. Poi ho deciso di provare a lavorare in questo ambito, finché sono arrivato in Spindox. Nel mio caso la formazione è arrivata dalla pratica. Vedendo contesti diversi, cercando concretamente profili sempre diversi ci si costruisce il proprio bagaglio.»
Daniele, parlaci anche tu del percorso formativo…
Daniele: «Mi sono laureato in Bicocca, in Scienze della Comunicazione Interculturale. Un corso di laurea un po’ particolare perché molto improntato allo studio delle materie umanistiche. Si studia psicologia, filosofia, linguistica, ovviamente comunicazione. Molto interessante ma poco adatto a dare una preparazione sufficiente a buttarsi nel mercato del lavoro. Per cui successivamente, durante il mio percorso in Spindox, ho deciso di seguire un master de Il Sole 24 Ore in HR Specialist.»
Voi in Resource Planning come fate a valutare oggettivamente le persone?
Davide: «Le visioni e gli approcci di chi fa questo mestiere sono diversi, ovviamente, ma io e miei colleghi abbiamo dei punti fissi e ci alleniamo ogni giorno all’oggettività. Cerchiamo di sgombrare sempre il campo da una serie di cose che potrebbero inficiare la nostra opinione della persona, sia verso di noi (per esempio la classica “giornata storta”), sia verso la persona da colloquiare. D’altra parte sappiamo cosa ci chiede l’azienda, quali sono i valori su cui vuole puntare e che noi andiamo a ricercare nei candidati. Queste due cose, insieme, ci aiutano, aldilà della personale sensibilità, ad avere una uniformità di giudizio.»
Cosa facevi prima di arrivare in Spindox?
Davide: «Ero in una società di consulenza che opera nel settore IT come Spindox, ma si trattava di una realtà molto più piccola. Mi occupavo di ricerca e selezione, ma anche di contabilità. In realtà facevo un po’ di tutto e ho imparato a fare un po’ di tutto. Secondo me il passaggio a una società più grande è assolutamente positivo, dà modo di vedere di più e imparare parallelamente più cose.»
E tu Daniele come sei arrivato in Spindox?
Daniele: «Avevo terminato la mia precedente attività lavorativa, che non mi soddisfaceva più. Ricordo bene il giorno del primo colloquio in Spindox, perché avevo già ottenuto e accettato una proposta. Però, per curiosità, avevo deciso di fare comunque questo incontro. Rimasi assolutamente colpito dalla prospettiva di lavorare in Spindox, sia per le attività sia per il tipo di azienda, che mi era stata sicuramente presentata bene. Così nel giro di tre giorni abbiamo concluso il giro e ho cominciato questa avventura come recruiter.»
Raccontaci la tua esperienza in Spindox…
Daniele: «Quando sono arrivato nel 2012 non avevo cognizione di come funzionassero la ricerca e la selezione all’interno di una azienda semi strutturata, come poteva essere allora Spindox. Insieme alla grande crescita dell’azienda, dopo un paio di anni, le necessità erano veramente elevate, così abbiamo deciso di iniziare a strutturare di più l’area: abbiamo portato a bordo altre persone e il gruppo è cresciuto, si è strutturato maggiormente. Per un periodo ho svolto parallelamente sia attività di recruitment che sviluppo e formazione. Successivamente l’incarico nel recruiting si è concluso e ho cominciato a occuparmi interamente di Learning & Development, dedicandomi esclusivamente a queste attività. L’ufficio L&D è un’area nuova, di conseguenza le sfide sono anche più di quelle che riusciamo ad affrontare. Sono sfide che hanno un impatto su tutta la popolazione di Spindox, per cui ci mettiamo il massimo impegno. Spindox ha un’identità propria, noi dobbiamo conoscerla alla perfezione, insieme alle teorie, ai modelli, ai casi di applicazione nelle altre aziende, ai trend della formazione e dello sviluppo.»
A un neodiplomato/neolaureato che tipo di consigli ti sentiresti di dare sul percorso formativo?
Davide: «Ribadirei che bisogna essere curiosi e avere voglia di imparare. Oggi esistono percorsi universitari specifici che possono indirizzare allo svolgimento di questa professione. Esistono master focalizzati sulla gestione delle risorse umane e sull’amministrazione. Ma se guardo alla mia storia, in realtà, un percorso formativo specifico non è un prerequisito fondamentale: ottenere delle certificazioni o possedere una serie di attestati sulla carta sicuramente aiuta, ma a monte deve esserci la voglia e l’interesse per questo lavoro.»
E tu Daniele, dal punto di vista della formazione che suggerimenti daresti a uno studente o a un neo laureato che vuole affacciarsi al mondo HR?
Daniele: «È sicuramente una grande sfida riuscire a entrare in HR e tra l’altro direttamente nell’area Learning & Development. L’area L&D richiede soft skill diverse: bisogna avere una grande comprensione di quello che succede in azienda, saperne leggere i cambiamenti, i processi, capire i desideri delle persone, il valore che comunica l’azienda. Per lavorare in quest’area con successo, secondo me, bisogna poi avere un forte commitment, esser veramente coinvolti e voler effettivamente affrontare le sfide che sorgono ogni giorno.»
Davide definiresti la tua professione creativa?
Davide: «È creativa nella misura in cui ogni colloquio è diverso dall’altro. Bisogna trovare sempre il modo giusto per capire la persona che si ha davanti. Le domande particolari o i “trucchetti” che utilizziamo non sono uguali per tutte le persone, vengono adattate di volta in volta anche in base a come si pone il candidato o a come sta andando il colloquio. È un lavoro creativo anche perché se non trovi la “persona giusta” devi inventarti il modo per andare a scovarla, occorre pensare a canali a cui non avevi pensato prima o cercare nuovi contatti.»
Secondo te che aspetto dell’azienda potrebbe essere migliorato?
Davide: «Direi sicuramente la condivisione delle informazioni. Quando andiamo a cercar qualcuno per esigenze dell’azienda dobbiamo conoscere tutti i dettagli di questa esigenza. Tutto ciò rappresenta un vantaggio perché, se in azienda si fanno cose molto interessanti, è importante andarle a comunicare in maniera approfondita a un candidato. Significa aumentare il suo interesse nei confronti dell’azienda, quindi fidelizzarlo e poter contare sulla sua disponibilità.»
Siamo giunti al termine di questa nostra chiacchierata, speriamo di non sorprendervi con la nostra domanda finale: Davide e Daniele cosa significa per voi “innovazione”? Ah, “innovazione” e “differenziazione” per voi sono sinonimi?
Davide: «L’innovazione è essere in grado di fare qualcosa che hai sempre fatto ma in un modo nuovo, più efficace e migliore attraverso strumenti nuovi, attraverso un approccio e una visione differente del problema da affrontare.”
Daniele: «L’innovazione è qualcosa che va ben oltre l’aspetto tecnologico. È prima di tutto un approccio, è una predisposizione che abbiamo. È capire quali sono le possibilità di miglioramento, modi nuovi, diversi, per fare quello che già facciamo o per assolvere a esigenze alle quali fin qui non abbiamo potuto dare una risposta. Innovazione è avere una grandissima fame di apprendimento e conoscenza, di cavalcare l’onda di quello che sta succedendo anche al di fuori del proprio perimetro di competenza.»