Specialisti SEO siete avvisati: l’aumento delle ricerche vocali è fra le principali tendenze del prossimo anno. Il peso di Google Home e Amazon Alexa.
Il 2019 segnerà probabilmente una crescita, anche in Italia, del numero di ricerche vocali. Merito soprattutto del consolidamento di alcune abitudini nell’uso dello smartphone e nell’accesso a Internet in mobilità. Intanto sul mercato domestico si prepara la guerra fra Google Home e Amazon Echo, i due assistenti digitali voice-enabled che vanno per la maggiore negli USA.
Con questo post sulle ricerche vocali, inauguriamo una serie di approfondimenti dedicati alle principali tendenze del 2019 in ambito SEO. Anche per lo specialista SEO più esperto non è facile anticipare i cambiamenti di Google Search e degli altri motori di ricerca. Chi di noi, per esempio, avrebbe indovinato che, dopo appena cinque mesi di description lunghe, fino a 300 caratteri e oltre, nel maggio di quest’anno Google sarebbe tornata a troncarle a 160 caratteri?
Tuttavia il compito di chi si occupa di SEO è proprio questo: fare i conti con l’evoluzione continua dei motori di ricerca, adattando di conseguenza le buone pratiche in pagina e fuori pagina. A volte si tratta di cogliere segnali deboli, altre volte di divinare il futuro senza il supporto preventivo elementi oggettivi. Per questo si procedere per prove ed errori. Pronti a correggere il tiro o addirittura a tornare sui propri passi, se necessario.
Certe tendenze, però, sono relativamente facili da identificare. Abbiamo messo in fila i fenomeni che caratterizzeranno a nostro avviso l’evoluzione dei motori di ricerca e il comportamento degli utenti nel prossimo anno. Magari si tratta di fatti ovvi, almeno in parte. Ma è noto che nulla si dimentica più facilmente dell’ovvio. Dunque lo specialista SEO dovrebbe partire proprio da qui.
In questo primo post ci occupiamo di ricerche vocali. Seguiteci, perché nei prossimi approfondimenti parleremo anche di HTTPS, video, lunghezza dei post, intelligenza artificiale e blockchain per la SEO.
Te lo chiedo a voce
Le ricerche vocali, svolte cioè dall’utente con il supporto di tecnologie come Google Assistant, Apple Siri, Amazon Alexa e Microsoft Cortana, costituiscono senz’altro una tendenza da tenere d’occhio. Quante siano oggi, in percentuale sul totale, le ricerche vocali è cosa controversa. Sicuramente il fenomeno è in rapida crescita. La previsione è che nel giro di un paio di anni almeno il 30% delle ricerche verrà effettuato in voce (fonte: Gartner). Secondo alcuni si arriverà addirittura al 50% (fonte: comScore).
Nel frattempo cresce la penetrazione dei dispositivi domestici voice-enabled, come Google Home e Amazon Echo. Lo scorso anno il settore degli smart speaker è esploso negli Stati Uniti (+130%), con Amazon in posizione dominante (70% del mercato). Da noi la sfida fra Google Home (già sbarcato) e Amazon Echo (in arrivo) è rimandata al 2019.
Da notare che il fenomeno è particolarmente evidente nel segmento di popolazione più giovane. Secondo una ricerca condotta lo scorso anno da eMarketer, le persone di età compresa fra i 25 e i 34 anni costituiscono il 26,3% degli utenti di assistenti digitali voice-enabled.
La coda delle keyword si allunga
Le conseguenze per la SEO sono enormi. Dobbiamo aspettarci una quota crescente di ricerche vocali, che hanno caratteristiche distintive rispetto alle ricerche tradizionali.
In primo luogo le query di ricerca vocale sono più lunghe, ossia composte in media da un numero di keyword maggiore: da 3 a 5, anziché da 1 a 3. Dunque in ottica SEO occorre lavorare di più sulla coda lunga. Dovremo selezionare i termini più rilevanti per la nostra audience, ma anche considerare l’impatto delle possibili varianti sinonimiche.
Secondariamente avremo molte più query in forma di frasi interrogative, introdotte da pronomi o avverbi come «cosa» o «chi», «come», «quando» e «dove». Al di là della corrispondenza fra le singole keyword, il contenuto che soddisfa meglio simili query è quello che risponde alle domande ad esse sottese. Alcuni termini, che siamo stati abituati a classificare come stop-word, diventano rilevanti e ci aiutano a comprendere l’intento di chi effettua la ricerca. Query che iniziano con «cosa» o «chi» possono indicare un notevole livello di interesse per il contenuto richiesto, mentre «quando» e «dove» suggeriscono una propensione elevata ad agire.
Sembrano sfumature. Eppure si rivelano di grande importanza quando si tratta di scegliere il contenuto giusto per ogni tipo di query. Pensiamo, ad esempio, alla possibilità di decodificare nel modo migliore le intenzioni di un potenziale cliente di una piattaforma di e-commerce. Un certo visitatore è atterrato nel nostro sito perché ha bisogno di maggiori informazioni su uno specifico prodotto, oppure perché ha già deciso di acquistarlo? L’analisi della ricerca vocale ci aiuta a rispondere a questa domanda.
Il contesto dell’utente conta
Dal punto di vista dello specialista SEO, la maggiore diffusione delle ricerche di tipo vocale comporta un’ulteriore conseguenza: la necessità di considerare le ricerche stesse in quanto situate in un contesto. Dobbiamo aspettarci che una ricerca vocale si svolga sempre in una situazione specifica. Il contenuto da restituire all’utente deve tenere conto di questa situazione. Per esempio, assumendo che nel nostro paese la maggior parte delle ricerche vocali venga svolta da mobile (sarà così fino a quando i dispositivi domestici voice-enabled non saranno diffusi nelle case degli italiani), la localizzazione geografica del dispositivo da cui proviene la query rappresenta un’informazione fondamentale. Tecnologie come Google Assistant e Apple Siri sono pensate proprio per restituire agli utenti risposte coerenti con la loro posizione.
Per esempio, «qual è il ristorante più vicino a me?» è una tipica domanda geograficamente situata. È chiaro infatti che la risposta cambia in funzione della posizione di chi formula tale domanda. Molte ricerche vocali hanno questa natura. La conseguenza, per chi si occupa di SEO, è che diventa ancora più importante arricchire di metadati i documenti da ottimizzare. L’obiettivo non è solo favorire la creazione di snippet ricchi o di rich card. Si tratta di aumentare le probabilità che i dati strutturati inseriti nell’intestazione del documento secondo la sintassi di Schema.org – orario del servizio promosso, indirizzo ecc. – corrispondano a uno dei criteri di ricerca impostati dall’utente o dei parametri rilevati automaticamente attraverso lo smartphone.
Vince lo stile dialogico
Un’ulteriore conseguenza della progressiva affermazione delle ricerche vocali riguarda lo stile di scrittura. Le singole keyword diventano meno importanti, mentre prevale una logica semantica sempre più vicina a quella del linguaggio naturale. Vince cioè la semantica della frase, non quella della parola. Vince, soprattutto, la capacità di collegare il contesto della domanda (la query di ricerca) con quello della risposta (il contenuto del documento).