La pratica del link building è utile ai fini SEO se si rispettano alcune regole. Ma il rischio del downranking è sempre dietro l’angolo. Attenzione anche ai link interni e all’outbound.
Parliamo ancora di webspam e in particolare di link building.
Ieri (Arriva Penguin 4.0, tempi duri per il webspam) abbiamo riferito del recente rilascio del nuovo algoritmo, che rappresenta un’importante evoluzione nell’ambito dei meccanismi di ranking di Google Search. È così diventato ancora più chiaro che un bravo webmaster dovrebbe praticare il link building con grande cautela. Non che lo scambio ed eventualmente la compravendita di link costituiscano un’operazione sempre illecita agli occhi di Google. Ma di sicuro i margini di manovra si sono ridotti molto, se non si vuole subire una penalizzazione per sospetto webspam. La prima regola resta quella di sempre: creare (e ottenere in cambio) link rilevanti, affidabili e autorevoli. Alcune tecniche di link building avanzato sono descritte nel blog di SEMRush in un post di Shane Barker ancora attuale a distanza di oltre un anno.
Spindox, per esempio, ha avviato una politica di link building basata sull’ospitalità concessa a blogger esterni. Da un po’ di tempo collaborano con noi Paolo Guglielmoni e Stefano Lazzari. Tuttavia anche in questo caso è necessario evitare ogni eccesso, se non si vuole incorrere nella penalizzazione per webspam. Secondo Matt Cutts la stagione del guest blogging come pratica di link building ha cominciato a declinare nel 2013:
Non solo backlink
Il downranking è sempre in agguato. E il rischio non è legato solo al cosiddetto inbound link (o backlink), cioè quello che riceviamo da altri siti. Anche la corretta gestione dei link interni e di quelli in uscita ha un impatto non indifferente sulla SEO delle nostre pagine. Al di là del link building, quali sono dunque i comportamenti pericolosi? Ecco alcune pratiche da seguire sempre, per evitare di essere degradati e puntare invece a un buon posizionamento nella SERP.
La prima regola consiste nel diversificare la tipologia di testi di ancoraggio (anchor text) dei link interni. Non bisogna eccedere con quelli che contengono una corrispondenza esatta con la chiave di ricerca principale su cui stiamo impostando la SEO della pagina o con la URL di quella pagina. Se per esempio, stiamo impostando la SEO di una pagina con la chiave di ricerca “scarpe da donna”, dovremo evitare di utilizzare troppe volte l’espressione “scarpe da donna” come testo di ancoraggio nei link interni inseriti in quella pagina. Stesso discorso nel caso in cui la URL della pagina sia di questo tipo: http://www.nostronome.com/scarpe-da-donna.html.
Regole non troppo diverse valgono per i link esterni. Anche in questo caso la varietà è vincente. In un recente post su Ahrefs David McSweeney suggerisce di mantenere intorno al 2% la quota di link che hanno una corrispondenza esatta (exact match) con la chiave di ricerca o il testo della URL e di non superare il 30% del totale nell’uso di testi di ancoraggio contenenti la chiave di ricerca (phrase match).
Ma non è solo una questione di link building. Ci sono altri fattori, tutti collegati ai link in ingresso, che possono avere un impatto anche significativo sul posizionamento nei risultati delle ricerche su Google. Occorre dunque curare il link profile del nostro sito nel suo complesso, ovvero verificare: a) quali tipologie di link portano a noi; b) il modo in cui ci siamo guadagnati questi link; c) i testi di ancoraggio per ciascuno di essi. A tale scopo è utile accedere alla Search Console di Google per scaricare la lista dei link in ingresso del nostro sito, farne una classificazione manuale e procedere alla rimozione di quelli “cattivi”. In genere ciò comporta una richiesta ai webmaster dei siti incriminati, una sorta di link building in negativo. Se la richiesta non viene accolta, occorre effettuare il disconoscimento dei link stessi, sempre tramite la Search Console. Alcune utili indicazioni sul processo da seguire per la classificazione dei link in ingresso si trovano in un post di TechWyse firmato dal solito Shane Barker.
Infine ricordiamoci alcune regole ancora più generali. Per non retrocedere nella SERP di Google occorre fornire un sito rigorosamente mobile friendly (da verificare magari usando il Test di compatibilità con i dispositivi mobili e il Mobile Usability Report della Search Console), generare pagine ad alto ingaggio in termini di clic e conversioni, arricchire l’esperienza di navigazione e offrire contenuti numerosi, rilevanti e di qualità.