Israele è diventato una delle maggiori fucine di startup tecnologiche al mondo. Ora si tratta di fare il grande salto: imparare a scalare.

Non è facile trovare fonti neutrali, quando si parla di Israele. Nella maggior parte dei casi sono fonti di Israele stesso, oppure dei suoi nemici. Ciò vale non solo per le controverse questioni geopolitiche che hanno accompagnato la breve storia di questo paese, ma anche la sua scena tecnologica. Certo è che l’ecosistema dell’innovazione israeliano rappresenta un caso unico. Un ecosistema fatto di open innovation, forte orientamento all’interconnessione fra le persone, efficace collaborazione fra pubblico e privato, presenza di capitali di tutto il mondo (Cina compresa). In più, c’è il ruolo di acceleratore dell’industria militare.

Perché startup nation? Breve premessa storica

In un libro di Dan Senor e Saul Singer del 2009 Israele è definito una ‘startup nation’. Forse il tono di Senor e Singer è fin troppo patriottico. Ma i due giornalisti colgono nel segno, quando evidenziano alcune peculiarità del caso israeliano. Perché dunque startup nation? Per capirlo bisogna fare un salto indietro nell’immediato dopoguerra. Nel 1947 la Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite propone la ripartizione della Palestina (dal 1920 governata dagli inglesi) tra due nuovi stati: una Palestina araba e uno stato ebraico di Israele, con Gerusalemme sotto controllo internazionale. L’obiettivo dichiarato della risoluzione è risolvere un conflitto che si trascina dal XIX secolo. Il piano di spartizione votato dall’Onu viene tuttavia respinto dalla parte araba, che lo considera intrinsecamente sbagliato perché dettato da logiche colonialiste. La popolazione araba, che non viene neppure consultata sui contenuti del piano, vive con frustrazione l’espansione ebraica nell’area della Palestina storica. In un clima di forte polarizzazione fra sionismo e nazionalismo arabo si giunge prima alla guerra civile del 1947, poi alla guerra arabo-israeliana del 1948. La “Guerra di Indipendenza” (o “Guerra di Liberazione” per gli arabi”) vede Israele mantenere sia l’area raccomandata dalle Nazioni Unite, sia il 60% del territorio raccomandato per gli arabi. Gli arabi ricorderanno l’esito come Nakba (“catastrofe”), con il massacro e l’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi.

Da allora Israele è un paese costantemente in guerra contro tutte o quasi le nazioni arabe circostanti.

Questa premessa storica è importante per capire come è andata forgiandosi la mentalità degli israeliani. Perché allo stato di guerra costante va aggiunto lo sforzo immane della costruzione di uno stato su una terra arida e priva o quasi di risorse, cosa che ha fatto di Israele una vera e propria ‘nazione startup’.

Come trasformare i soldati in imprenditori

Israele oggi è un paese conosciuto per l’incredibile numero di startup fondate, specialmente nel settore hi-tech.

Nel loro libro Senor e Singer descrivono il “miracolo” Israele partendo dalla domanda:

“Come mai Israele, un paese di 7 milioni di persone, con solo 60 anni di storia, circondato da nemici, in stato costante di guerra sin dalla sua fondazione, senza risorse naturali— produce più start-up di nazioni grandi, pacifiche e stabili come Giappone, Cina, India, Corea, Canada e Regno Unito?”

Dietro questo proliferare di imprese c’è una parola: Chutzpah, un termine ebraico intraducibile, che molti definiscono come “la costante volontà di provare e riprovare cose che nessuno ha fatto prima, senza paura del fallimento”. Senor e Singer attribuiscono la diffusione di questa qualità al servizio militare obbligatorio, che infonderebbe agli israeliani la capacità di prendere decisioni rapidamente e di mettersi sempre in gioco.

Molti imprenditori sostengono addirittura di considerare il livello di educazione di secondo piano nel recruiting, e di guardare soprattutto ai risultati raggiunti sotto il servizio militare. Certo, il libro presenta tutto filtrato dalle lenti colorate dello spirito nazionalista israeliano, in cui ci sono solo traguardi trionfalmente raggiunti grazie alla chutzpah, e dure prove tenacemente sopportate e superate. Le critiche alla visione unilaterale del libro, che glissa sulle forti ineguaglianze interne, e specialmente verso la popolazione araba, non sono mancate, ma rimane comunque un’opera indicativa sul modo di ragionare e operare.

