A pochi giorni dalla scomparsa di Michele Ferrero, sentiamo il bisogno di unire il nostro sentimento a quello di tanti italiani e di pronunciare un semplice “grazie” per la lezione ricevuta. Parliamo di lezione perché da Ferrero abbiamo imparato un’etica del lavoro e un modo di essere imprenditori che onorano il nostro Paese.
Ogni giorno scommettiamo sul fatto che l’Italia è vittima solo del suo vittimismo. C’è un modo vincente di fare le cose, tipicamente italiano, scevro da inutili ostentazioni, concreto, oggettivo, attento alla qualità dei dettagli, legato a gesti antichi. Un modo di fare con radici territoriali solide, ma capace di innovare e proiettarsi nel mondo, fino a diventare un inimitabile marchio globale.
Michele Ferrero incarnava alla perfezione questo modo di fare. E lo aveva trasferito dalla sua azienda alle imprese sociali della Fondazione Ferrero: vere e proprie imprese, volte cioè a realizzare risultati positivi di bilancio; ma impegnate ad agire con uno spirito “sociale”. Insomma: “lavorare, creare, donare”, come recita ancora oggi il motto della Fondazione.
Ora Michele non c’è più. Ma resta la sua preziosa lezione, che ci fa sentire meno soli e più forti.