Diversità e performance aziendale: la varietà è un plus per il lavoro di squadra. Come scoprire le differenze tra colleghi, riconoscerle e valorizzarle, senza lasciarsi intimorire.

Quando si decide di iniziare un puzzle, le regole del gioco sono chiare: sappiamo già quante tessere abbiamo a disposizione e quale dovrà essere l’immagine da comporre. Ma non conosciamo ancora né la forma di ogni singolo pezzo né con quali, fra tutti quelli disponibili, si troverà la combinazione perfetta. Solo osservando ogni tessera, scoprendone differenze e somiglianze, saremo in grado di trovare quei pezzi che completeranno il nostro quadro.

Come per i puzzle, in azienda ogni individuo rappresenta una diversa tessera della stessa immagine. Per raggiungere l’obiettivo comune, creare il disegno finale, è indispensabile che nessuno rimanga nella scatola o rinchiuso nel sacchettino di plastica. E che ognuno trovi la propria tessera complementare.

Scoprirla significa soprattutto confrontarsi con le diversità dei colleghi rispetto ai nostri schemi mentali. Un’operazione spesso evitata, perché il più delle volte proiettiamo sulla parola ‘diversità’ una serie di accezioni e conseguenze negative. Uno scontro tra posizioni inconciliabili. Al contrario, nella lingua inglese l’immagine associata al termine ‘diversity’ ci consegna una visione più pacifica e positiva.

Cos’è la diversity?

Per il seminario “From Diversity to Performance. Le differenze cognitive come determinanti nella performance delle organizzazioni” ci siamo incontrati all’OPEN Milano con Fabrizio Allavena di Emergenetics Italia. Con noi c’erano HR Manager, coach e responsabili della comunicazione per affrontare un lungo viaggio tra le interpretazioni della diversità. È stato un confronto teorico e pratico sul senso e l’importanza delle differenze per la costruzione di gruppi di lavoro nei quali far confluire il valore dato dalle caratteristiche peculiari dei singoli. Partendo, appunto, dalla sottile eppure profonda sfumatura del termine ‘diversità’ tra inglese e italiano.

Nella nostra lingua madre, diversità vuol dire avere opinioni o idee divergenti su uno specifico tema. Oppure l’allontanarsi da una regolarità o qualcosa che va contro l’uguaglianza. In inglese ‘diversity’ porta con sé un valore di ricchezza e varietà: di culture, lingue, etnie. Un’accezione lontana dal concetto di ‘diversità’, cioè di un rapporto reciproco e asimmetrico che indica la posizione di svantaggio di un soggetto rispetto a quella occupata da un altro individuo. Spesso ricorrente in tema di diritti e discriminazione delle minoranze. ‘Differente’ incorpora un significato di parità e rispetto che in ‘diverso’ manca completamente.

Diversity è innanzitutto utilità: l’utilità dell’avere a disposizione punti di vista alternativi al pensiero prevalente, per risolvere problemi complicati in modo creativo ed efficiente. La diversità cognitiva, frutto dei differenti filtri attraverso cui ognuno di noi interpreta il mondo, in questo senso è una risorsa non solo di valore ma anche necessaria.
Per le grandi aziende del digitale, da Facebook a Microsoft, la diversity arricchisce infatti prodotti e performance. Ma possederla non è sufficiente. Bisogna gestirla, moderarla (se eccessiva potrebbe anche generare effetti non previsti) e saperla utilizzare al momento giusto.

Come la diversity opera nelle organizzazioni

La diversità, “ricaricata” e arricchita attraverso la concezione positiva di diversity:

  • Supporta le attività innovative, aprendo nuovi orizzonti interpretativi all’interno dei gruppi, ma non aiuta quando il team si occupa di attività ripetitive.
  • È destabilizzante e obbliga le parti a trovare un confronto. Ci costringe a uscire fuori dalla nostra comfort zone e lanciarci in territori sconosciuti.
  • Va gestita, da un buon leader. Sapendo quando scatenare il caos creativo e quando riportare tutto all’ordine.
  • Richiede fiducia e rispetto. Affinché ogni membro possa esprimersi liberamente, senza il timore di ricevere critiche.
  • Non è immediatamente visibile, ma richiede capacità di osservazione e analisi. Se i comportamenti sono il nostro biglietto da visita, gli stili di pensiero, le differenze cognitive sono più profonde e meno decifrabili. Per questo si tende ad utilizzare test psicometrici per facilitare la consapevolezza di sé e delle differenze con gli altri.