Startup nation o exit nation? L’altra faccia della chutzpah


Israele è oramai percepito da anni come fonte quasi inesauribile di innovazione tecnologica, e con le grandi multinazionali interessate sempre di più a attingere a questa fonte, non è una sorpresa che che gli investimenti abbiano raggiunto la cifra record di 4,6 miliardi di dollari, superando il primato di 4,4 del 2015. Oltre alla chutzpah, un’altra ragione importante è la quantità di investimenti statali in ricerca e sviluppo, che ammontano a oltre il 4% del PIL, più del doppio degli USA ad esempio.

grafico di israele startup

Exit Nation? Soldi che entrano, cervelli che escono

Non è però tutto oro quel che luccica. Se da una parte il numero di startup di successo sta attirando una quantità cospicua di investimenti da oltre confine, dall’altra rimane il fatto che il 95% delle imprese israeliane finiscono per essere cedute a multinazionali straniere. Non c’è quindi da stupirsi che oltre a quello di “startup nation”, Israele abbia finito per guadagnarsi anche il titolo di “Exit Nation”.

come fare soldi
Filosofia di una exit nation (fonte: Anna Vital)

Alcune delle exit più note sono state quella di ICQ ad AOL nel 1998 per 400 milioni di dollari (poi acquisita da Mail.ru nel 2008),  quella di Waze a Google nel 2008 per circa 1 miliardo, quella di Mobileye via IPO nel 2014 per 1 miliardo, poi ceduta a Intel per più di 15 miliardi nel 2017.

Questo significa che per tanti soldi che entrano, ci sono anche tanti cervelli che escono, visto che molte delle startup acquisite finiscono poi per essere “migrate” oltre frontiera, e questo è un dato che preoccupa non poco molti investitori e industriali israeliani. L’idea infatti, citando il noto venture capitalist Michael Eisenberg, è che Israele dovrebbe crescere da “startup nation” a “scale-up nation”.

“Nel 2017, Israele è una destinazione internazionale attraente per persone creative e brillanti. Non dovrebbe essere solo un posto dove vengono ebrei rifugiati, siamo una destinazione attraente per spiriti e cervelli innovativi orientati alla tecnologia. Come comunità, cittadinanza e governo, dobbiamo investire molti più dollari in questo.” Ha detto Eisenberg in un’intervista recente al Jerusalem Post.

capitale di startup israele 2013
Exit israeliane, per numero e cifre dal 2013

Rispetto agli anni precedenti, nella prima metà del 2017 sembra esserci stata una flessione nel numero di exit, e anche nella cifra media per cessione: 34 milioni di dollari di media contro gli 87 dello scorso anno. Le spiegazioni ipotizzate variano dai cambiamenti nelle politiche di tassazione americane e cinesi, al cambio di filosofia degli startupper che starebbero virando da una politica di cessioni e realizzazioni immediate a una di maggiore crescita a lungo termine.

Tecnologia militare

Da sempre e ovunque l’apparato militare è quello che traina il progresso tecnologico, e Israele ovviamente non fa eccezione, anzi.

Le tecnologie a uso militare Israeliane sono tra le più sofisticate e avanzate del globo. Per esempio Elbit System produce dai sistemi come Music-C , un laser antimissile montato su aerei militari e civili, Iron Vision (vedi sotto), un visore che permette ai carristi di “vedere attraverso” le pareti del tank così da avere una visuale a 360°, ai sistemi di sorveglianza.

Droni

Israele è oggi uno dei maggiori esportatori di droni, e – stando agli osservatori – si tratta di un’industria che vale attorno ai 400 milioni di dollari all’anno.

Se la tecnologia dei droni israeliani è tra le più avanzate del mondo (i primi utilizzi risalgono agli anni ’70), quella che sembra fare più gola all’estero è quella dei droni a uso militare, e ora contano clienti da tutto il mondo.

Molti dei droni venduti sono stati impiegati in Afghanistan dagli acquirenti, impressionati dall’uso che ne fa Israele stesso, soprattutto in Palestina. Stando ad Al-Jazeera (video), l’uso dei droni da parte di Israele è esploso dopo la seconda Intifada nel 2000, dove i droni tattici hanno ricoperto un ruolo chiave nel programma di “assassinio militare” sui territori palestinesi. Ora, grazie all’esperienza accumulata, Israele gode di un vantaggio senza precedenti in un mercato in rapida espansione.

