Che cos’è il Gender gap?
Nella sua accezione più generica, il Gender Gap è la differenza di trattamento tra uomini e donne a livello sociale, politico, culturale, economico, intellettuale e in tutte le altre dimensioni nelle quali si sviluppa l’esistenza umana.
Dalla sociologia alla sostenibilità
Introdotto in ambito sociologico, il Gender Gap (traducibile come divario di genere) indicava la differenza nelle opinioni e inclinazioni tra uomini e donne riguardo una serie di questioni pubbliche e private, come anche in termini di opinioni politiche. Negli ultimi decenni, il termine è stato traslato alla sostenibilità, nella sua accezione più etica e legata all’inclusione, all’integrazione di minoranze e alle pari opportunità.
Parlare di Gender Gap in sostenibilità non significa, quindi, parlare solo di differenze “pure”, nel senso di non conformità. Il Gender Gap ha anche a che fare con disuguaglianza, con discriminazioni e con una distribuzione del potere non uniforme. Un sintomo, quindi, di una società che si evolve polarizzandosi: dove viene offerto sempre di più da chi è stato favorito dalla storia, e sempre meno a chi è rimasto vittima di stereotipi e bias impliciti.
Perciò, Gender Gap diventa un termine ad ombrello che comprende innumerevoli questioni di integrazione a livello multilaterale. Questo impedisce o ritarda il raggiungimento di obiettivi e realizzazione personale per le donne, rispetto alle possibilità offerte alla controparte maschile.
Tra l’altro, le donne non sono l’unica parte svantaggiata dalla dialettica del Gender Gap. Sarebbe più corretto definirlo come un vantaggio attribuito agli uomini e non alle altre forme di genere in cui si esprime la specie umana. Persone gender-fluid e transessuali possono rimanere vittime di questa retorica genderizzata tanto quanto le donne, se non di più.
Il Gender Gap sul lavoro
Il Gender Wage Gap consiste in una differenza sistemica della media delle retribuzioni tra uomo e donna. Questa differenza si manifesta al pari della stessa posizione lavorativa e/o livello di anzianità.
In contrasto rispetto alla maggior parte dei trend economici, volatili come imprevedibili, il Gender Wage Gap si è confermato da decenni come una vera e propria moda del modello macro-economico. Negli ultimi anni, con l’aumento delle occasioni e condizioni per cui viene permesso alle donne di entrare all’interno del mercato del lavoro, questa differenza si sta lentamente assottigliando. E questo in virtù di diversi fattori:
- Aumento delle abilità e capacità legate alla posizione lavorativa ricoperta. Questo ha a che vedere anche con l’aumento del tasso di scolarizzazione femminile negli ultimi decenni.
- Per alcuni, la riduzione è dovuta anche al processo di de-industrializzazione che ha caratterizzato l’economia globale tra gli anni ‘70 e ‘80. Con la riduzione del manifatturiero in favore di un’economia dei servizi, infatti, molti lavoratori (uomini) avrebbero subito un calo retributivo. Che i lavoratori affetti fossero soprattutto uomini, è qualcosa di abbastanza intuitivo: semplicemente, a quei tempo erano molte meno le donne ad avere un impiego.
Ma questo non significa che dobbiamo considerare la questione come risolta o in via di risoluzione. La stima delle Nazioni Unite per l’estinzione del divario di genere è di ben 257 anni, se continuiamo di questo passo.
Una questione di segregazione
Rimanendo in tema lavorativo, la discriminazione delle donne non si ferma al livello retributivo. La questione ha anche a che fare ciò che viene spesso definitio come un processo di segregazione, per cui alle donne non è concesso di accedere a determinate professioni o di fare carriera e salire di livello. Nello specifico, si identificano quindi due tipi di segregazione:
- Segregazione occupazionale orizzontale: il processo che vede donne e uomini lavorare in ambiti prevalentemente dominati da uno dei due generi. Questo porta anche un divario retributivo perché, intuitivamente, le carriere prevalentemente maschili (ingegneria, architettura, legge, ecc.) tendono ad essere retribuite in misura maggiore rispetto a carriere prevalentemente femminili (infermieristica, educazione, lavori sociali, ecc.).
