Disruptive Innovation e Blue Ocean: il nostro racconto del webinar di Treedom

da | Giu 23, 2021

Photo credit: Treedom

Disruptive Innovation e Blue Ocean Strategy: aumentare il valore prodotto riducendo i costi.

L’innovazione all’ordine del giorno

Treedom ha organizzato il primo webinar – Treedom talks – focalizzato su due strategie: Disruptive Innovation e Blue Ocean Strategy in relazione al green.

L’evento, mediato da Anna Ciattini, Head of Corporate Marketing presso Treedom, ha avuto come ospite Jacopo Perfetti, autore, docente ed imprenditore.

Fare innovazione oggi non è facoltativo ma necessario. La strategia da adottare

In ambito strategico e manageriale, un’azienda può adottare uno dei seguenti approcci: il customer development o il product development, uno agli antipodi rispetto all’altro. Se la prima strategia si basa sul cliente e sui suoi bisogni, la seconda ha come punto di riferimento il prodotto e quindi l’azienda.

«Io consiglio sempre di partire dal mercato» racconta Jacopo. E continua: «Non partirei da un’idea o da un prodotto da vendere ma dall’individuazione di un problema, un bisogno di mercato e cercherei di soddisfarlo in qualche modo, applicando quindi un processo a ritroso.»

«Dalle ricerche effettuate da CBINSIGHTS emerge che il motivo principale per cui le startup, ma più in generale le aziende falliscono, è legato alla mancanza di focus sul bisogno di mercato. Questo vuol dire che un’azienda o una start up lancia sul mercato un prodotto di cui nessuno ha bisogno. E visto che creare un mercato è molto più difficile che creare un prodotto, il consiglio è quello di partire dal mercato, in un’ottica di customer development che è propedeutica per qualsiasi strategia di innovazione» spiega Jacopo.

Disruptive Innovation: l’innovazione nei mercati

La Disruptive Innovation è una teoria ideata nel 1995 da Clayton M. Christensen. Questa strategia descrive l’impatto delle nuove tecnologie su un settore. La Disruptive Innvation fa riferimento ad un cambiamento o un processo molto creativo, straordinario e fuori dall’ordinario. Le innovazioni disruptive sono generalmente versioni più economiche e facili da utilizzare di prodotti o servizi già esistenti.

Un’azienda o una startup, mettendo in pratica correttamente questa teoria, può entrare in nuovi mercati superando le principali barriere di ingresso. Grazie alla tecnologia e ad un suo utilizzo innovativo – ed è questo che la Disruptive Innovation propone – è possibile oltrepassare le barriere e differenziarsi dai player che sono già all’interno del mercato.

Questa teoria si applica a mercati molto ricchi, dominati da aziende di grandi dimensioni che non riescono ad adattarsi velocemente ai cambiamenti e caratterizzate da molte inefficienze e sprechi.

L’individuazione di un mercato adatto

Per applicare la Disruptive Innovation è opportuno individuare un prodotto o un servizio dal prezzo elevato già presente sul mercato che presenti un disallineamento tra le caratteristiche del prodotto o del servizio e quello che il consumatore si aspetta.

Un prodotto disruptive ha le seguenti caratteristiche: è più conveniente per il consumatore – ha quindi un prezzo di mercato più basso – ed è meno costoso per l’azienda grazie ad una riduzione dei costi di produzione. Ma soprattutto, grazie ad una semplificazione dei processi, si tratta di un prodotto facile da utilizzare.

Disruptive innovation: esempi di strategia

Un esempio odierno di Disruptive Innovation è SatisPay.

SatisPay inizia ad operare all’interno di una mercato FinTech in fortissima crescita, ad inzio 2000. L’app riesce ad inserirsi nel mercato dei pagamenti, (un mercato grande, ricco e pieno di inefficienze) offendo un servizio facile e conveniente, gratuito per gli utenti e vantaggioso per gli esercenti.

Anche Tesla rappresenta un esempio di Disruptive Innovation. Elon Musk ha creato veicoli elettrici ad alte prestazioni per il mercato di massa. Alla base del successo c’è la tecnologia e l’innovazione. Innovazione di processo e di prodotto che è sempre più contenuto in termini di prezzo e di costi di produzione.

La Blue Ocean Strategy e la curva del valore

La Blue Ocean Strategy arriva circa 10 anni dopo la Disruptive Innovation. Questa nuova strategia si basa sulla capacità di capire il mercato ed il consumatore finale.

