La velocità con cui l’innovazione tecnologica si propone a noi con invenzioni pensate per migliorare la nostra vita cresce in misura esponenziale. Siamo tutti dentro una formidabile accelerazione. Qualcuno parla di singolarità tecnologica, riferendosi al punto in cui il progresso tecnologico inizia a muoversi oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani.

Ma questa accelerazione corrisponde a un miglioramento della qualità della vita di noi abitanti del pianeta Terra? Si tratta di un vero arricchimento? Tutte le invenzioni in cui si traduce il progresso tecnologico risolvono reali problemi dell’umanità?

Joel Mokyr – storico ed economista di fama mondiale, fra i massimi esperti del tema – ha provato a rispondere a questa domanda il 14 settembre scorso, in occasione di un incontro promosso dalla Fondazione Edison. Per la precisione e non senza una certa dose di ironia, Mokyr si è domandato se per caso il cambiamento tecnologico non sia qualcosa che appartiene ormai al passato.

Partiamo da un primo assunto abbastanza chiaro secondo lo storico della scienza olandese: il progresso tecnologico non è direttamente proporzionale all’evoluzione della nostra specie. Non sempre ci aiuta a vivere meglio e a risolvere alcuni grandi problemi dell’epoca in cui viviamo. O almeno non sul breve periodo. “Questo però – dice Mokyr – non significa che dobbiamo adottare la mentalità dei pessimisti o degli ingenui, quella di coloro che oscillando fra l’angoscia per il drammatico sovrappopolamento mondiale e suo opposto. L’innovazione è l’unica che può fare la differenza.” Esiste dunque una luce di speranza. Questa è rappresentata da alcune dinamiche che oggi sono simili a quelle dei momenti del passato in cui l’essere umano ha vissuto un grande sviluppo.

La dinamica più importante è rappresentata dalla diffusione e dalla concorrenza delle idee. Questa è resa possibile dalla comunicazione globale. Oggi l’accesso alle informazioni, e quindi anche alle nuove invenzioni, è enormemente più semplice, veloce ed economico rispetto al passato. “Se una nuova invenzione viene scoperta in un posto, viene scoperta ovunque. La diffusione è immediata e con un raggio che copre tutto il globo. Se i problemi verranno risolti in una sola parte del mondo, verranno risolti in tutto il mondo.”

Allo stesso tempo l’accesso alle scoperte viene regolato e gestito in modo differente a seconda del paese e della realtà in cui queste vengono raggiunte. L’accesso a determinate informazioni ha un costo, ma oggi almeno è possibile. Questo fattore è fondamentale per il dinamismo tecnologico, e il progresso informatico favorisce questo dinamismo. Basti pensare all’enorme quantità di dati, e quindi informazioni, che sono raccolte dai database pubblici che Mokyr definisce “un grande passo in avanti nel processo di codificazione della conoscenza.”

Ipoteticamente in America, Russia e Cina in questo momento potrebbero svolgersi esattamente le stesse identiche ricerche scientifiche o tecnologiche per arrivare alla soluzione di uno stesso problema. Questo potrebbe essere facilmente evitato, ma dipende da numerosi fattori esterni rispetto all’ambito scientifico/tecnologico.

Cosa spinge allora scienziati e inventori nella loro continua ricerca verso ciò che ancora non è stato scoperto? Non i soldi. Questo ormai pare chiaro. Una grande motivazione arriva dai riconoscimenti mondiali a cui si può aspirare. “La globalizzazione crea delle global superstar. Un premio Nobel per queste persone rappresenta molto di più che poter andare a cena con la regina d’Inghilterra o a pranzo con un capo di stato.” commenta Mokyr.

La globalizzazione rischia però di omologare all’interno di schemi troppo rigidi culture e mondi ancora molto diversi tra di loro. Mokyr osserva: “non credo che finiremo tutti per mangiare hamburger e parlare inglese. Le identità locali sono ancora molto forti. Le persone possono ancora scegliere se andare al fast food o andare al ristorantino della zona.” La possibilità di scegliere è dunque quel fattore che ci rende liberi pur all’interno di uno schema globale. Quali conseguenze antropologiche saranno determinate dall’uso delle nuove tecnologie? L’ospite risponde in questo modo: “La tecnologia sta andando in una direzione in cui chi la crea deve essere sempre più preparato e conoscere sempre di più, mentre chi la consuma ha bisogno di sapere e conoscere sempre di meno.”

Che influenza hanno le istituzioni e la politica all’interno di questo meccanismo di evoluzione? “Sono stato in Cina, sono entrato su Google ma non funzionava. In Cina non esiste Google, non si può usare. Non esiste la libera condivisione delle informazioni.”

Parliamo quindi di un ruolo fondamentale dei governi e delle istituzioni pubbliche. Non c’è dubbio che esistano già scoperte tecnologiche che potrebbero risolvere alcuni dei più tragici problemi che affliggono il nostro pianeta. Parliamo di “focusing devices”, quelli che la società considera essere i principali problemi dei giorni nostri che andrebbero risolti. Dall’acidificazione degli oceani all’immagazzinamento di energia, passando per l’effetto serra. L’innovazione nasce dalla necessità di risolvere un importante problema.

Perché tecnologie e invenzioni già presenti nel mondo non vengono utilizzate in tal senso? Gli interessi economici sono spesso un freno potente alla diffusione del progresso, ma non si tratta solo di questo. A regolare queste dinamiche sono la politica e le istituzioni. Solo loro possono svolgere quel ruolo di “selettore” che decide su quali tecnologie puntare e quali no.

Anche il fondamentalismo religioso, secondo Mokyr, potrebbe rappresentare un imponente limite nella diffusione del progresso. “Abbiamo gli strumenti per risolvere i problemi e abbiamo bisogno di farlo”, continua Mokyr. “Le istituzioni e la politica non sono mai più avanzate alla stessa velocità avuta nel 1750.”

Una grande responsabilità è data anche all’insegnamento. “Studiare storia è più importante che studiare le scienze”, osserva sempre Mokyr. La storia ci insegna come sono andate le cose e ci aiuta a capire come potrebbero andare oggi e in futuro. Bisogna conoscere prima di inventare qualcosa di nuovo, e bisogna insegnare alla gente a pensare fuori dagli schemi. “In America, mi imbarazza dirlo, ben il 52% della popolazione ancora non considera attendibile la legge evolutiva di Charles Darwin. Facciamoci qualche domanda.” E così conclude Mokyr: “Innovazione significa insegnare alle persone a mettere in discussione l’autorità.”