Help desk e service desk sono tra i servizi che offre Spindox. Dalla nostra sede di Roma, Luca ci racconta cosa significa fare assistenza. Un lavoro semplice solo in apparenza.

Se Mr. Wolf saltasse fuori da Pulp Fiction per iniziare una carriera nel mondo dell’IT, lo trovereste in help desk o in service desk. Due servizi che hanno un solo obiettivo: risolvere problemi.

È un lavoro di grande responsabilità. Ricevere una delega per aiutare i dipendenti del cliente, o direttamente i suoi stessi customer, è una dimostrazione di fiducia che non può essere disattesa. È necessario offrire un servizio sempre puntuale e di alta qualità, possedere competenza e infondere sicurezza. Ecco perché Spindox ha disposto per questo scopo team di decine di persone, in Italia e all’estero.

Ce ne ha parlato Luca Gattanella, che abbiamo incontrato nella sede di Roma. Con quella a Luca proseguiamo il ciclo di interviste sui mestieri di Spindox, inaugurato con la chiacchierata sul mondo del ERP con i colleghi di Maranello.

Luca Gattanella
Luca Gattanella, responsabile dell’area relativa ai servizi di help desk e service desk di Spindox.

Qual è il tuo ruolo in Spindox?

Sono una delle quattro prime linee della Direzione Operations di Spindox. In particolare sono responsabile dell’area relativa ai servizi di help desk e service desk. A seconda del cliente gestiamo segnalazioni in prima persona o ingaggiamo altri dipartimenti, sia interni sia esterni a Spindox, che fanno assistenza a livello più alto.

Partiamo dall’inizio: che cosa si intende per help desk e service desk?

Sono due parole che vengono dall’ITIL, cioè l’insieme di best practice del mondo dell’information technology. L’help desk è una struttura che viene coinvolta direttamente dal cliente finale che ha bisogno di assistenza e lavora per risolvere il problema in maniera autonoma, coinvolge il livello superiore solo se necessario. Il service desk invece è un punto di incontro di varie tipologie di segnalazioni provenienti vari attori, sia a livelli inferiori che superiori. Lavora quasi esclusivamente per raccogliere informazioni in modo da contattare il livello corretto che procederà poi a risolvere il problema.

Voi come siete organizzati?

Dipende dal progetto. Per quanto riguarda Vodafone il nostro cliente finale è il negozio Vodafone, cioè il dealer. Le segnalazioni di problemi inerenti al cliente, alla postazione di lavoro del dealer e alla connessione del negozio vengono dirottate verso di noi sotto forma di ticket, in cui è descritto il problema che si è presentato. Noi poi vediamo se lo possiamo gestire in maniera autonoma o dobbiamo ingaggiare altri dipartimenti di Vodafone o di Spindox.

Per Amplifon svolgiamo sempre help desk, quindi facciamo più o meno lo stesso lavoro, con la differenza che le segnalazioni sono telefoniche anziché via ticket. Per Fiat Chrysler Automobiles invece va fatto un discorso particolare. In quel caso facciamo service desk, rappresentiamo il quarto livello di assistenza e possiamo ricevere segnalazioni sia dai livelli inferiori che da quelli superiori.

Il service desk di FCA è coordinato da un team leader di Milano ed è composto esclusivamente da persone del team Spindox di Tunisi. Sempre da Tunisi lavoriamo per l’help desk di Vodafone, ma a questo si aggiungono altre persone dislocate su tutto il territorio italiano: molti a Milano, ma anche a Catania, Ivrea e Roma.

Ma come può essere che dal quinto livello si chieda aiuto al quarto?

Ti faccio un esempio: se il terzo livello circoscrive già il problema, contatta direttamente il quinto, senza passare da noi. Ma magari il quinto livello necessita di informazioni che può reperire soltanto da noi, che siamo il service desk.

In pratica fate assistenza agli assistenti

In questo caso diciamo di sì, qualcosa del genere.

Ne avrai sentite di tutti i tipi facendo questo lavoro…

Sì, di tutto. Da gente che lamenta furti in vetrina – che ovviamente non sono di nostra competenza! – a persone che esprimono i concetti in un linguaggio diciamo colorito. Però dopo un po’ di tempo si vede il lato simpatico della cosa. Viene accettata come un’esasperazione da parte del cliente, piuttosto che un voler offendere il nostro operato. Sai, quando sei il primo livello di assistenza sei consapevole di essere il primo a metterci la faccia, mentre è normale che il cliente non sia tenuto a sapere che tantissime cose non dipendono da te. Ha te in linea ed è suo diritto sfogarsi. Poi c’è chi lo fa nei modi corretti e chi pretende una risoluzione immediata, usandoti come come capro espiatorio se non riesce ad ottenerla.

Quindi che suggerimenti daresti a un nuovo assunto?

Prima di tutto accettare l’idea che nessuno arriverà mai a saper gestire il 100% delle problematiche. E che per questo è importante essere umili nell’imparare ed essere disponibili a condividere le informazioni utili di cui si può essere in possesso. Ci sarà chi è più forte su alcuni temi, chi su altri. L’importante è mettere a disposizione del gruppo la propria conoscenza, per far sì che poi si arrivi tutti insieme all’obiettivo ultimo, cioè soddisfare il cliente.