Proposto da W. Chan Kim e Renée Mauborgne all’interno del celebre saggio “Blue Ocean Strategy” il framework del quadro strategico riassume il posizionamento di un’azienda rispetto ai competitor, focalizzandosi sui reali bisogni del cliente target.

Questo framework permette di creare quelli che vengono definiti oceani blu, ovvero nuovi spazi di mercato in cui è possibile creare prodotti e servizi innovativi differenziandosi dai competitors, contraddistinti agli oceani rossi, in cui la competizione è molto forte e quindi è più difficile emergere.

Il contesto in cui viene applicato il quadro strategico è simile a quello della Disruptive Innovation ed è il seguente: mercati caratterizzati da molti competitor – i cosiddetti oceani rossi – ma con bisogni insoddisfatti, mercati dominati da aziende di grandi dimensioni che non riescono ad adattarsi velocemente ai cambiamenti del mercato e mercati in crisi.

Applicazione del framework

Per applicare correttamente il quadro strategico è importante conoscere tanto le caratteristiche del proprio prodotto quanto i bisogni e i valori del proprio target di riferimento.

La finalità di questo framework è quello di creare una curva del valore che rappresenti graficamente il prodotto. Sulle ordinate c’è la variabile valore che può oscillare tra alto e basso. Si tratta del valore che il consumatore attribuisce a un elemento caratteristico del prodotto. Sulle ascisse ci sono gli elementi che caratterizzano il prodotto.

Una volta definita la curva del valore, la strategia di marketing e comunicazione ma anche il piano economico si adeguano.

Per disegnare una curva del valore coerente con la propria strategia, Chan Kim e Mauborgne propongono il framework delle quattro azioni basato su quattro domande fondamentali: quali fattori è possibile eliminare in quanto non creano più valore, quali fattori andrebbero ridotti in quanto non più necessari, quali fattori andrebbero aumentati ed infine quali dovrebbero essere creati. Le prime due domande aiutano a capire come ridurre i costi mentre le ultime due domande servono per capire come creare valore, accrescendo così il potere di acquisto.

Blue Ocean Strategy: esempi

Uno degli esempi più classici della Blue Ocean Strategy è iTunes, un prodotto lanciato in un periodo di forte crisi per il mercato musicale in cui la concorrenza era molto forte, sia quella legale che illegale.

Apple è riuscita a creare valore semplificando il processo per ascoltare la musica. Ha creato un oceano blu che andava a rispondere al bisogno effettivo del consumatore, che non era quello di scaricare musica illegale o di comprare un CD, ma quello di poter pagare una canzone o un album ad un prezzo relativamente più basso, attraverso un processo semplificato.

Una situazione simile si è verificata con Netflix ed il mercato del cinema. Con Netflix il bisogno di mercato non è cambiato – si continua a guardare film – ma lo si fa in maniera diversa.

In ambito green emerge l’esempio di Adidas. L’azienda ha lanciato dei progetti tra cui la collaborazione con Parley – AdidasXParley – in cui sono state realizzate calzature con rifiuti plastici riciclati. Puntando sulla sostenibilità̀, tema rilevante tanto per l’azienda quanto per il proprio target di riferimento, Adidas è riuscita a differenziarsi all’interno dell’oceano rosso del settore abbigliamento.

Le nostre conclusioni

Nel mezzo della crisi economica dell’era Covid, una mentalità da oceano blu porta con se svariate opportunità. Le aziende di tutto il mondo si stanno preparando a nuove sfide. Molte di loro si chiedono se gli approcci strategici che si sono rivelati di successo in passato si applicheranno ancora alle mutate realtà aziendali in un mondo post-pandemia, dove i cambiamenti sono all’ordine del giorno.

Rimodulazione della Supply Chain, preferenze dei clienti alterate, regolamenti governativi nuovi, solo per citarne alcuni. Uno scenario mutato che durerà e si intensificherà nel tempo. All’indomani della pandemia, le aziende dovranno affrontare una concorrenza maggiore in seguito alla variazione della domanda dei clienti e delle incertezze incombenti. Più che mai, c’è bisogno di creare oceani blu di nuova domanda per generare entrate, profitti e crescita sostenibile.

Beatrice Mingazzini
Beatrice Mingazzini
Laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione, è specializzata in design e moda. Appassionata del viaggio on the road, sempre alla scoperta di qualcosa di nuovo, nel tempo libero le piace sperimentare tecniche di pittura.

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