FLoC è un flop? Google ci riprova con Topics

da | Gen 27, 2022

Dimenticatevi FLoC, il sistema proposto da Google per superare la logica dei cookie di terze parti. Si chiama Topics il nuovo framework di Mountain View. Ma i dubbi sul piano della privacy restano.

Dopo meno di un anno, Google rinuncia a FLoC. Concepito per superare la logica dei cookie di terze parti, ormai deprecatissimi e già in gran parte bloccati nell’uso di browser come Safari e Firefox, FLoC finisce in pensione anticipata. Neanche il tempo di entrare in esercizio, che da Mountain View annunciano il suo successore: Topics.

FLoC (la sigla stava per Federated Learning of Cohorts) fu presentato lo scorso anno come la soluzione a ogni problema di protezione dei dati dell’utente nell’ambito della Privacy Sandbox di Google. FLoC non prevedeva infatti l’accesso dell’inserzionista ai dati di navigazione dell’utente. Tali dati venivano conservati nel browser dell’utente stesso e permettevano di associarlo a una coorte, ossia a un raggruppamento di individui simili per comportamento. Il browser forniva poi, via API, l’identificativo della relativa coorte a ciascuno dei siti visitati, senza però mettere a disposizione la storia di navigazione dell’utente. Ovviamente l’assegnazione di ciascun utente a una coorte era dinamica, nel senso che veniva aggiornata in modo automatico seguendo il comportamento dell’utente stesso.

Come funziona Topics?

La logica di Topics è in parte simile, nel senso che muove dalla stessa idea: fare del browser – Chrome, ovviamente – il punto di raccolta delle informazioni sul profilo di navigazione dell’utente, impedendone l’identificazione univoca da parte degli inserzionisti. Togliere potere ai cookie di terze parti per darlo a Google, insomma.

https://youtu.be/I9jzqbdxAdk

Topics prende nota degli argomenti (“topics”, appunto) trattati dai siti che visitiamo. Per esempio, se di recente abbiamo visitato siti che parlano di sport, il browser registra il fatto che “sport” è un topic di nostro interesse. Questa informazione determina il tipo di inserzioni pubblicitarie che visualizzeremo, senza che l’inserzionista sia informato sulla nostra identità. Né viene condivisa con altri la nostra storia di navigazione, come invece avviene con i cookie di terze parti. L’idea, poi, è che l’utente abbia il pieno controllo sui propri “topics”. Può infatti rimuoverli dal browser quando vuole, sia in modo selettivo sia nella loro totalità.

Le specifiche tecniche delle API di Topics sono disponibili su GitHub.

Non va tutto bene

Tutto bene, dunque? Fino a un certo punto. FLoC era stato criticato perché non impediva agli inserzionisti di utilizzare gli identificativi delle coorti per costruire profili di utenti. Da un certo punto di vista, ciò è vero anche per Topics. Lo fa notare fra gli altri Ratko Vidakovic, fondatore di AdProfs, intervistato dal Washington Post. Peraltro, osserva sempre Vidakovic, Topics fornisce così poche informazioni agli inserzionisti che rischia di essere meno utile a fini pubblicitari di quanto lo sarebbe stato FLoC. Ma non c’è solo la questione della privacy. Secondo un gruppo di editori tedeschi, per esempio, l’idea di Google di integrare in Chrome le funzioni dei cookie di terze parti si configurerebbe come una minaccia alla libera concorrenza nel mercato pubblicitario.  Per questo, come anticipato dal Financial Times, è stato già stato presentato un esposto al Commissario europeo per la concorrenza.

Lo scopo di Google, neppure troppo nascosto, è mettere i bastoni fra le ruote all’altra proposta che si sta facendo strada nella prospettiva di un mondo senza cookie: quella di Unified ID 2.0, portata avanti da The Trade Desk. Unified ID 2.0 è un framework open-source che editori, inserzionisti e piattaforme di online advertising possono usare per identificare gli utenti senza ricorrere a cookie di terze parti.

Non è un caso, del resto, che The Trade Desk abbia subito voluto evidenziare le limitazioni di Topics. Phil Duffield, che della società è vicepresidente, ha fatto notare come il nuovo sistema di Google funzionerebbe solo con Chrome e dunque renderebbe impossibile per l’utente un’esperienza multipiattaforma.

Paolo Costa
Paolo Costa
Socio fondatore e Direttore Marketing di Spindox. Insegno Comunicazione Digitale e Multimediale all’Università di Pavia. Da 15 anni mi occupo di cultura digitale e tecnologia. Ho fondato l’associazione culturale Twitteratura, che promuove l’uso di Twitter come strumento di lettura attraverso la riscrittura.

Potrebbe piacerti anche

L’AI Act è fatto. Ora facciamo l’AI

L’AI Act è fatto. Ora facciamo l’AI

L’UE ha approvato l’AI Act, che entrerà in vigore per gradi. Alla sua base, il principio di conformità alla legge e la classificazione dei sistemi secondo il rischio. Ma se fosse troppo presto per regolare il futuro dell’intelligenza artificiale con un grande regime normativo?