Nuova Zelanda – così il paese del fil di ferro diventa hi-tech

da | Gen 9, 2019

Nuova Zelanda, come si passa dalla democrazia più statalizzata a uno dei paesi più prosperi del mondo

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La storia della Nuova Zelanda non si insegna a scuola, complice anche una collocazione geografica estremamente isolata e al di fuori dei maggiori eventi continentali. Il fatto di venire scoperta dagli occidentali solo nel XVII secolo certamente non ha aiutato.

Premesse storiche

La colonizzazione inglese

La Nuova Zelanda è un paese relativamente giovane: le prime comunità umane a stabilirvisi furono i Maori[1] tra il XIII e il XIV secolo, dalla Polinesia.

Il Paese rimase praticamente sconosciuto al mondo occidentale fino al 1642, quando l’olandese Abel Tasman fu il primo europeo a mettervi piede, seguito da James Cook quasi 130 anni dopo, nel 1769.

Successivamente il paese iniziò ad essere visitato regolarmente da cacciatori di foche e balene inizialmente, seguiti poi dai primi coloni e commercianti. A partire dal 1830 i coloni diventarono sempre più numerosi, cambiando la cultura Maori per sempre. La Gran Bretagna, pressata in parte dalle richieste dei Maori di supporto contro le ondate di criminalità crescenti portate dai coloni, e in parte dalla preoccupazione delle mire francesi sulla Nuova Zelanda, acconsentì nel 1840 a stipulare il Trattato di Waitangi, che sanciva una sorta di parità dei diritti tra tutti i neozelandesi, Maori e non. D’altra parte il trattato consentì alla Gran Bretagna di dichiarare la Nuova Zelanda possedimento inglese.

Firma del trattato di Waitangi

Firma del trattato di Waitangi

Nel tempo i Maori furono sempre più sotto pressione per cedere terra e possedimenti ai coloni, risultando in una guerra che durò oltre venti anni, durante i quali gran parte della terra Maori fu acquistata o confiscata. Nel frattempo, le colonie dell’isola del sud prosperarono e il governo britannico aiutò migliaia di cittadini a cominciare una nuova vita in Nuova Zelanda, espandendo e costruendo nuove città e infrastrutture.

Con un’economia quasi interamente agricola, buona parte delle foreste furono abbattute per fare spazio alle fattorie e ai campi.

I Maori oggi sono di gran lunga la minoranza etnica più grande e la loro cultura ha caratterizzato fortemente l’identità del paese.

Indipendenza

L’indipendenza della Nuova Zelanda è tutt’oggi materia di dibattito. Non c’è stata una data precisa in cui si sarebbe verificata la transizione, ma è piuttosto il risultato di una continua evoluzione costituzionale: come conseguenza, la Nuova Zelanda non festeggia nessun “Independence Day”.

Dal momento che molti neozelandesi si consideravano ancora una branca del Regno Unito, la Nuova Zelanda, infatti, accettò di ratificare l’indipendenza solo nel 1947, con l’Atto di Adozione dello Statuto di Westminster. Fu solamente con l’entrata del Regno Unito nella Comunità Europea nel 1973, abrogando la preferenzialità agli accordi commerciali con la Nuova Zelanda, che questa attitudine iniziò a cambiare. I graduali cambiamenti nazionali e sociali erosero ulteriormente questa relazione.

Mutamenti sociali ed economici: dal controllo totalizzante di Muldoon alla deregulation di oggi

La Nuova Zelanda fu uno dei paesi a recuperare più in fretta dopo la crisi di Wall Street del ’29, e negli anni ’50 era uno dei paesi con il PIL più alto. Ma se il regime isolazionista aveva in qualche modo aiutato a sviluppare il manufatturiero e  un tessuto industriale variegato, negli anni ’60 si inizò a realizzare che la Nuova Zelanda stava rimandendo indietro rispetto agli altri paesi.

Tra il 1973 e il 1984, il governo neozelandese fu travolto da una serie di crisi economiche tutte correlate tra loro, come la crisi del petrolio, l’aumento disordinato dell’inflazione, e l’aumento preoccupante della disoccupazione. Il governo di Muldoon (conservatore) perseguì una serie di misure macroeconomiche poco razionali, stringendo il controllo governativo su tutta l’economia, col risultato di generare fluttuazioni anche drammatiche nell’inflazione e nella crescita economica. Per disperazione, Muldoon congelò prezzi e stipendi (anche quelli massimi![3]), arrivando persino a gestire direttamente gli Hotel. Nel tentativo di stabilizzare l’economia, il governo azzardò una serie di investimenti su larga scala, come la costruzione di raffinerie e l’espansione dell’industria dell’acciaio. La strategia di Muldoon però fallì miseramente, ottenendo addirittura l’effetto opposto, e agli inizi degli anni ’80 lo stipendio medio pro-capite dei neozelandesi era sceso al di sotto di quello del Portogallo.

