eFuels e cambiamento climatico: l’interpretazione giusta sta nell’intelligenza (artificiale)

da | Feb 16, 2022

Un dibattito crescente interessa gli eFuels, ma scegliere una posizione non è per niente semplice, specialmente in materia di cambiamento climatico. Possiamo usare l’intelligenza artificiale per chiarirci le idee e prendere decisioni migliori per il futuro del nostro pianeta?

Gli eFuels potrebbero salvare il mondo (?)

Una delle maggiori preoccupazioni dell’attivismo ambientale degli ultimi decenni è stata trovare fonti di energia rinnovabile e svilupparle in modo da poterle sostituire alle non rinnovabili. In questo frangente, lo sviluppo e i massicci investimenti nell’area degli eFuels potrebbero sembrare un incredibile avanzamento, la soluzione che serviva in uno dei settori più inquinanti della vita moderna. Eppure, per poter mitigare come si deve il cambiamento climatico in modo che le generazioni future possano avere acqua e vivere libere dalla paura di dover sopravvivere, le scelte e le novità vanno interpretate con una certa intelligenza, talvolta artificiale.

Ma facciamo un passo alla volta.

eFuels: che cosa sono?

Gli eFuels o electrofuels sono quei carburanti che vengono prodotti da fonti di energia rinnovabile. Quando facciamo rifornimento alla macchina, che si tratti di un motore diesel, benzina o gpl, ciò che mettiamo dentro al serbatoio è sempre e comunque un derivato del petrolio greggio. Il petrolio greggio viene estratto dalle profondità della terra ed è il risultato di millenni di decomposizione di materie animali e vegetali sottoposte ad alte temperature, pressione e mancanza di ossigeno. Il petrolio greggio, insieme al carbone e al gas naturale, contiene il carbonio e l’idrogeno necessari per la produzione di energia. Questi sono i tre materiali appartenenti alla categoria dei combustibili fossili e, intuitivamente, le loro riserve non sono infinite.

La quasi totalità del ciclo di vita dei carburanti più comuni ha delle conseguenze negative sull’ambiente. Dall’estrazione che altera il suolo terrestre, all’inquinamento causato dalla loro produzione, combustione e scarto, tutta la catena contribuisce al cambiamento climatico. Proprio per questo, il passaggio a fonti di energia rinnovabili costituisce spesso uno dei punti essenziali nei programmi di associazioni, attivisti e movimenti ambientalisti.

La svolta degli eFuels sta proprio qui, perché per la loro produzione non servono i combustibili fossili. Utilizzando energia elettrica rinnovabile, infatti, viene effettuata l’elettrolisi dell’acqua ovvero la scomposizione del liquido nei due elementi chimici che lo costituiscono: ossigeno e idrogeno gassoso. Successivamente, l’idrogeno che si ricava viene combinato con l’anidride carbonica o l’ammoniaca, seguendo procedimenti diversi che portano alla creazione di combustibili dalla composizione del tutto simile a quelli tradizionali, ma che vengono prodotti quindi da fonti rinnovabili.

Sulle prime, potremmo pensare di avercela fatta: uno dei settori più inquinanti, quello dei carburanti, ha finalmente i mezzi e le possibilità per essere carbon-neutral.  Come sostiene anche la eFuels Alliance, partendo da fonti rinnovabili e compensando attraverso l’impiego della Co2 naturalmente presente nell’aria in fase di produzione, è possibile creare dei carburanti eco-friendly che possiamo già usare sulla macchina che abbiamo al momento in garage, perché perfettamente compatibili.

Ma se cerchiamo il vero cambiamento climatico, quello onesto e consapevole, purtroppo, dobbiamo scavare sotto la superficie delle buone notizie. Sfortunatamente, non sempre ciò che troviamo corrisponde all’ Eureka! entusiastico con cui eravamo partiti.

