Il tema delle fake news ‘spinte’ dagli algoritmi di Facebook resta di attualità. Per Elad Gil, imprenditore della Bay Area, Zuckerberg ha un problema.

Nella disputa sul peso che le cosiddette fake news hanno esercitato in occasione delle ultime elezioni presidenziali in USA, e in particolare sulle responsabilità di Facebook, alla fine è sceso in campo anche Elad Gil. Noto imprenditore di San Francisco, già product manager di Google e vice president di Twitter, Gil non è certo uno alle prime armi, specie in materia di algoritmi e intelligenza artificiale applicata ai social media.

Intervenendo con un post il 18 novembre scorso, egli ha espresso chiaramente il suo punto di vista: il problema non sono gli algoritmi in sé, ma gli algoritmi di Facebook. I quali – ha detto Gil senza mezzi termini – «fanno schifo». Com’è noto la questione è che l’algoritmo di News Feed ha premiato spesso, in questi mesi, notizie clamorosamente false. È il caso dell’endorsment del Papa per Donald Trump, che ha ottenuto milioni di visualizzazioni. Alcuni osservatori hanno ipotizzato una relazione fra la cattiva qualità dell’informazione disponibile su Facebook e la vittoria dello stesso Trump.

In particolare l’atto di accusa lanciato da Mashable il 10 novembre scorso ha dato il la a una serie di recriminazioni dei media americani e stranieri nei confronti di Facebook e del presunto effetto nefasto dell’algoritmo di News Feed sui risultati del voto. L’articolo, firmato da Damon Beres, si intitola Facebook failed America this year — now it should kill the News Feed. La risposta di Mark Zuckerberg si trova in un post di Facebook del 13 novembre, mentre la controrisposta di Mashable, a firma di Karissa Bell, è dello stesso 13 novembre (Mark Zuckerberg still won’t admit that fake news on Facebook influenced the election).

Una studiosa e mediattivista che si sta occupando molto dell’argomento è Zeynep Tufekci, sempre da seguire per i suoi interventi molto documentati e puntuali. Il 15 novembre il New York Times ha pubblicato un suo intervento riepilogativo sul tema: Mark Zuckerberg Is in Denial.

Ma torniamo a Gil. La sua visione è chiara: se Facebook non ha risolto il problema è perché, in realtà, non ha mai voluto affrontarlo. Quindi Zuckerberg non è sincero quando afferma che identificare la verità e smascherare le fake news per via algoritmica è una cosa complicata. Secondo Gil altre società, come Google o Twitter, fanno molto di più e con risultati concreti.

Del resto, osserva sempre l’imprenditore americano, a un gruppo di giovanissimi hacker sono bastate trentasei ore, nel corso di un hackathon a Princeton, per trovare una soluzione. Gil si riferisce a Anant Goel, Nabanita De, Qinglin Chen e Mark Craft, i quali hanno progettato il loro News Feed «authenticity checker», denominato FiB, sotto forma di estensione per Chrome. L’algoritmo realizzato dai quattro ragazzi sembra in grado di dividere con una certa sicurezza le notizie in due categorie: «verificate» e «non verificate». Il software genera un alert sia nella fase di consumo della notizia, sia ogni volta che un utente intende condividerla.