Il 31 Maggio sera a Saint Vincent Alessandra Farris, CEO e co-founder di IntendiMe, riceveva il “Premio Popolarità” nell’ambito del concorso “Donna dell’anno”. È il suggello, l’ennesimo, di un percorso sociale e imprenditoriale iniziato nel 2014 presso l’Università di Cagliari e da allora sempre intrapreso a fianco del gruppo originario di colleghi con cui si aggiudicò l’edizione del Contamination Lab di quell’anno: Giorgia Ambu e Antonio Pinese.

“Quest’avventura iniziata con i miei compagni…sinceramente non pensavo si sarebbe trasformata in tutto questo. Posto che c’è ancora tantissimo da fare, all’inizio consideravamo semplicemente l’opportunità di imparare il più possibile vivendo una bella esperienza.”

E invece, dopo il successo all’edizione 2014 del Contamination Lab…

“È stato un primo importante riconoscimento. Il Contamination Lab non è soltanto un percorso formativo bensì una fucina in cui fondere le competenze e le attitudini di studenti provenienti da diversi settori disciplinari, maturare nuove idee e sfornare infine progetti innovativi. Ho detto “infine”, ma, col senno di poi, quello per noi fu solo l’inizio. Quando ci rendemmo conto delle reali potenzialità del progetto, è allora che iniziò il vero percorso di IntendiMe. L’ho sempre considerato e vissuto come una sorta di corsa agli ostacoli, gratificante quanto faticosa.”

Poi è arrivata Telecom con il suo programma di accelerazione

“E i ritmi della corsa sono aumentati sensibilmente. Primo puntino sulle “i”: creare una startup non è una passeggiata. Dietro c’è un lavoro massacrante. Non lo dico per dissuadere, ma per persuadere (nel senso di indurre qualcuno a riconoscere uno stato di fatto, n.d.a.). Le nozioni, i metodi, tutto quello che hai imparato all’università o attraverso lo studio, quando passi sul piano della pratica e ti metti a fare qualcosa per davvero, solo allora realizzi quanto sia difficile. Dai libri e dalle slide alla costituzione di una società: in un batter di ciglia il tempo diventa tiranno. Si contrae e sembra non bastare mai; le risorse scarseggiano. Allora devi ingegnarti e arrangiarti per andare avanti perché incontri sempre qualche ostacolo che, a un certo punto del percorso, ti blocca. In questi momenti diventa di fondamentale importanza mantenere un sano distacco per non lasciarsi abbattere dalle contingenze e soprattutto mantenere l’equilibrio e l’unità del team. Allo stesso modo devi imparare a non gasarti troppo quando le cose prendono la direzione auspicata.”

Secondo puntino sulle “i”, a corollario del primo: bisogna farsi il culo

“Ho studiato Lettere Classiche e forse l’avrei detta con altre parole ma, caspita, assolutamente sì! Stiamo mettendo tutto noi stessi in quest’impresa: da semi-sconosciuti che eravamo, adesso lavoriamo insieme 12, a volte anche 14 ore al giorno. Siamo diventati una seconda famiglia. A rimetterci è quasi sempre la vita privata – o le ore di sonno. Ma è un prezzo che siamo disposti a pagare. Chi ce lo fa fare? Nessuno. Lo facciamo perché ognuno di noi, chi in un modo chi in un altro, ha più che una buona ragione per credere fermamente in IntendiMe. Leonardo Buffetti per esempio, il quarto membro del team che abbiamo adottato dal Lazio, è sordo sin dalla nascita. I miei genitori sono entrambi sordi. La componente sociale, oltre a nobilitare il lavoro, ha così funzionato come un potente acceleratore, forse il più potente fra i tanti possibili; un driver che ci ha permesso di superare limiti di fronte ai quali magari invece avremmo alzato bandiera bianca. Non fosse per un coinvolgimento così forte – in parte perché così personale – saremmo veramente da internare se lavorassimo tutte queste ore.”

A proposito di sordi, è giunto il momento di spiegare cos’è IntendiMe

“IntendiMe è una soluzione tecnologica piuttosto semplice ad un problema reale che oggi, nel mondo, riguarda milioni e milioni di persone: il deficit uditivo, in qualunque forma e grado si manifesti. Forti di conoscere veramente le abitudini e le esigenze delle persone sorde, ci siamo ispirati a valori quali accessibilità, inclusione sociale e lavorativa, uguaglianza e integrazione tra sordi e udenti. In particolar modo, ci siamo concentrati su una caratteristica: con le poche risorse di cui disponevamo, abbiamo lavorato a una soluzione che fosse davvero smart, cioè versatile e universale  – UniVersatile. Il paradigma prescelto è stato quello dell’IoT. Tramite un semplice apparato di sensoristica, abbiamo fatto sì che messaggi che comunemente viaggiano su canali uditivi venissero tradotti in stimoli sensoriali tattili o visivi. Lo squillo del citofono diventa così la vibrazione e la luminosità del nostro smartwatch, in tempo reale.”

E tutto questo, mi sembra di capire, è solo (scusate se è poco) la punta dell’iceberg

“È solo l’inizio, di certo non finisce qui. Come ho già detto, c’è ancora tanto da fare, tanto da imparare. Anche se, quando penso a quello che abbiamo fatto e imparato finora, ho l’impressione che ci metterei una vita a ripercorrere e riapprendere tutto.”

Vita intensa!

“E un po’ folle e un po’ incasinata. La vita dello startupparo, un giovane sognatore che cammina a piedi nudi su cocci di vetro aguzzi.”