Ma l’e-book fa bene all’ambiente? Lettura digitale e consumo sostenibile

da | Nov 21, 2019

E-book e libro di carta a confronto. La sostenibilità ambientale dell’intero ciclo di vita: produzione, distribuzione e smaltimento.

La diffusione degli e-book si accompagna alla convinzione che, anche nel campo della lettura, il digitale e la conseguente smaterializzazione comportino significativi vantaggi per l’ambiente. Dici e-book e pensi agli alberi che non devono essere sacrificati per la produzione della carta, al minore consumo di acqua e soprattutto alla massima efficienza nella distribuzione: niente magazzini, niente trasporti, niente resi. Le cose, però, sono spesso più complicate di quanto il senso comune suggerisca. Per questo, anche i vantaggi associati al passaggio dal libro di carta al libro elettronico andrebbero analizzati criticamente. È quanto ho cercato di fare nel mio studio, di cui riporto qui una breve sintesi.

Sul piano metodologico, sono importanti due precisazioni. La prima riguarda il fatto che un’analisi attendibile deve prendere in considerazione l’intero ciclo di vita del libro: produzione, distribuzione e smaltimento. La seconda è che, nel caso del modello digitale, occorre esaminare in modo distinto due prodotti: il supporto per la lettura (e-reader) e il testo (e-book). In questo senso, le cose sono complicate dal fatto che i supporti per la lettura del libro elettronico sono diversi: non solo l’e-reader propriamente detto (Kindle, Kobo, Tolino ecc.), ma anche tablet multifunzione (iPad e simili) e addirittura smartphone (secondo un’indagine del Pew Research Center, già nel 2016 il 13% degli americani dichiarava di avere letto almeno un libro su telefonino).

Filiera tradizionale, e-book e e-commerce del libro di carta

C’è poi da considerare il fatto che fra libro di carta e e-book si colloca uno scenario, per così dire, intermedio: quello dell’e-commerce del libro di carta. In tal caso, il digitale interviene a ridefinire i processi in modo diverso rispetto a quanto accade per l’e-book. Sarebbe dunque il caso di svolgere, in parallelo, un’analisi comparativa per valutare la sostenibilità ambientale del commercio elettronico rispetto al modello distributivo tradizionale, nel quale scompare il punto di vendita fisico – libreria, sia essa indipendente o di catena – sostituito dalla distribuzione porta-a-porta tramite corrieri.

Per rendere il mio lavoro più significativo, mi sono concentrata su uno scenario specifico. Ho escluso l’ambito dell’e-commerce e ho preso in considerazione solo il caso dell’e-reader, escludendo quindi dal mio perimetro di indagine gli altri supporti per la lettura degli e-book. È bene tenere presente che il quadro attuale è caratterizzato da un mix di comportamenti di consumo. In tutto il mondo l’esperienza di lettura digitale convive con quella tradizionale. Il libro elettronico non ha sostituito quello di carta, né l’e-commerce ha ucciso la libreria (negli Stati Uniti il numero di librerie indipendenti è tornato, dopo quattro anni di calo, ai livelli pre-crisi). Senza contare il boom dell’audiolibro, un prodotto nuovo che andrebbe a propria volta valutato a parte, dal punto di vista della sostenibilità ambientale.

e-reader e libro di carta impatto ambientale Foto di Perfecto Capucine da Pexels

Produrre un libro di carta ha un costo per l’ambiente

Le emissioni più significative associate alla produzione del libro cartaceo riguardano l’anidride solforosa (S02), gli ossidi di azoto (NOX), i composti organici volatili (COV) e i gas ad effetto serra come anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e ossido di nitrogeno (N2O). La quantità totale di gas serra è espressa con il biossido di carbonio (CO2-eq). Un singolo libro ne genera circa sette chilogrammi.

L’industria editoriale è responsabile anche di un elevato consumo di acqua poiché vengono utilizzati fino a cento litri di acqua per fabbricare un chilo di carta: per produrre una tonnellata di carta vergine occorrono quindici alberi, fino a 440 mila litri di acqua e 7600 kilowatt di energia elettrica.

