La riflessione sul futuro che ci attende è di casa a Milano. Lo dimostra il susseguirsi di eventi in cui si parla di innovazione in ambito tecnologico, ma non solo. Lo scorso 2 ottobre, per esempio, si è discusso di innovazione collegata al tema della mobilità, nell’ambito del convegno The Shape of Things to Come, promosso da Piaggio Fast Forward negli spazi di The Wall a Porta Nuova. Il titolo riprende ovviamente il titolo del famoso romanzo di fantascienza di Herbert G. Wells, che uscì negli Stati Uniti nel 1933. Peccato che Piaggio Fast Forward, la società del gruppo Piaggio che si occupa di ricerca e sviluppo nell’ambito della mobilità, abbia sede a Cambridge, Massachusetts, anziché in Italia. Sarebbe bello se anche da noi, oltre a parlare di innovazione, la si facesse.

Perché si è trattato di un appuntamento importante? Perché a The Shape of Things to Come non si è parlato di ciò che è già percepibile all’orizzonte: niente auto elettriche, niente biciclette ibride, niente scooter a emissioni zero. Si è guardato avanti, molto più avanti di quanto si possa solo immaginare. Questo è stato possibile grazie alla caratura degli ospiti presenti, esperti e visionari di fama mondiale che andranno a comporre il team rivoluzionario dell’innovativo progetto Piaggio Fast Forward.

“Le cose più difficili da fare sono quelle più semplici”, ha detto Roberto Colaninno, Chairman di Piaggio Group, citando Henry Ford. “Siamo riusciti a mettere un gruppo di amici attorno a un tavolo per parlare di quello che succederà tra 10-20 anni nel mondo. Ci siamo detti: troviamoci insieme e pensiamo a una moto che vola!”
Colaninno ha formato un gruppo eterogeneo composto da personalità di assoluto spessore che primeggiano nei loro settori di competenza. Ma non sono solo le competenze a rendere questo team unico nel suo genere. La capacità di vedere oltre e di immaginare ciò che non esiste e che nessuno ha ancora neppure immaginato costituisce il punto forte della squadra.

Il primo a calcare il palcoscenico è stato proprio il CEO di Piaggio Fast Forward, Jeffrey Schnapp, che ha affrontato subito il tema dei big data. “Tutte le nostre attività quotidiane producono dati”, ha osservato Schnapp. “Il problema è che i dati grezzi non servono a niente. Dobbiamo trasformarli in risorse utili e significative per il futuro”. Schnapp ha mostrato al pubblico una particolare mappatura dei dati legati all’utilizzo della tastiera del suo laptop. I dati vengono visti come la materia più importante del ventunesimo secolo, il nuovo petrolio. “I big data mutano la nostra percezione”, ha detto ancora Schnapp. “Cambiano il mondo che ci circonda e ci permettono di capirlo”.

Piaggio Fast Forward punta proprio a risolvere quello che viene considerato uno dei più urgenti problemi dell’umanità, al pari del surriscaldamento globale: la mobilità del nuovo millennio.

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Che cosa troveremo tra qualche anno sotto quelle due persone che per il momento rimangono sospese per aria? Questa è la domanda che dobbiamo porci. Ciò a cui il team sta lavorando è una via di mezzo tra la popolare e comoda auto e l’innovazione volante dei droni. Per capire quale possa essere la soluzione più adatta alle nostre esigenze bisogna studiare il tipo di esperienza che meglio si adatta alla nostra quotidianità.

Slide the shape

Beth Altringer, professore di Psicologia e Design all’Università di Harvard, ha cercato di spiegare come si è evoluto il tipo di esperienza a cui siamo abituati attraverso il design e l’innovazione. L’esperienza multisensoriale è ciò che accompagna le nostre giornate. Tuttavia per raggiungere un risultato completo alla multisensorialità vanno aggiunte la dimensione emozionale e la capacità di generare significati. Solo in questo modo si ottiene un connubio che rende desiderabili i prodotti e i servizi di oggi. Il design multisensoriale diventa dunque la via per farci sentire in un posto dove in realtà non siamo. A ciò si collega una sempre più intensa applicazione del marketing esperienziale.