- Segregazione verticale o gerarchica, definita anche come authority gap: questo fenomeno si riferisce al fatto che gli uomini hanno molte più possibilità di fare carriera all’interno di uno stesso contesto, e di trovarsi in posizioni lavorative di autorità, un trend che non è basato su considerazioni critiche e oggettive quali il livello di anzianità, performance, ecc. Inevitabilmente, anche questo si traduce in disparità retributive.
Oltre a fenomeni culturalmente visibili e osservati in ambito sociologico (e non) come quelli di segregazione, dobbiamo però considerare anche dinamiche di auto-selezione. Una donna cresciuta ed educata in un contesto dove il divario di genere è parte integrante della retorica socio-culturale può “auto-escludere” determinate carriere accademiche o lavorative proprio perché ha internalizzato il divario di genere, sentendosi quindi in primis non conforme o adatta a determinate aree del sapere e/o del lavoro.
In occasione della Giornata Mondiale della Donna 2022, abbiamo dedicato un articolo all’esplorazione delle cause ed effetti del divario di genere sul lavoro. Una discriminazione che nasce anche da opportunità sbilanciate di accesso agli studi. Per capire la gravità di questo fenomeno, possiamo prendere in prestito dei dati dall’Unesco: 2/3 dei 771 milioni di persone che al momento non sanno né leggere né scrivere sono donne.
Il Gender Gap è alimentato anche dal sessismo
Sessismo e divario di genere sono due concetti che, talvolta, si intersecano e si influenzano a vicenda. Il sessismo viene definito come una discriminazione e/o pregiudizio basato sul sesso o sul genere, specialmente contro donne e bambine/ragazze. Il punto di partenza è simile a quello del divario di genere, ovvero la convinzione che un sesso sia superiore rispetto a un altro. Questo porta a un limite sulle libertà di scelta e azione da parte di persone dei sessi “svantaggiati”.
All’interno delle società moderne, il sessismo viene solitamente in supporto al concetto patriarchico di dominio maschile sulla società e sul mondo. Questo concetto viene supportato in maniera sistemica tramite pratiche ideologiche e materiali da parte di individui, collettività, e istituzioni. Ovviamente, quest’oppressione contribuisce anche al gender gap: oltre a partire da premesse molto simili, si manifesta anche in sfruttamento economico o dominazione.
Il diavolo sta nei dettagli
Ma attenzione, perché parlare di sessismo o di Gender Gap come di “bestie rare” e ingiuste, di processi di livello macro visibili solo perché estremamente ingiusto e scientificamente osservabili, non è del tutto corretto. Anzi.
Sessismo e Gender Gap possono manifestarsi anche su piccola scala, ma è proprio nei piccoli gesti che si nascondono le discriminazioni più grandi. In questo caso si tratta di bias impliciti: concezioni o stereotipi culturali internalizzati che incoraggiano l’attribuzione di determinate caratteristiche a un gruppo sociale. I bias impliciti di genere, nel loro essere piccoli e apparentemente poco degni di nota, sono frutto di un’eredità secolare di concezioni sbilanciate e improprie dei ruoli, delle capacità e dei possibili desideri e aspirazioni delle donne.
Alcuni esempi includono:
- Micro-aggressioni: affermazioni, azioni o episodi che lasciano trasparire un senso implicito di discriminazione nei confronti di un membro di una minoranza o di un gruppo marginalizzato. Malgrado si tratti di un fenomeno vario tanto quanto le interazioni tra un individuo e l’altro, si possono individuare tre categorie fondamentali:
- Micro-assalto: esplicito attacco verbale o non verbale con lo scopo di ferire la vittima.
- Micro-insulto: conversazione o interazione implicitamente permeata dall’insensibilità o da un senso di superiorità nei confronti dell’individuo a cui è diretta.
- Micro-invalidamento: conversazioni o affermazioni che negano, escludono o riducono la dimensione psicologica e l’intelletto di un membro di un gruppo minoritario.
- Mansplaining: fenomeno dove un uomo fornisce una spiegazione a una donna, con un tono derogativo, lasciando trasparire un certo senso di immotivata superiorità relativamente al contesto della conversazione. Talvolta, questa spiegazione riguarda qualcosa di ovvio, o un argomento di cui la controparte è esperta, partendo dal presupposto che l’uomo, in quanto tale, sia sempre la voce più autorevole e “ne sappia di più” sull’argomento.