Secondo la Green Press Initiative (GPI) nel 2014 le aziende produttrici di libri erano responsabili dell’utilizzo dell’11% di acqua dolce sul totale usufruibile dalle industrie. La GPI stimava inoltre che le industrie di libri e giornali statunitensi hanno portato, in un solo anno, alla deforestazione di quasi 125 milioni di alberi.

La lavorazione della materia prima è l’aspetto che influisce maggiorente sull’ambiente poiché consiste nella raccolta e lavorazione del legno. Gli effetti si potrebbero ridurre sfruttando foreste gestite in modo sostenibile da agricoltori che si occupano di ripiantare gli alberi, riducendo così la perdita di selve naturali e consentendo anche un miglior controllo e una maggiore qualità del tipo di legno che viene prodotto.

Un altro metodo per ridurre l’impatto ambientale è quello di utilizzare carta riciclata. Ciò permette di contenere il numero di alberi da tagliare e di generare meno scarto e quindi meno gas serra.

Ma neppure l’e-reader è a impatto zero

Il parallelo fra libro di carta e e-reader deve tenere conto, come detto, di una sostanziale differenza tra i due manufatti: il libro di carta funge da supporto per un solo testo, mentre l’e-reader può ospitare centinaia di e-book, ovvero decine di milioni di caratteri. Ecco perché ha poco senso comparare costi e impatto ambientale associati ai processi produttivi dei due apparati.

La produzione di un e-reader ha senz’altro un impatto superiore a quello di un singolo libro, ma inferiore a quello di centinaia di volumi. Quindi un e-reader diventa tanto più “green” quanti più libri elettronici – ovvero testi in formato digitale – ospita. Ipotizzando un consumo di medio di un libro al mese, l’e-reader può permettere di ridurre le emissioni di CO2 rispetto alla carta dopo circa un anno di vita.

Se invece confrontiamo la produzione di un singolo esemplare di e-reader con quella di un volume cartaceo, il bilancio è a sfavore del primo. Sempre secondo i dati di GPI, la produzione di un e-reader richiede l’estrazione di circa 33 chili di minerali, inclusi metalli rari. Inoltre, realizzare un libro elettronico comporta il consumo di 79 litri di acqua e genera una grande quantità di rifiuti. Il ciclo produttivo di un dispositivo digitale determina un consumo orario di combustibili fossili pari a 100 chilowatt e una produzione equivalente a 30 chili di anidride carbonica. Nel processo vengono rilasciate sostanze chimiche tossiche che provocano danni alla salute e all’ambiente.

Distribuzione e consumo: due scenari molto diversi

Anche con riferimento alla distribuzione, dobbiamo distinguere fra libro come supporto fisico per la lettura e libro come contenuto (il testo dell’opera da leggere). Nello scenario tradizionale il supporto e il contenuto coincidono, in quello digitale no. L’e-book è immateriale e viene distribuito attraverso Internet. Ciò non significa che sia privo di costi e di impatto ambientale, come vedremo più avanti. Tuttavia, essi devono essere distinti dai costi e dall’impatto relativi alla distribuzione dell’e-reader.

La distribuzione di un apparecchio elettronico per la lettura comporta vari passaggi di mano. Si tratta infatti di un oggetto prodotto all’estero (generalmente in Estremo Oriente), che dunque può compiere un lungo viaggio prima di giungere nelle nostre mani. Di ciò occorre tenere conto, per valutare le emissioni provocate dalla combustione di carburanti e derivati. Ma è chiaro che molto dipende dal luogo di consegna. Per arrivare in Italia, per esempio, un e-reader deve attraversare mezzo mondo.

Ancora più complicata è la valutazione nel caso del libro di carta. Le modalità distributive variano: il libro può essere acquistato online, oppure direttamente in un punto di vendita fisico. Il consumo di risorse varia in funzione al mezzo utilizzato, alla distanza da coprire e al numero di rotture di carico.