Un’altra cosa da sapere è che bisogna sapersi adattare a ogni chiamata per garantire lo standard qualitativo che ci prefiggiamo. Facendo assistenza partiamo dal presupposto che dall’altra parte del telefono possiamo trovare le persone più diverse: dal commesso di 30 anni smanettone che magari riesce a configurare le impostazioni anche in autonomia, fino alla signora cinquantacinquenne che si porta dietro tutta l’ingenuità di chi è cresciuto in un mondo senza internet. Quindi un’altra caratteristica ricercata è indubbiamente avere una capacità espositiva tale da rendere comprensibile questioni tecniche a una persona che quasi sicuramente tecnica non è.

In fondo è un lavoro basato sulla capacità di relazionarsi

Sì, e per questo in fase di colloqui io insisto molto anche sulla comunicazione all’interno del team. In nessun servizio è possibile avere nella stessa stanza tutto il team al completo, i servizi sono tutti fatti da remoto, ecco un altro motivo per cui c’è la necessità di essere predisposti alla collaborazione. Una volta assunti io invito a tenere gli strumenti aziendali sempre aperti, per essere pronti a ricevere in qualunque momento comunicazioni dai colleghi. Non ti nego che mi è capitato di non assumere persone che avevano forti competenze tecniche, preferendo altri meno preparati che però possedevano una forte predisposizione ad imparare e a lavorare in team.

Dal punto di vista tecnico o teorico, cosa c’è da sapere?

A livello tecnico non sono richieste competenze particolari, perché nel nostro caso si assistono applicativi interni a Vodafone che conosciamo bene. L’importante è avere dimestichezza col computer, sia a livello personale che per la ricerca e la condivisione di informazioni. Per il resto è tutta formazione sul campo.

Personalmente io non amo molto fare training teorico, alterno molto la teoria alla pratica. All’inizio faccio fare affiancamento passivo, faccio ascoltare in cuffia al nuovo assunto la gestione delle telefonate di chi ha esperienza. Poi si passa alla formazione attiva, cioè fare le chiamate in prima persona, ma sempre con  accanto un senior che già conosce il servizio.

Logicamente l’acquisizione di know how dei nuovi assunti cresce gradualmente. Solo quando si prende dimestichezza con le problematiche più comuni – circa il 60% di quelle che ci vengono segnalate – li si manda a gestire quelle un po’ più complesse.

Cambiamo argomento, parlaci di te. Da quanto tempo sei in Spindox?

Dal 2013, faccio tre anni a luglio. Prima ho lavorato in Vodafone, ci ero entrato nel 1998. Per tre anni ho fatto assistenza alle postazioni del call center, sempre per l’IT. Dopo sono stato spostato a supporto dei negozi Vodafone, lavoro che ho fatto anche per Spindox fino al 2014. Poi ho smesso di essere operativo come tecnico e sono diventato responsabile del servizio Vodafone, per diventare responsabile di tutti gli altri servizi di service desk.

Come è stato il passaggio?

Per me che venivo da Vodafone la differenza più grande è stata passare da un’azienda di 7mila dipendenti a una che all’epoca ne aveva 240. Ma lo dico in senso buono: in Spindox c’era molta più visibilità, alla sede di Milano si poteva persino incontrare di persona l’amministratore delegato, una cosa impensabile in un’azienda più grande. Questo mi ha fatto ritrovare l’entusiasmo per un lavoro che facevo da anni e in cui avevo iniziato a sentirmi fossilizzato.

Come ti trovi oggi in Spindox?

Al momento non cambierei nulla del mio lavoro. Mi piace non dover essere sempre in ufficio ma aver modo di girare, mi piace l’elasticità che mi concede l’azienda. Io so benissimo che se devo uscire mezz’ora prima dal lavoro non è un problema, perché la sera alle 20:30 o alle 21 mi rendo disponibile per qualsiasi cosa.

Qui tutti i sacrifici fatti a livello di lontananza dalla famiglia, di estensione dell’orario lavorativo, come sostituire persone o restare sveglio fino a tardi per concludere un progetto, tornano sia sotto forma di maggiore libertà di autonomia che in fase di valutazione finale, e quindi sotto forma di premi, bonus, aumenti, riconoscimenti, eccetera. Diventa un dare e avere. Dimostri che meriti fiducia e ti danno fiducia. Questo per me significa premiare il merito.

Un’ultima domanda: cosa è l’innovazione per te?

L’innovazione per me è stata l’esperienza di rinascere lavorativamente, entrando in una società dove viene premiato chi lavora e come si lavora, invece che per come si è. Innovazione è, quando si lavora, sentirsi una persona. Un’innovazione personale associata al lavoro è stata anche avere la fortuna di conoscere altre culture e poter portare il proprio know how lavorativo all’estero, nel mio caso in Tunisia, e ritornare con un bagaglio culturale, umano, innovativo in Italia.

Innovazione in assoluto per me è superare tutti i momenti della vita in cui ti aggrappi a quello che conosci, non hai stimoli ad aprire gli occhi, non hai stimoli a guardarti intorno. Per innovazione io intendo il riscoprire la voglia di fare le cose, di imparare. Nuovo non è qualcosa che non si è mai visto o che non si è mai affrontato. Nuovo è qualcosa che vedi con occhi diversi. Non è detto che quel qualcosa non faccia già parte della tua vita, ma magari non l’hai mai guardato con i giusti occhi.