Prima regola dei droni offensivi: nessuno parla dei droni offensivi

Inizialmente i droni militari erano impiegati essenzialmente come ricognizione e in ambito difensivo, e a domande sull’uso di droni tattici da parte degli acquirenti, la risposta era “noi forniamo la tecnologia: come viene impiegata non è affar nostro”.

Secondo Al-Jazeera ci sono forti prove che indicano che l’uso di droni tattici da parte israeliana è continuato a crescere, “prima durante la Guerra di Gaza, nell’operazione “Piombo fuso” e poi nel 2012 nell’operazione “Pillar of Defence”. Proprio durante quest’ultima operazione, Human Rights Watch riportò diversi casi di civili uccisi da attacchi di droni tattici. Nonostante le prove dell’uso di questi droni siano sempre più numerose, Israele ad oggi rifiuta anche solo di riconoscere l’esistenza di un programma del genere.

“Il programma israeliano di droni offensivi è ancora top secret, “ dice Chris Woods, un giornalista britannico specializzato sull’argomento. “Il governo israeliano rifiuta ad oggi anche solo di riconoscere il programma. Per quanto ne so non c’è una sola immagine di dominio pubblico di un drone israeliano armato, penso che sia notevole che siano riusciti a tenere tutto al di fuori della conoscenza pubblica per così tanti anni. Ma quello che sappiamo è che ci sono due UAV (Unmanned Autonomous Vehicle) che Israele usa con armi. A conoscenza mia sono stati armati e usati in attacchi già nel 2004, probabilmente. Quanti attacchi di droni sono stati effettuati da allora – dozzine, centinaia? Non ci sono dati consistenti. Abbiamo avuto molte organizzazioni che hanno monitorato ogni mossa della CIA in Pakistan e Yemen. Nessuno sta facendo la stessa cosa per Israele a Gaza o altrove.”

L’uso di droni offensivi viene giustificato con il presunto risparmio di vite nelle operazioni, principalmente quelle dei soldati. Tuttavia, questo genere di utilizzo sta creando molte preoccupazioni nella comunità internazionale, soprattutto a causa della disconnessione che viene a crearsi tra il manovratore e il bersaglio.

Secondo le parole di Martin van Creveld, storico militare israeliano, “La guerra per definizione è una situazione in cui le uccisioni sono reciproche. Quando le uccisioni non sono più reciproche non puoi avere una guerra, hai un massacro, hai Auschwitz. Questa è la definizione di Auschwitz, quando la gente non è in condizione di resistere. Una fazione uccide e l’altra è obbligata a farsi uccidere. Così ci sono problemi morali molto seri qui.” 

Il regista israeliano, Yotam Feldman, che ha girato “Israel’s Drone Dealers” per People and Power, ha chiesto a van Creveld di chiarire. “Lei dice ‘non è sufficiente uccidere persone a Gaza coi droni, devi ucciderle da te per poterti chiamare soldato’?”

“Beh, si, altrimenti sei un macellaio. Questa è esattamente la differenza tra un soldato e un macellaio. Un soldato mette la sua vita a rischio, un macellaio no.”

In guerra come nei videogames?

E in effetti, la possibilità di comandare droni offensivi da remoto su uno schermo, tramite joystick rischia di far somigliare le operazioni militari più a videogame che a guerre vere e proprie, tanto che già lo scorso anno secondo il Guardian la RAF stava considerando l’idea di reclutare videogiocatori diciottenni per manovrare questi droni.

Sicuramente, come per tutte le altre tecnologie, il mercato dei droni militari funziona anche da traino per le tecnologie civili, ma la direzione che si sta prendendo inizia a preoccupare non poco. Considerando i progressi che si fanno ogni mese nel campo dell’Intelligenza Artificiale, il motto “è l’intelligenza umana a renderli letali” potrebbe diventare obsoleto presto

Cybersecurity, Network management e Automobili autonome

Cybersecurity

Panorama Israeliano in cybersecurity
Panorama Israeliano in cybersecurity

La relazione che c’è in Israele tra difesa militare e imprenditoria ha reso la cybersecurity un ambito quasi scontato da sviluppare, tanto che già nel 1993 (un anno prima che Cisco entrasse nel mercato), l’israeliana Checkpoint aveva già sviluppato il primo firewall, chiamato Firewall-1. La sicurezza è uno degli ambiti sicuramente più popolari in Israele, tanto che la battuta più frequente da chi lavora nel settore è:

“Se solo dici agli investitori che stai fondando una start-up sulla sicurezza accorreranno a versare soldi nella tua società”

“Tutto quello che vogliono finanziare sono due tizi che hanno fatto il militare e possano costruire il prossimo framework di cybersecurity”.

