Dall’ultima edizione dei Cannes Lions una forte conferma: la creatività si fa sempre più tecnologica. E cresce l’impatto dei Big Data su processi e contenuti dell’advertising. Ecco gli esempi più belli.
Alla fine è successo. Come auspicavo 5 anni fa, la periferia dell’impero è diventata il suo nuovo centro. Intendo l’impero dell’advertising, naturalmente: riguardando online i premi dell’ultima edizione di Cannes Lions, conclusa da poco, i premi più interessanti erano quelli più geek. Certo, l’audiovisivo la fa da padrone: è onnipresente in tutte le categorie. Eppure, non come creatività (nemmeno nella categoria Film, dove uno si aspetterebbe che lo fosse), ma come documentazione, sempre ben prodotta e ben raccontata, di creatività tecnologiche. Se la tecnologia è ora medium e contenuto, il video ne è il documentario. Persino Leo Burnett, nei suoi ormai imprescindibili Cannes Predictions, quest’anno scrive che “The impact of technology has been the biggest theme to emerge from Cannes over the past ten years” e che “Madison Avenue is connecting with Silicon Valley in fresh ways, as emerging platforms become new creative canvases”. Volete una dimostrazione di queste affermazioni? Ve ne offro due, entrambe shortlist nella categoria “Creative Data”. Dato che ora ho il pallino di quella che definisco Responsive Creativity, sono entrambe espressione dell’impatto che i Big Data stanno avendo sul processo e sui contenuti della creatività.
La prima shortlist è “Tennessee Vacation Matchmaker”, di VML America. Si tratta di un video pre-roll, generato in tempo reale per adattarsi ai comportamenti online degli utenti. In pratica, la piattaforma analizza un database di centinaia di contenuti video già pronti, e sceglie quello che meglio risponde al profilo dell’utente i cui dati vengono “mappati”. Oltre a questo, un filtro geo-tag assicura che le attrazioni turistiche mostrate siano “within driving distance” dalla posizione dell’utente. Il discorso sulla privacy e sul concetto di identità aumentata lo affrontiamo in un’altra sede. Quello che non si può ignorare è come i big data stiano cambiando il modo di fare e di veicolare la creatività pubblicitaria.
Bittersweet Pies. case study from nir refuah on Vimeo.
La seconda è “Bittersweet Pies” di MRM/McCann Romania. Mi ha colpito perché è la dimostrazione che i big data possono essere un’attitudine creativa generale, anche con ricadute al di fuori della dimensione digitale. L’idea, infatti, è di rappresentare i dati sulla disparità tra i sessi in materia di stipendi in Romania con dei grafici a torta (pie chart) nel senso più letterale del termine. Ogni torta è dedicata a un aspetto del genere gap, dando alla dimensione dei dati concretezza e sostanza emotiva. E creando il primo esempio di pasticceria “social”.