Spindox North Africa? Ha aperto a Tunisi nel 2014. Erano in otto, oggi sono trentasei. Simone Ludovico, office manager, ci racconta cosa fanno.
Per seguire la prima sede estera di Spindox, Simone si è trasferito a Tunisi quasi tre anni fa, rientrando in Italia due weekend al mese.
Perché “tieni famiglia”?
No, non ho famiglia (ride). È uno dei motivi per cui ho accettato volentieri questa sfida.
Allora raccontaci: quando è nata la sede di Spindox North Africa?
In Tunisia abbiamo aperto nel gennaio del 2014. Allora avevamo otto persone, tutti ingegneri tunisini. Oggi siamo in trentasei, divisi in due grandi team. La sede è cresciuta molto, abbiamo trovato molte persone in gamba che ci stanno dando soddisfazioni.
36 tunisini, e tu sei l’unico italiano?
L’unico fisso, sì, ma tutti i mesi ci raggiungono Luca Gattanella e Massimo Dossetto, che restano da noi una o due settimane. Luca e Massimo sono i coordinatori dei due team: Luca per quello di operation, cioè dei servizi di help desk e service desk, e Massimo dei developer, che fanno sviluppo software puro. Entrambi mi danno supporto sia quando vengono che da remoto.
Come è strutturato il lavoro a Tunisi?
Abbiamo cominciato assumendo persone con profilo junior, con l’obiettivo di farle crescere attraverso l’esperienza e la formazione interna. In quanto software factory la sede di Tunisi ha un profilo squisitamente tecnico. Tutti gli altri ruoli – project manager, analisti, eccetera – al momento sono svolti da nostri colleghi italiani, che non risiedono a Tunisi in modo permanente. Tuttavia il successo di tutta l’operazione dipende dalla continua osmosi fra Italia e Tunisia.
Spindox North Africa, la sede di Tunisi.
Cosa fate di preciso?
Come dicevo siamo divisi in due team: uno di sviluppatori e uno di operation. Da più di due anni stiamo seguendo il progetto help desk di Vodafone, con risultati davvero ottimi. Dopo qualche aggiustamento iniziale, nel corso dei mesi e degli anni le cose sono cresciute molto, anche con i complimenti del cliente. È un tipo di servizio che una volta strutturato – se è fatto bene – va avanti quasi da solo. Richiede interventi importanti solo quando sono necessari aggiornamenti software o quando c’è qualche cambiamento da fare nel team. Ed anche sulle attività di service desk, che vengono svolte 24/7, stiamo ottenendo buonissimi risultati con i vari clienti tra cui FCA.
Per i progetti di sviluppo la questione è un po’ più complicata, perché hanno una durata molto varia, da due a cinquanta, cento, o più giorni. Si deve saper riorganizzare il team in itinere e individuare la persona disponibile più adatta a lavorare sul progetto. In questo caso l’attività di project management è più intensa.
Qualche esempio di progetti made in Tunisia?
Il primo progetto seguito dalla Tunisia è stato Fox, per Amplifon, che ormai seguiamo da anni. È un sistema integrato creato da Spindox che serve per gestire tutte le attività fatte dai vari negozi Amplifon, dalla gestione dell’anagrafica del cliente a tutta la procedura di vendita. È un sistema che sta venendo messo in opera a livello internazionale: prima in Italia, poi in Spagna, in questo momento in Australia e tra pochi mesi in Nuova Zelanda.
Come primo lavoro era un progetto complesso, richiedeva capacità notevoli, mentre la maggior parte dei ragazzi allora aveva pochissima esperienza. Ci abbiamo scommesso considerandolo un investimento. Oggi abbiamo persone con più di due anni di esperienza, nelle quali riponiamo una grande fiducia.
Un altro progetto interessante, legato a questo, è stato lo sviluppo di una app mobile che permette di avere alcune delle funzionalità che si hanno anche sul sistema globale Fox, ad utilizzo esclusivo del top management di Amplifon. Questa idea è piaciuta moltissimo, tanto che stiamo continuando a sviluppare altre funzionalità. Ci stiamo togliendo delle soddisfazioni anche dal lato sviluppo.
Come mai per un progetto importante come Fox avete preferito prendere dei ragazzi invece che delle persone molta esperienza?
Abbiamo sempre optato per figure giovani perché ci interessa investire in loro e farle crescere con la metodologia e la cultura di Spindox. Spindox North Africa nasce come software factory, vogliamo persone che sappiano lavorare su tecnologie diverse, pronte a passare facilmente da un progetto a un altro. Quindi abbiamo cercato di comunicare che la flessibilità è preferibile alla specializzazione verticale in una sola tecnologia. Non è facile trovare persone con questa caratteristica, né in Tunisia, né in Italia.