L’esplosione incontrollata di questi problemi causò la crisi costituzionale del 1984, portando a nuove elezioni, con l’ascesa del Partito Laburista di David Lange.

La deregulation

Il governo laburista tentò subito di invertire la rotta con una serie di riforme costituzionali, che introdussero una stretta politica monetaria e una progressiva liberalizzazione dei mercati. Queste misure, dopo una iniziale recessione interna, iniziarono a portare i loro frutti a partire dagli anni ’90, con una crescita esponenziale del mercato del lavoro, una drastica riduzione del debito e una competitività crescente dell’industria neozelandese.

NR 8 wire: lo spirito innovativo dei Kiwi

NR 8 wire

“Number 8 wire, that’ll sort it”: se hai un problema, il fil di ferro n° 8 lo risolve.

Quando si associa Nuova Zelanda e tecnologia, la storia che viene a galla più spesso è quella del fil di ferro di 4 mm di diametro “Number 8 wire attitude“. Nel XIX secolo infatti, gli allevatori usavano questo fil di ferro per costruire recinzioni per le pecore. Comunque, il fil di ferro poteva essere riutilizzato in tanti modi, e gli allevatori riuscivano a risolvere quasi qualsiasi problema pratico semplicemente contorcendolo e riaddattandolo. Praticamente fu trasformato in un materiale tuttofare, una specie di nastro adesivo della Nuova Zelanda rurale. Nei decenni a venire, il filo n° 8 divenne una metafora più ampia dello spirito adattivo di un popolo che viveva lontano da qualsiasi cosa e che doveva essere indipendente e pieno di risorse. I neozelandesi diventarono orgogliosi della loro abilità di risolvere problemi in modi inusuali e talvolta rozzi.

La Cardrona Bra Fence: un altro uso creativo del fil di ferro, ci sono molti reggiseni appesi

La Cardrona Bra Fence: un altro uso creativo del fil di ferro

NQR, “No Qualification Required”

Lo scorso anno, il Digital Skills Forum, formato da gruppi industriali come NZRise, NZTech e IT Professionals NZ hanno condotto uno studio sul panorama degli skill tecnici in NZ, compilando il report “Digital Skills Skills for a Digital Country“. Il report evidenzia come il settore informatico e tecnologico in generale soffrano di carenze di talenti qualificati. Stando al report infatti, il settore ICT ha creato circa 14.000 posti di lavoro nel 2016, ma soolo 5090 laureati erano entrati nel mondo del lavoro l’anno precedente, e solo 5050 visti erano stati rilasciati a immigrati con skill tecnologici, il che significa uno skill gap di circa 4000 solo per il 2016, destinato a crescere.

La carenza di skill  in Information Technology (ma anche nel terziario in generale) è un problema molto sentito in Nuova Zelanda, tanto che più di 200 aziende sono arrivate al punto di sottoscrivere un’iniziativa per portare nel settore più “manodopera” non qualificata, da formare. Ma se c’è chi individua il problema, c’è anche chi sostiene che la carenza cronica di skill possa trasformarsi in un’opportunità pazzesca per l’avvicinamento di molti neozelandesi a questo settore, con conseguente riqualifica e “upskill”. Le aziende firmatarie (tra cui colossi come Microsoft, Xero, ASB, Vector) si dichiarano disponibili a focalizzarsi meno sui titoli e le esperienze rilevanti e più sulle abilità e le capacità di adattamento dei candidati.

L’idea dell’iniziativa è arrivata dallo Strategic Insights Panel, sponsorizzato da ASB e KPMG, che si prefigge di raddoppiare la crescita pro-capite del PIL da 1,5% a 3% entro il 2021. Secondo Frances Valintine, cofondatrice dell’iniziativa, i “NEET” (Not in Education, Employment or Training), ovvero i cittadini attualmente fuori sia da occupazione che da formazione sarebbero più di 80.000 in Nuova Zelanda, e reclutare sia loro che altri possibili aspiranti non qualificati porterebbe enormi benefici nel combattere la carenza crescente di skill nel paese.

Un problema potenzialmente molto penalizzante potrebbe trasformarsi quindi addirittura in opportunità di crescita. Anche questo in fondo è perfettamente in linea con l’attitudine del fil di ferro, e dimostrazione della capacità dei Kiwi di vedere opportunità dove gli altri vedono problemi.

Innovazione tecnologica nel paese dei Kiwi

Anche se non tutti concordano sull’efficacia di questa attitudine, contestando che questa specie di “spirito del quick’n dirty” non produce sempre innovazioni replicabili, e sottovaluta il ruolo dell’invenzione, la Nuova Zelanda sta investendo nella tecnologia, e qui si stanno producendo innovazioni in grado di competere senza timore con la Silicon Valley.