Il dibattito sugli eFuels

Le origini degli electrofuels risalgono al 2009, con l’americana ARPA-E o Electrofuels Program of the Advanced Research Projects Agency-Energy. Da qui sono partiti i primi progetti per la produzione dei combustibili provenienti da fonti rinnovabili. Anche se più tardi l’agenzia si è dedicata a temi diversi, l’interesse internazionale è cresciuto nel corso del decennio successivo. Il culmine è stato raggiunto negli ultimi anni, con massicci investimenti anche da parte di grandi case automobilistiche quali Porsche e Audi.

A livello europeo possiamo osservare al momento un interessante dibattito riguardo agli effetti e al ruolo effettivo degli eFuels. Da un lato abbiamo FuelsEurope, che rappresenta 41 compagnie che gestiscono raffinerie in Europa. Dall’altro, Transport & Environment, un gruppo di attori che da trent’anni si dedica a rendere più sostenibili le decisioni europee in ambito di inquinamento ed emissioni nel settore dei trasporti, a colpi di campagne e ricerche scientifiche.

Dopo che FuelsEurope ha sostenuto a lungo l’incredibile validità degli eFuels, ancorando a questi carburanti sostenibili gran parte della propria visione e piani futuri (come ampiamento spiegato nel loro Vision 2050), T&E ha deciso di mettere alla prova le sue affermazioni e i dati riportati dalle loro ricerche. I risultati che sono stati pubblicati il 6 dicembre 2021 sono ben diversi. Secondo T&E e gli enti di ricerca che hanno supportato le loro osservazioni, infatti:

  • Le vetture alimentate con gli eFuels emettono la stessa quantità di Nox (ossidi di azoto) delle vetture alimentate a carburanti normali.
  • La combustione degli electrofuels produce quasi tre volte la quantità di monossido di carbonio rispetto ai carburanti prodotti da combustibili fossili. Inoltre, gli eFuels generano quasi il doppio di ammoniaca, che si può legare ad altre particelle costituendo un rischio non indifferente per la salute (asma, problemi di cuore, cancro).

Dato il carattere apparentemente sostenibile della produzione degli eFuels, gli esperti sottolineano come questo possa creare un sotterfugio per la produzione, tra l’altro costosissima, di materie che non fanno davvero quello di cui si vantano, in ambito di cambiamento climatico. Si tratta, tra l’altro, di una tecnologia estremamente esclusiva anche a livello di prezzo: nel corso di cinque anni, alimentare la nostra vettura con gli eFuels potrebbe arrivare a costarci fino a 10 mila euro in più, rispetto ai carburanti normali. Una scelta sempre meno accattivante.

Soltanto tre giorni dopo le accuse di T&E, FuelsEurope risponde con un comunicato stampa dove accusa il gruppo di aver effettuato un’analisi impropria dei loro dati, quando in realtà gli eFuels sono in linea con gli standard europei. La Co2 prodotta infatti, sarebbe molto inferiore alle stime di T&E, mentre le emissioni generali di un veicolo alimentato ad eFuels sarebbero del 50% inferiori rispetto ai carburanti convenzionali. Questo vuol dire che anche tutte le altre sostanze tossiche che T&E aveva individuato (ammoniaca, monossido di carbonio, idrocarburi) subiscono riduzioni drammatiche tra il 40% e il 95%.

La risposta di FuelsEurope non passa di certo ignorata. Il 12 dicembre 2021, T&E ribatte con un documento dove, una alla volta, smonta le affermazioni del comunicato di FuelsEurope, proponendo nuovamente i propri dati, forti di ulteriori osservazioni. Inoltre, T&E sottolinea nuovamente come il loro intento non fosse quello di testare quanto gli eFuels fossero in regola con gli standard e i requisiti. Lo scopo era quello di capire in che misura gli eFuels fossero migliori rispetto ai carburanti normali. Perché se si implementa una tecnologia costosissima con l’intento di farla passare per l’innovazione che salverà il mondo, allora, il miglioramento che ci si aspetta non può che essere netto ed estremamente tangibile, giusto?