Va anche detto che la filiera distributiva del libro di carta è una delle meno efficienti in assoluto. In media le librerie restituisco alla casa editrice fino al 40% delle copie distribuite. Lo spreco di energia derivante dal trasporto dei resi e dal loro successivo smaltimento è enorme. È chiaro invece che, nel caso dell’e-book, il reso non esiste per definizione.

Come si smaltisce un e-reader?

Ben più rilevante è la questione dello smaltimento di un apparato elettronico come l’e-reader, a fine vita. I rifiuti elettronici rappresentano un problema crescente, sia per la loro diffusione sia perché la maggior parte degli utenti non li sa smaltire in modo adeguato. I lavoratori che si occupano del loro riciclaggio sono esposti a numerose sostanze tossiche, alcune molto nocive per la salute. Senza contare i danni procurati all’ecosistema nel suo complesso.

È vero che la situazione sta migliorando. Se numerosi editori scelgono di utilizzare inchiostro naturale a base di soia, su carta riciclata prodotta in cartiere che non adoperano veleni, anche l’industria elettronica sta cercando di ridurre l’impiego di sostanze chimiche e di migliorare la qualità delle condizioni di lavoro e la sicurezza dei dipendenti.

Già oggi il carbonio emesso nel ciclo di vita di Kindle è compensato dopo il primo anno di utilizzo. In seguito, si possono risparmiare fino a 168 chilogrammi di anidride carbonica che corrispondono alle emissioni generate nella produzione e distribuzione di circa 23 libri. Gli e-reader possono pertanto avere uno impatto positivo in termini di sostenibilità. Secondo la società di ricerca Cleantech, un singolo lettore di Amazon ha il potenziale di impedire la propagazione di quasi 12 chilogrammi di CO2.

La Marmol Radziner, azienda di architettura e costruzioni con base a Los Angeles, ha analizzato il ciclo di vita del Kindle e ha stimato che esso produce la stessa quantità di anidride carbonica di 30 libri fisici ordinati via Internet. Ciò significa che il costo del dispositivo, in termini ambientali, si ripagherebbe nel momento in cui l’acquirente evita di recarsi in un negozio per 15 volte.

Dimmi quanto leggi, e ti dirò qual è la tua impronta ambientale

Non bisogna comunque dimenticare che l’entità del risparmio energetico e delle emissioni varia in base alla quantità di volumi acquistati da ogni singolo lettore. Un utente che legge meno di 23 libri in un anno richiede più tempo per la neutralizzazione degli effetti del dispositivo elettronico.

Se poi parliamo di consumo di giornali, la generazione di CO2 è limitata a soli 13 chili all’anno, rispetto ai 28 di un abbonamento a un quotidiano. Ma il vantaggio scompare se si usufruisce dell’apparecchio per pochi minuti al giorno, dal momento che dieci minuti di lettura portano alla produzione di quattordici chili di anidride carbonica tra consumo di elettricità, fabbricazione e smaltimento.

Anche dal punto di vista dei consumi connessi all’infrastruttura cloud, il business case della lettura digitale va fatto in base alla quantità di testi consumati. Si potrebbe ritenere che il cloud c’entri poco con il libro elettronico, ma non è così. Dietro un ecosistema come quello di Kindle, c’è molto cloud. È infatti possibile non solo conservare una copia online degli e-book scaricati sul proprio dispositivo portatile, ma anche leggere online con qualunque client: l’e-reader propriamente detto, la app per computer o smartphone e l’ambiente browser-based (Kindle Cloud Reader). Tutti ovviamente integrati con il Kindle Store, il quale è a propria volta un formidabile consumatore di risorse cloud.

Lettura online e consumi del cloud storage

Questo blog ha già affrontato il tema del consumo di energia elettrica dei data center. Anche nell’ambito della mia analisi me ne sono occupata, per delineare un quadro completo della sostenibilità del libro digitale.