Israele, come altri stati, ha un proprio programma di addestramento per i nuovi cyberwarrior, chiamato Talpiot. Oltre ad addestrare le migliori menti israeliane a ogni tipo di guerra tecnologica, questo programma ha attirato l’attenzione del governo indiano, in cerca di ispirazione. Tanto che è nato un sodalizio tra i due governi, il quale garantisce training e tecnologia all’India, oltre all’accesso a un mercato in grande crescita a Israele.

Per esempio nell’ambito della sicurezza di rete una compagnia di interesse è Red Canary, che ha sviluppato algoritmi di intelligenza artificiale che tramite analisi di pattern di attacchi, ispezioni dei binari, analytics dei comportamenti utenti è in grado di proteggere la rete dalle vulnerabilità indotte dai vari endpoint.

Molto interessante è anche  la proposta di Illusive Networks, che permette di creare endpoint e reti illusorie per depistare eventuali attacchi ed effettuare tracciamenti validi anche dal punto di vista forense.

Israele è all’avanguardia anche nel campo della crittografia quantica: Post-Quantum dichiara di produrre crittografia resistente ad attacchi quantistici, mentre Il Quantum Information Science Center alla Hebrew University of Jerusalem ha vinto una borsa NIS di 7,5 milioni di dollari dal governo di Israele per condurre la costruzione di un dimostratore nazionale per le tecnologie di comunicazione quantistica.

Network Management

Un altro campo “caldo” in Israele è quello del network management, dove la tendenza sembra essere quella di sviluppare prodotti all-inclusive, con lo scopo di mettere i service provider in grado di utilizzare tecnologie come SDN e NFV con impatti minimi.

Allot per esempio produce un Service Gateway con servizi virtuali già integrati e configurati come VNF  già pronti all’uso, oltre a quello che definiscono come “actionable analytics”, ovvero la possibilità di intervenire direttamente a partire dagli analytics real-time.

Elastinet produce una piattaforma di gestione di reti virtuali totalmente all-inclusive, a partire da LightSoft, per la gestione delle reti virtuali, LightControl, un controller SDN, in grado di unificare la gestione di LAN e WAN, e LightApps, un set di applicazioni SDN installabili sul controller.

Infine menzione per Atrinet, con un prodotto in grado di gestire facilmente cloud multivendor, oltre a un tool per la creazione di servizi di rete direttamente da web, e Sedona, con Netfusion,  un prodotto di automazione e discovery.

Automobili autonome

Le automobili driverless sono il terzo tema caldo in Israele. Non si può parlare di automobili autonome in Israele senza parlare di Mobileye, se non altro per l’acquisizione da parte di Intel per circa 15 miliardi[1]. Quello di Mobileye è stato il più grande acquisto di una startup israeliana, che nelle intenzioni di Intel mira a unire l’elevata capacità di elaborazione e connettività di Intel con l’esperienza in computer vision di Mobileye. Prima di venire assorbita da Intel Mobileye aveva inoltre raggiunto la notorietà per la collaborazione con Tesla nel 2015, terminata poi nel peggiore dei modi l’anno successivo, con una separazione a detta di Mobileye “dovuta a ragioni di sicurezza”, mentre Tesla attribuiva la causa al piano di progettare i componenti visivi in casa per le versioni successive (Tesla ha recentemente dichiarato di esser riuscita a ricreare il sistema di Mobileye in meno di 6 mesi).

Innoviz è una start-up che sta lavorando allo sviluppo di un’automobile totalmente autonoma, con sistemi di riconoscimento oggetti e di navigazione rivoluzionari.

GasNGo fornisceservizi avanzati di fleet fuel e management control in tempo reale.

Interessante è anche la proposta di NXTdrive, che tramite touch sense e feedback vocale, permette l’interazione con lo smartphone senza staccare le mani dal volante.

