Domani si corre la Maratona di Milano. Spindox dà il suo contributo di energia con dieci colleghi. La passione oltre le ore trascorse in ufficio.
Barbara, Daniele, Domenico, Flavio, Massimo, Matteo, Paolo , Pierfrancesco, Sandro e Stefano. Dopo ripensamenti, incidenti di percorso, iscrizioni dell’ultimo minuto, questo è l’elenco completo degli spindoxiani che parteciperanno alla Maratona di Milano di domani. Sono giocosi, audaci e per niente sprovveduti. Ve ne presentiamo tre.
Flavio per partecipare viene apposta da Roma. Ha passato trent’anni a rincorrere il pallone sui campi di calcio e calcetto, poi è approdato al podismo. Amatoriale, certo, ma forse proprio per questo vissuto con il cuore. «La mia più grande soddisfazione è stata arrivare al traguardo della Roma-Ostia, la mezza maratona più partecipata d’Italia» dice. «Io ci sono cresciuto ad Ostia. Ho passato una vita a fare il pendolare verso Roma: per la scuola, il lavoro, gli amici… Fare quel percorso è stato un po’ come correre in mezzo ai miei ricordi, a raccogliere tutti i pensieri vissuti negli anni mentre tornavo verso casa». E cita Mennea: “La fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni”.
Anche Barbara – l’unica donna dei nostri – non scherza in sportività, né in determinazione. Si allena da anni, il suo personal best lo ha raggiunto alla mezza maratona di Pisa, percorsa in un’ora e quarantacinque minuti. Ha anche ricoperto anche il ruolo di pacer. «È colui che conduce al traguardo chi mira a chiudere una competizione in un dato tempo. Sono stata ingaggiata l’anno scorso alla mezza di Pavia e mi sono divertita molto correndo con i palloncini!».
Con l’arrivo dell’inverno purtroppo si è infortunata e ancora ne sente le conseguenze, ma non è bastato a fermarla. Ha sostituito la corsa con il nuoto, si è iscritta alla Milano Marathon e progetta di realizzare un Olimpico: «una gara di triathlon che consiste in 1500 metri di nuoto, 40 chilometri di bici e 19 chilometri di corsa».
C’è chi si pone i propri obiettivi e chi alla domanda “che sport pratichi?” ha già pronto un elenco di imprese che ad ogni voce ti affossa sempre più nel senso di colpa dell’ignavia. «Pratico sci da cinquant’anni, tennis da quaranta, squash da trenta, golf da venti. In età scolare ho fatto anche pallamano e pallavolo partecipando a campiotanti ufficiali». È Sandro.
Precisa che nello sci aveva cento punti FISI in gigante, mentre il tennis lo ha praticato ed insegnato a livello agonistico, vincendo anche tornei in categoria C. Insomma, di cose da dire ne avrebbe tante. Riassume sintetico: «Ho vinto e perso partite col matchball. Lo sport mi ha insegnato che non è finita finché non è finita. Finché non hai perso non hai perso». Ci sarebbe da aggiungere che meno di un mese fa sulla pista da sci ha rischiato la vita sotto gli occhi di suo figlio, ma questa è un’altra storia.
Ecco Flavio, Barbara, Sandro. Sono tre su dieci, cioè sette meno di quanti meritano di essere nominati. Abbastanza però da aver spinto chi scrive a riflettere come la vita di ciascuno, fra passioni, obiettivi e trascorsi insospettabili, vada ben oltre le ore passate in ufficio. Un merito dello sport, che ci aiuta a ricordare che muscoli, sudore e polmoni ci rendono tutti uguali.