Un primo fattore che impatta sul consumo di energia è costituito dalle modalità di progettazione e utilizzo delle varie applicazioni: il dispendio è maggiore se queste sono impiegate per un lungo periodo di tempo con un alto requisito di memoria. Un altro elemento che influisce sui consumi è il numero di risorse fornite dai provider, i quali offrono spesso capacità extra per garantire il livello di servizio atteso. Per evitare guasti, assicurare un recupero veloce dei dati e una riduzione dei tempi di risposta, i cloud provider devono creare più copie dei dati e archiviarle su differenti data center sparsi in giro per il mondo. Il web storage richiede, inoltre, una potente connessione internet per permettere la comunicazione tra i vari server.

La struttura stessa dei data center gioca un ruolo. I sistemi di immagazzinamento e le apparecchiature di distribuzione e di raffreddamento emettono grandi quantità di carbonio e consumano ingenti quantità di energia elettrica. Ridurre l’impiego di risorse è un aspetto sul quale i provider devono lavorare.

Come risparmiare risorse ed energia

Diversi fattori possono contribuire a un risparmio. Il primo luogo si trova il dynamic provisioning che consente di impostare automaticamente l’accesso degli utenti alle risorse cloud in funzione della disponibilità di banda della rete. I vantaggi è un miglioramento delle prestazioni, dell’efficienza e dell’economia soprattutto nei contesti in cui i servizi sono soggetti a variazioni da parte dei consumatori.

In secondo luogo, emerge l’approccio multy-tenancy in cui una singola istanza del software viene eseguita su un server offrendo, però, il servizio a più client. Ciò consente un appiattimento della domanda, minimizzando la necessità di avere infrastrutture extra, e garantisce una migliore previsione dei consumi.

È anche molto importante ottimizzare l’impiego del server stesso. I processori utilizzati, inoltre, sono a basso dispendio e questa tecnologia permette anche di rallentare la velocità della CPU e spegnere i sistemi inattivi.

Ultimo elemento fondamentale è l’efficienza del data center stesso che può essere data dall’utilizzo di contenitori di server dal design modulare. Macchinari per il raffreddamento ad aria o acqua sono tutti approcci che migliorano i consumi, come illustrato nel post di Paolo Costa sullo stesso tema.

L’ora dei green service allocator

Se questi approcci vengono attuati, si può parlare di green cloud computing, ovvero di un impiego più ecologico del servizio cloud che vede come novità anche la presenza dei green service allocator. Questi fungono da intermediari tra l’utenza e il prodotto e si suddividono in vari componenti per supportare al meglio ogni esigenza, tra cui anche l’efficienza energetica e la gestione delle risorse.

In un green cloud si trovano anche macchinari sia fisici che virtuali. I calcolatori fisici forniscono l’infrastruttura hardware che permette la creazione di risorse virtuali dei vari server in modo tale da soddisfare le esigenze dei data center. Le macchine virtuali, invece, garantiscono più flessibilità e permettono di configurare varie risorse sullo stesso elaboratore fisico oltre ad essere in grado di eseguire contemporaneamente diverse applicazioni localizzate su differenti sistemi operativi.

Per quanto riguarda la ripartizione delle risorse, bisogna tener conto del fatto che nel data center, con l’incremento del numero di server attivi, aumenta sia il consumo di energia sia la potenza necessaria per permettere il corretto impiego delle macchine, così come le emissioni di energia termica e carbonio. È pertanto necessario utilizzare tecnologie eco-compatibili per il mantenimento dello sviluppo sostenibile: le richieste di lavoro sugli spazi cloud potrebbero essere raggruppate in ordine decrescente di priorità in maniera da ridurre la quantità di server attivi, sui quali si possono anche eseguire parallelamente altre attività. Questo perché quando viene acceso un server inattivo si consuma un abbondante quantitativo di elettricità per l’avvio e per il suo utilizzo, aumentando la diffusione di calore e di anidride carbonica.

[Foto di apertura di  Kaboompics .com da Pexels]

Valentina Cesati
Valentina Cesati
Laureata in Scienze della Comunicazione, appassionata viaggiatrice, ama affrontare nuove sfide, apprendere sempre di più e mettersi in gioco. Adora gli sport, il buon cibo e gli animali.

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