Il Profilo Emergenetics

Ogni essere umano è il risultato della combinazione di quanto è scritto nel proprio patrimonio genetico e delle esperienze vissute. Da questa base, 27 anni fa, nasceva Emergenetics International: dall’unione, appunto, di ‘emerge’, l’esperienza, e ‘genetics’, l’eredità biologica. Una società di consulenza che, oggi come allora, si prefigge di «rivelare le tendenze cognitive e comportamentali delle persone, per aiutare gli individui e le organizzazioni a realizzare il proprio potenziale».

Fabrizio allavena

Caratteristiche del Profilo Emergenetics.

Attraverso studi sociali, comportamentali e neuroscientifici, Emergenetics ha sviluppato negli anni quello che la società di consulenza ha denominato Profilo Emergenetics. Uno strumento psicometrico che mette in luce le preferenze, le attitudini e le differenze tra individui, mostrando come relazionarsi con gli altri e come l’assortimento di profili diversi possa trasformarsi in valore aggiunto. Il profilo mette in evidenza parametri qualitativi, senza consegnare valori assoluti ma percentili. Perché il suo scopo non è creare graduatorie o indicare specifiche competenze. Al contrario, l’obiettivo del Profilo Emergenetics è favorire lo sviluppo di una maggiore consapevolezza di se stessi e la costruzione di nuove abilità. Questo strumento vuole massimizzare il potenziale umano (in Spindox noi lo facciamo con il programma High Potentials. Se ti interessa, leggi qui) e funziona al meglio nella creazione di gruppi di lavoro in cui l’assortimento e l’omogeneità dei profili è fondamentale per avere il contributo di tutti. «La vera ricchezza di un team sta nelle differenze, nel saperle riconoscere e nel fare leva sui punti di forza di ogni preferenza di pensiero e di comportamento».

‘Emerge & Genetics’ con Ferruccio Fiordispini, Country Representative per Emergenetics International – Italy.

Il Manifesto della Performance attraverso la diversità

Se l’assortimento nei team è un plus lo si scopre in termini di performance:
1. Aumentare la consapevolezza di se stessi
2. Saper riconoscere le differenze negli altri
3. Rispettare la diversità, trattando gli altri come preferiscono essere trattati
4. Lavorare sulla fiducia reciproca
5. Saper cogliere e valorizzare il contributo di ciascuno
6. Essere aperti al nuovo e allenarsi a uscire dalla propria comfort zone
7. Riconoscere e premiare i risultati

7 modi per “emergenetizzare” la propria azienda

I 7 modi ce li ha raccontati Fabrizio Allavena durante il pomeriggio all’OPEN. E noi li diffondiamo, raccontandoli a voi:

1 – “Leadership is an inside job“: prima del confronto con gli altri, confrontati con te stesso
2 Embrace the scratchy“: sforzati di uscire dalla tua zona di comfort, per crescere scoprendo nuovi punti di forza
– “Using the language of grace“: fai attenzione a come ti rivolgi agli altri, ricordandoti che più sai avvicinarti al loro modo di pensare e di comportarsi più aumentano le tue possibilità di avere un impatto positivo sul gruppo
– “Creating a meeting of the minds“: trova punti di incontro sempre nuovi e inaspettati per mettere in contatto le differenze del tuo gruppo
– “Using the power of We“: credi fermamente che un team forte ed efficace si basa sulla varietà di stili cognitivi e comportamentali. La vera ricchezza di un’organizzazione sta nell’assortimento delle persone che la compongono
– “Let your people live to work, not work to live“: accetta il fatto che un buon work life balance migliora la soddisfazione e la produttività
– “Love“: un vero leader ama le persone con cui lavora.

Non abbiamo ancora misurato quanto amore ci sia tra di noi, ma sappiamo che in Spindox ci teniamo alle nostre diversità. E lo facciamo così. Celebrando la diversity.

‘Spindox Diversity’, dal canale YouTube di Spindox.