Ma non si può evocare il mondo dell’innovazione senza parlare di startup. E proprio di startup si è occupata nel suo intervento Sasha Hoffman, imprenditrice seriale e investitrice in imprese innovative. “Più riuscite a risolvere un problema in maniera istantanea, maggiori possibilità avrete di ottenere successo”, ha detto Hoffman rivolgendosi ai giovani imprenditori. Ed ecco il padre di tutti i consigli per chi sta sviluppando un’applicazione mobile: minimizzare le possibilità di scelta, disegnare un’interfaccia minimalista ed estremamente intuitiva. qualsiasi.

Greg Lynn, innovative designer e professore alla Yale University, ha affrontato invece il tema del design innovativo a misura d’uomo. “È finita l’era in cui si costruivano cose complicate che ci rendevano la vita difficile”, ha detto Lynn. “Oggi dobbiamo usare le nuove tecnologie digitali per semplificare”. Per Lynn lo slogan è: “less is more!”. Detto in altri termini, compatto e robusto è molto meglio di grande. La stampa 3D è ormai il presente e permette di costruire qualsiasi cosa, ed è proprio sul suo utilizzo che bisognerebbe puntare per costruire nuovi oggetti che risolvono nuovi problemi.

Doug Brent, vice presidente dell’Innovazione tecnologica in Trimble, ha spostato il focus sull’ambito industriale rimanendo però legato alla rivoluzione della stampa 3D. “L’internet dei grandi oggetti non è altro che la stampa 3D del mondo”, ha affermato Brent. “Anche un trattore caterpillar connesso alla rete non è altro che una grande stampante 3D”. E quest’idea rivoluziona le prospettive dell’internet of things, che sono evidentemente molto più ampie di quanto si possa vedere dai prodotti attualmente sul mercato.

Nicholas Negroponte, una delle menti più aperte e apprezzate nell’ambito dell’Innovazione, era senz’altro l’ospite più atteso della mattinata. E, come sempre succede in questi casi, è stato l’ultimo a salire sul palco. Le aspettative del pubblico non sono state deluse. Non capita tutti i giorni di sentir parlare di una pillola che, fra non molto tempo, ci permetterà di imparare l’inglese in un minuto.

Così ha decretato Negroponte: “Il biotech è il nuovo digital, il digital di domani. Riusciremo a fare molto meglio di quanto ha fatto la natura nel processo di evoluzione. Riusciremo a sconfiggere qualsiasi malattia o disabilità umana.” Negroponte è uno di quelli che riescono a viaggiare nel futuro. Lo ha già tante volte nel corso della sua esistenza. Quindici anni fa già immaginava esattamente, o quasi, come avremmo comunicato oggi e che tipo di strumenti avremmo utilizzato. Come vede allora il prossimo futuro? Per la verità a “The Shape of Things to Come” non si è esposto troppo. Ha preferito attaccare i capisaldi del presente. Senza risparmiare colpi a nessuno, dal sistema dell’educazione al mondo delle startup. “Le startup sono un problema globale e nessuno se ne rende conto”, ha detto provocatoriamente Negroponte. “Stiamo bruciando grandi talenti dietro applicazioni per il telefono. Questi talenti potrebbero esser impiegati per risolvere i grandi problemi del mondo e avremmo già salvato il nostro pianeta a quest’ora. Invece no, sviluppano applicazioni per smartphone e tablet”. E l’educazione? “La competizione è la radice del fallimento del sistema educativo”, ha decretato il futurologo americano. Per Negroponte il modello corretto è quello della Finlandia, dove nei primi anni di scuola non esiste alcun test. I bambini non sono messi sotto pressione, non vengono spinti alla competizione. Si insegna loro a collaborare, a trovare soluzioni comuni a piccoli e grandi problemi. I numeri pare che premino proprio i paesi in cui non ci sono test, che risultano esser per chissà quale coincidenza anche i paesi in cui i bambini ottengono migliori risultati.

la connettività è un diritto umano

Negroponte pare avere le idee molto chiare su come dovrebbe girare il mondo per esser un mondo migliore. Tra i diritti fondamentali dell’uomo include la connettività, la possibilità di esser connessi. La percentuale di popolazione mondiale connessa alla rete è ancora più bassa di quanto immaginiamo. “La connettività però dovrebbe esser intesa come possibilità di accesso alla conoscenza e non come business per le multinazionali delle telecomunicazioni”, ha concluso Negroponte lanciando un salvagente ai creativi in un mondo di manager: “Le scuole di business hanno terminato i loro giorni. Il futuro appartiene agli artisti, ai creativi, ai designer”.