L’esperienza mobile è frammentata in micro-momenti. La SEO deve tenerne conto, per rispondere nel modo giusto agli utenti che manifestano il loro interesse attraverso una ricerca.
Dedichiamo all’esperienza mobile e ai micro-momenti la terza puntata della nostra inchiesta sulla SEO che cambia, dopo quelle recenti su SEO e ricerche vocali e SEO e video. Il punto di partenza, questa volta, è un dato: le ricerche da mobile hanno superato ormai stabilmente quelle da desktop. Secondo Statcounter nel settembre 2018 le prime sono state pari al 51,7% del totale a livello globale. Le ricerche da tablet corrispondono a 4,18%, quella da desktop al 44,12%. Il sorpasso si è consumato a fine 2016.
Quali implicazioni ha questo sorpasso? Dal punto di vista della SEO si insiste generalmente sulla necessità di avere siti web conformi alle buone pratiche in ambito mobile.
Un indice unico, mobile-first
Google sta completando proprio in queste settimane l’implementazione del nuovo indice mobile-first, come aveva annunciato in primavera. Questo significa che l’indice principale di riferimento utilizzato da Google diventa quello mobile. In altri termini, il motore di ricerca utilizzerà sempre più spesso, per il lavoro di indicizzazione, le versioni mobili del contenuto. Si tratta di un cambiamento dell’algoritmo destinato a ripecuotersi sul posizionamento nella SERP: per ora un sito che non è adeguatamente ottimizzato per l’utilizzo mobile non rischia un declassamento, ma le cose potrebbero cambiare in un futuro molto vicino. In ogni caso, è buona norma avere contenuti ottimizzati per i dispositivi mobili e in grado di caricarsi rapidamente.
Ma la prevalenza dell’esperienza di navigazione mobile rispetto a quella desktop ha un’altra conseguenza. Ed è qui che entrano in gioco imicro-momenti («micro moments»), ossia i momenti che compongono l’esperienza dell’utente mobile. Saperli riconoscere è molto importante, perché ci permette di adattare i nostri contenuti agli intenti specifici di ciascuno di essi. Le query di ricerca diventano dunque una spia fondamentale, perché ci aiutano a comprendere quale momento del processo sta attraversando l’utente.
Ma procediamo con ordine.
Un’esperienza frammentata
L’esperienza mobile è caratterizzata dalla frammentazione. Il legame dell’utente con il mondo online si compone di tante brevi sessioni, interrotte da altro. Ogni servizio, brand o azienda deve fare dunque i conti con questa articolazione dell’esperienza in micro-momenti.
Confrontiamo, a titolo di esempio, le seguenti query:
- quali sono le migliori università italiane
- qual è la migliore pizzeria sui Navigli a Milano
- come fare una tabella pivot con Excel
- acquistare biglietto aereo Roma-Istanbul
Non è difficile capire che dietro tali query si nascondono intenti almeno in parte diversi. Ebbene, a ciascuno di tali intenti corrisponde un micro-momento specifico. La prima query («quali sono le migliori università italiane») è spia del momento in cui si vuole sapere qualcosa. La seconda query («qual è la migliore pizzeria sui Navigli a Milano») suggerisce che l’utente si trova nel momento in cui intende andare da qualche parte. La terza query («come fare una tabella pivot con Excel») è associata al momento del fare qualcosa. Infine la quarta query («acquistare biglietto aereo Roma-Istanbul») ci riconduce al momento in cui l’utente desidera acquistare un prodotto o un servizio.
L’espressione micro moments è di Google, che la utilizzò nel 2015 in un tutorial ancora oggi disponibile: Micro-Moments: Your Guide to Winning the Shift to Mobile. Tutto parte però da molto più lontano, da un articolo di Emily Nelson e Sarah Ellison apparso il 21 settembre 2005 su “The Wall Street Journal” (In a Shift, Marketers Beef Up Ad Spending Inside Stores). L’articolo riferiva di un nuovo approccio di Procter & Gamble al cosiddetto in-store marketing. Procter & Gamble indicava l’assoluta rilevanza, per un’efficace strategia di marketing, del “primo momento della verità” (First Moment of Truth, FMOT), quello in cui il consumatore si trova nel punto vendita e prende la decisione di acquisto. Un momento che si consuma nell’arco di 3-7 secondi. Il First Moment of Truth è preceduto ovviamente dallo stimolo, ovvero dall’annuncio pubblicitario che rende nota l’offerta e sollecita il bisogno.
Prima del “primo momento”
Presto ci si reste conto, tuttavia, che nell’esperienza di consumo online le cose vanno un po’ diversamente. Già nel 2011 Jim Lecinski, all’epoca vice president di Google, suggeriva l’idea che fra lo stimolo (il messaggio pubblicitario) e il primo momento della verità (l’acquisto), si insinuassero altri momenti: il reperimento di informazioni tramite i motori di ricerca, la lettura di recensioni sui blog, l’esposizione a video, la consultazione degli amici sui social network. Lecinski parlò dunque di “momento zero della verità” (Zero Moment of Truth, ZMOT).
Dal punto di vista della SEO, la conseguenza di questa frammentazione dell’esperienza in micro-momenti è chiara. Si tratta di analizzare le parole chiave usate dagli utenti per le loro ricerche e identificare gli step del customer journey in cui essi si trovano di volta in volta. In tal modo possiamo evidenziare con maggiore sicurezza i bisogni e le richieste cui dobbiamo fornire risposta, adattando di conseguenza i contenuti offerti.
In questo senso si parla anche di snackable content, ossia di contenuti resi disponibili in piccole dosi con l’obiettivo di soddisfare l’appetito del momento. Proprio come uno snack, appunto. Ciò significa che nell’era del mobile si possano concepire solo contenuti brevi, adatti a essere consumati in pochi istanti? Non è detto. Ma questa è un’altra storia, di cui parleremo in una delle prossime puntate.