Non proprio. Perché per T&E, la realtà sugli eFuels resta la stessa: le macchine convenzionali alimentate ad eFuels producono più Co2 e altri gas tossici. In generale, i benefici per il clima saranno addirittura inferiori, per una tecnologia che andrà a necessitare di un enorme quantitativo di energia rinnovabile per essere prodotta. Tanto vale, allora, dedicare quell’energia rinnovabile alla macchina elettrica, no?

Per chi tifare?

Osservando il dibattito tra FuelsEurope e T&E sembra quasi di guardare una partita di tennis tra titani, dove è difficilissimo capire chi sia il più bravo. Mentre osserviamo la pallina (il futuro del nostro pianeta) rimbalzare di qua e di là, ci viene da chiederci: per chi dovremmo tifare? Tra l’altro, il fatto che due istituzioni con fondi e mezzi per condurre ricerche scientifiche di rilievo arrivino a risultati così diversi può destare sospetti. Il fatto che non ci siano eFuels resi disponibili per controlli da parte di altri enti scientifici è sospettoso. Il fatto che entrambe le parti continuino a mantenere opinioni fortemente contrastanti e con pochissimi punti di incontro, ancora una volta, è sospettoso.

Allora, di chi ci fidiamo?

La questione degli eFuels è emblematica di una dinamica che spesso troviamo nel dibattito sul cambiamento climatico. Dato che i problemi vengono guardati da una certa angolatura (i carburanti inquinano perché sono derivati di combustibili fossili, quindi il combustibile fossile è il problema da risolvere) le soluzioni che si individuano sono parziali (le emissioni e i gas serra sono gli stessi, se non di più). Cambiando punto di vista, cambia il bias nei confronti dei dati e ricerche disarmoniche sullo stesso problema causano delle discussioni che girano in tondo e sono praticamente impossibili da concludere. L’interesse non è più il cambiamento climatico, ma avere ragione a tutti i costi, con l’unico effetto ottenuto quello di perdere altro tempo prezioso.

Ci vuole un’altra intelligenza per il cambiamento climatico: quella artificiale

Ciò che manca, in realtà, è una visione di insieme, il saper considerare tutti i fattori di un fenomeno nello stesso momento, nella stessa operazione matematica, nello stesso processo decisionale. Ma per questioni complesse come il cambiamento climatico, tutto ciò esula da ciò che la mente umana o un gruppo di menti umane è in grado di fare. La nostra intelligenza, seppur incredibilmente raffinata, ha dei limiti.

Questo potrebbe essere però un punto di svolta, il momento in cui un’altra intelligenza entra in gioco: quella artificiale. Noi di Spindox lo diciamo da sempre: un corretto uso della tecnologia e dell’intelligenza artificiale è ciò che ci può portare oltre i nostri limiti, aiutarci a trasformare il nostro futuro in qualcosa di migliore, correggendo gli errori del passato. Se utilizzata seguendo buone pratiche, la tecnologia è ciò che ci può portare al livello successo, trasformarci da pensatori a super-pensatori, da calcolatori a super-calcolatori. Da eroi a super-eroi.

Che l’intelligenza artificiale possa salvaguardare clima e ambiente, però, sono in tanti a dirlo. A partire da McKinsey, che prevede una vera e propria necessità da parte degli attori del futuro di implementare una “tecnologia del clima” sulla strada verso la decarbonizzazione. Algoritmi e intelligenza artificiale dovranno essere utilizzati con agilità e perspicacia per poter tenere sotto controllo le tempistiche e i costi dell’innovazione sostenibile, rendere il cambiamento più accessibile e creare quel senso di cooperazione positiva tra le parti che ora ci manca, ma che sembra essere la componente fondamentale per arrivare a una soluzione definitiva.