Il problema quindi non è trovare le competenze tecniche, ma l’elasticità.
Sì, direi di sì. Tra l’altro devo dire che il livello dell’università in Tunisia è molto buono. Sono più pratici di noi, il percorso di studi prevede che ogni singolo anno di università abbia alla fine due o tre mesi di stage in azienda, sia per la triennale che per la specialistica. In questo modo arrivano più preparati ad affrontare le 8 ore lavorative aziendali.
A parte questo quali altri requisiti sono richiesti?
Quello che chiediamo ai ragazzi è che siano capaci di comunicare. Gestire un team offshore vuol dire utilizzare continuamente Skype, email, usare una lingua diversa. Per noi è l’inglese, mentre loro parlano perfettamente francese ed ovviamente arabo.
Un’altra caratteristica che cerchiamo di individuare in fase di colloquio è quella di saper descrivere, spiegare, interagire in inglese, senza necessariamente essere impeccabili nella lingua.
Poi cerchiamo di evitare le persone con troppa timidezza: se già sei un po’ impacciato parlando faccia a faccia, figurati lavorando con un team a distanza col quale devi interagire via mail o via chat. Questa è una cosa fondamentale.
Come vivono il rapporto con le sedi in Italia?
Lavorare in Europa è un obiettivo per molti lì. Tanti si spostano in Francia, per ragioni sia culturali che burocratiche, ma lavorare per una società italiana è ancora motivo di prestigio.
Purtroppo non è facile ottenere visti per farli venire da noi. Molte società usano il visto turistico, ma in realtà li fanno venire per lavorare. A noi sembra un gesto scorretto: se è un viaggio di lavoro gli facciamo il visto business, anche se la procedura è lunga, complicata e costosa.
È successo più spesso che andassimo noi a fare formazione da loro.
E tu? Cosa facevi in Spindox prima di essere inviato in Tunisia?
Quando nel 2012 sono arrivato in Spindox ho svolto attività come project manager. Ho seguito alcuni piccoli progetti per Vodafone e Amplifon. Poi per un po’ ho lavorato come tester, quindi sono diventato service manager per Vodafone e infine Tunisi.
Prima di Spindox?
Ero sempre presso Vodafone ma per conto di un’altra società di consulenza.
E il tuo percorso di studi è stato…
Diploma in informatica, corso post diploma nel settore informatico dal titolo “Esperto di sistemi di visione artificiale per controllo industriale” e poi laurea in informatica. Molto noioso (ride). Un percorso lineare che però mi ha portato a Tunisi. Non avrei mai pensato di capitare a vivere in un paese arabo.
Com’è Spindox rispetto alle tue esperienze precedenti?
Nell’azienda dove lavoravo prima non ho mai avuto modo di fare così tante esperienze differenti.
In Spindox invece nei primi due anni ho potuto cambiare spesso clienti, ruoli e progetti. È una fortuna, è il sogno di tutti quelli che lavorano in una società di consulenza. Il valore vero del consulente è quello di essere capace di adattarsi continuamente e velocemente a situazioni e clienti diversi, ed è solo con la pratica che si impara.
Non ci si annoia in Spindox, questa dinamicità è la cosa che mi fa star bene qui. Da quando sono arrivato io ad adesso il numero di persone in Spindox è raddoppiato, ha cambiato più volte organizzazione, è diventata una SPA. È una società molto dinamica che cerca sempre di aggiornarsi e di stare sul pezzo. Nel settore dell’IT d’altronde il rischio più grosso è di stare fermi più che quello di cambiare…
Se dovessi definire l’innovazione come la descriveresti?
L’innovazione ideale per un appassionato di tecnologia avviene quando c’è un cambio di paradigma, quando crei qualcosa che proprio non c’era. O, meglio, quando riesci a dare una nuova vita a cose che già esistono. Però sono casi così rari e limitati… Quella è l’innovazione da sognatore, quella che in tanti in Spindox vorremmo realizzare.
Più spesso ciò che si fa non è tanto innovazione, ma miglioramento tecnologico. In realtà l’innovazione di per sé è lo stravolgimento di una visione. Per me l’innovazione non è il nuovo modello di telefonino, con più potenza, più colori e schermo migliore. Quella è la classica crescita tecnologica.
Innovazione è quando vedi qualcosa e ti dici “Oh, non ci avevo assolutamente pensato e invece si può fare così, bello!”. Perché ridi?
Perché anche Luca aveva dato una risposta simile.