Tra le innovazioni più interessanti spicca inoltre Nexar, una app scaricabile su smartphone in grado di funzionare come Dash-cam, registrando videoclip di eventuali incidenti e analizzando le condizioni stradali avvertendo in caso di eventi pericolosi. Inoltre, in aggiunta ai report, Nexar usa un complesso algoritmo di computer vision per analizzare i video clip salvati, ed eventualmente registrare la targa delle auto “offendenti”.

Altre startup israeliane che stanno cambiando l’industria automobilistica includiamo Otonomo, che permette ai produttori di auto, app e service providers di scambiare dati come velocità, temperatura e livelli di batteria, VayaVision, produttore di sensori, e Argus Cyber Security, che è in grado di difendere l’auto da eventuali hacker.

Medicare

Le startup israeliane stanno producendo molte innovazioni anche nel settore medico.

Given Imaging (ora Medtronic) ha prodotto PillCam, una speciale “pillola” monouso da ingerire che contiene (a seconda della versione) una o due microcamere in grado di visualizzare intestino, esofago o colon, con tanto di software in grado di analizzare immagini e video prodotti. Lo scopo di questo dispositivo è di sostituire o integrare processi più invasivi come endoscopia e colonscopia.Innosphere produce un dispositivo, non invasivo, in grado di trattare la ADHD, tramite opportune stimolazioni cutanee.

Nell’ambito dei disturbi della visione invece Nano Retina è in grado di migliorare considerevolmente la visione di soggetti affetti da sindrome degenerativa della retina tramite chip impiantato direttamente sulla fovea e speciali occhiali.


Sempre nell’ambito della visione, OrCam ha implementato un dispositivo chiamato MyEye, in grado di fornire una sorta di “visione artificiale” ai ciechi, o a chi affetto da disturbi del linguaggio come la dislessia. Si tratta di una piccola telecamera che si aggancia direttamente agli occhiali, collegata a un computer tascabile. Questa è in grado di leggere testi da quasi qualsiasi superficie, traducendoli in voce sintetizzata.

Ultimo, non per importanza, “Just Blink”, un progetto pubblicato su “Graefe’s Archive for Clinical and Experimental Ophthalmology dai ricercatori del Technion-IIT, nella facoltà di Ingegneria Elettrica dell’università di HaifaSi tratterebbe di un dispositivo in grado di leggere i movimenti di un piccolo magnete collocato sulla palpebra superiore (EMM, Eyelid Motion Monitor), e diagnosticare disordini neurologici (quali il morbo di Parkinson) e oftalmici.

tricoder dispositivo per diagnosi

In ambito invece non strettamente medico troviamo SCiO, uno spettrometro simile al Tricorder di Star Trek. Il dispositivo è in grado di analizzare lo spettro luminoso riflesso da un oggetto e in base a questo determinarne la composizione chimica. La versione consumer è in grado di analizzare un set predeterminato di sostanze, quali formaggi. carne, pesce, frutta, verdure e cioccolato. La versione business invece consente di effettuare analisi su modelli tagliati su misura per i bisogni dell’azienda. C’è anche un modello “developer” che permette di sviluppare propri modelli spettroscopici da analizzare, previa opportuna conoscenza di spettroscopia NIR.

LINKS

TEL AVIV DIARY: WARILY WELCOMING A HIGH-TECH DEAL

5 Bold Predictions For Israeli Tech In 2017

Israel sees record VC funding, shifts from quick exits to long-term growth

Can Israel build big, sustainable companies?

Israeli high-tech exits total $1.95B in first half of 2017

Israeli high-tech capital raising bucks global downturn

Behind Israel’s Largest Exit: Why Intel Acquired Mobileye For $15.3 Billion

Why Israel’s Boom Is Actually A Bubble Destined To Pop

Should Israel Fear Bursting Tech Bubble?

Israel’s Artificial Intelligence Startups – Hacker Noon

Armi – Droni

The drone race is off and running, with Israel in the lead

Sci-Fi: The Top Ten Israeli Inventions That Allow The Blind To ‘See’

Top 10 Futuristic Technologies Made In Israel

Israel offers strike-capable drones to India

Israeli-weapons.com – UAVs

Israeli drones are about to take over the world’s skies

Israel Is Buying Drones That Fly With Machine Guns

Siti news principali

Israel profile – Media

Israel21c

Nocamels – Israeli Innovation News

The Jerusalem Post