Intelligenza artificiale e cambiamento climatico: potenzialità

Ci sono diversi modi in cui l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico possono aiutarci a diventare attori migliori per il cambiamento climatico. Dalla previsione di catastrofi naturali, all’efficientamento dei consumi elettrici e della produzione dei gas serra, dal design di città più sostenibili all’ottimizzazione dell’uso dell’energia rinnovabile, le applicazioni sono infinite. Anche a livello di supporto alle decisioni, l’intelligenza artificiale può aiutarci a diventare decisori migliori.

Malgrado il dispendio di energie delle unità di calcolo e i costi (sia economici che ambientali) dell’archiviazione ed elaborazione dei dati, l’evoluzione e l’adozione di massa dell’intelligenza artificiale potrebbe essere un’alternativa molto più intelligente, rispetto a concentrare l’attenzione su argomenti specifici come i carburanti, per poi arrivare a soluzioni incomplete e contrastanti. Specialmente quando esistono già delle guide operative su che direzioni prendere sulla strada verso la convergenza di tecnologia e decarbonizzazione nei prossimi 25 anni.

Cambiamento climatico in Italia: Expo Dubai e sostenibilità

Questo è il momento di agire. C’è la tecnologia, c’è l’intelligenza (artificiale e non) e c’è il desiderio. Anche in Italia sta crescendo l’interesse per sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente. Secondo la EIB Climate survey, infatti, ben l’81% degli italiani è dell’opinione che si debbano aumentare le misure di salvaguardia dell’ambiente. Questa, in realtà, è solo la punta dell’iceberg dei sentimenti italiani:

  • Il 91% avverte il cambiamento climatico come un fenomeno che ha un impatto concreto sulla propria vita quotidiana.
  • L’88% considera la lotta al cambiamento climatico come la più grande sfida del 21° secolo.
  • Il 72% sarebbe d’accordo sull’imposizione di tasse aggiuntive su prodotti e servizi che contribuiscono al riscaldamento globale.
  • Il 55% crede che non saremo in grado di ridurre le emissioni di Co2 secondo le stime ideali dei prossimi 25 anni.

Qualcosa però si sta muovendo a livello nazionale. Dall’8 febbraio, infatti, la sostenibilità ambientale è entrata a far parte della Costituzione Italiana. L’inizio di una presa di coscienza e una rielaborazione di obiettivi, performance e calcoli in virtù della variabile che più deve contare per noi cittadini globali del terzo millennio: l’ambiente.

Anche il contributo italiano all’Expo, quest’anno, è a tema green, con un padiglione che unisce il tema della bellezza a quello della sostenibilità. Basato sul concetto di architettura circolare, il tetto è composto da tre scafi rovesciati, che verranno poi riutilizzati come veri e propri scafi navali, una volta finita l’Expo. Le pareti composte da corde di plastica riciclata permettono all’area desertica di circolare. Queste, unitamente a pareti d’acqua che garantiscono il raffreddamento per evaporazione dell’ambiente, rendono il padiglione fresco e arieggiato senza la necessità di raffreddamento climatizzato. Il che è estremamente notevole, se si considera che a Dubai, al momento, si possono raggiungere temperature fino a 40°C. Uno dei temi principali degli eventi che il padiglione ospiterà in questi mesi sarà proprio il cambiamento climatico, per sottolineare ancora di più qualcosa che, come popolazione e come nazione, stiamo sentendo con forza sempre maggiore: noi siamo pronti.

Siamo pronti per il cambiamento sostenibile. Siamo pronti per riempire di bellezza intelligente le nostre vite e quelle delle generazioni future. Siamo pronti per aggiungere risultati grandiosi in maniera sostenibilmente intelligente.

Elena Masia
Elena Masia
Con studi ed esperienze di lavoro internazionali, è una poliglotta in giro per l'Europa con una sola missione: trovare le parole giuste per comunicare nel terzo millennio.

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