Si tratta di risultati tecnologici di assoluto livello, non di “toppe” messe con la prima cosa trovata per le mani. L’improvvisazione ha fatto posto a un genere di invenzione più metodico e ambizioso.

New Zealand Innovation Awards

NZ Innovation Awards assegna ogni anno premi per le migliori innovazioni tecnologiche in una ventina di categorie. Si va dalle innovazioni nell’allevamento dei mitili nella categoria Agribusiness & Environment, all’utilizzo di smart tech per la vendita all’ingrosso di elettricità nella categoria Distruptive & Breakthru Innovation, alle tecnologie all’avanguardia per la produzione di vaccini per il virus del papilloma.

GoDaaS, Government Desktop as a Service

Il GoDaaS è un servizio cloud multi-tenant che Fujitsu ha implementato per il governo neozelandese, basato su infrastruttura Citrix. Si tratta di un servizio che fornisce desktop tradizionali e virtuali, supporto remoto, onsite, applicazioni e device hardware, permettendo gli utenti di lavorare dove e come avevano necessità.

Questo si rivelò critico nel terremoto del 2016, quando un’agenzia governativa riuscì a passare da zero disponibilità dei servizi IT, a un ambiente di lavoro digitale sicuro in 4 giorni, riuscendo a traguardare una deadline critica per la pubblicazione di statistiche economiche chiave.

BabyX

Baby X 3.0 (è in lavorazione la 4.0) è un prototipo di bambino virtuale animato. Si tratta di una simulazione psicobiologica sviluppata dal Laboratorio di Tecnologie Animate dell’Università di Auckland.

Questa simulazione, che anche nello stadio di prototipo ha già dell’incredibile, incorpora dei modelli computazionali basati su simulazioni delle reti neurali biologiche realmente coinvolte nei processi di apprendimento e dei comportamenti interattivi.

Auckland Face Simulator

Sempre dallo stesso laboratorio di BabyX c’è il Face Simulator, un’incredibile simulazione facciale, basata sulle reali meccaniche dei muscoli facciali, in grado non solo di sincronizzare perfettamente il labiale nel text-to-speech (trasformazione di testi scritti in suoni vocali), ma anche delle espressioni facciali, producendo visi interattivi praticamente indistinguibili da quelli reali.

Rocket Lab, voli spaziali prenotabili

Rocket Lab ha recentemente lanciato con successo il primo razzo in orbita lo scorso gennaio. Non solo il razzo è giunto in orbita, ma è stato in grado di deployare in servizio 3 satelliti, cosa finora senza precedenti. Il razzo è costituito per la maggior parte di componenti in carbonio prodotti con stampanti 3D, ed è accessibile ora ai clienti per inviare in orbita qualsiasi carico per la “modica” spesa di 4,5 milioni di dollari.

REX, esoscheletro bionico per la riabilitazione

Rex è una piattaforma robotica costruita da Rex Bionics per la riabilitazione clinica di pazienti spinolesi, ma anche utilizzabile dagli stessi pazienti a casa per la vita di tutti i giorni.

Lifepod Infant Incubator

Ray Avery incarna lo spirito dell’ingegneria kiwi: è uno scienziato e un inventore prolifico. Ha fatto fortuna nel settore farmaceutico, e ora ha deciso di restituire parte di quello che ha avuto dedicando il suo ingegno al servizio dei più disagiati.

Il Lifepod è un incubatore per neonati praticamente indistruttibile, purifica da solo la propria aria e acqua, e costa solo 2000 $, contro i 40.000 degli altri incubatori.

NOTE

[1] Il termine “Maori” in realtà non esisteva fino all’arrivo degli europei. In realtà significa “ordinario” e i Maori lo usavano per distinguersi dai nuovi coloni dalla pelle chiara.
[2] Parliamo di Canada, Australia, Irlanda, Terranova, Nuova Zelanda e Sudafrica.
[3] Il tentativo di garantire a tutti i cittadini pensioni pari all’80% dell’ultimo salario aveva contribuiti ad un’esplosione del debito, e il governo cercò di arginare il problema mettendo un tetto massimo agli stipendi.

LINKS

An Economic History of New Zealand in the Nineteenth and Twentieth Centuries

New Zealand’s technology sector is booming – but education needs to catch up

As New Zealand Courts Tech Talent, Isolation Becomes a Draw

High Tech in New Zealand

THE INVESTOR’S GUIDE TO THE NEW ZEALAND TECHNOLOGY SECTOR (pdf)

Technology is New Zealand’s future

The Future of Work – Technology

Paolo Costa
Paolo Costa
Socio fondatore e Direttore Marketing di Spindox. Insegno Comunicazione Digitale e Multimediale all’Università di Pavia. Da 15 anni mi occupo di cultura digitale e tecnologia. Ho fondato l’associazione culturale Twitteratura, che promuove l’uso di Twitter come strumento di lettura attraverso la riscrittura.

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