Il movimento Open Culture cresce in tutto il mondo per garantire a chiunque libero accesso alla cultura e alla conoscenza. Wikimedia Foundation si batte per la digitalizzazione di immagini con alta risoluzione di opere d’arte e monumenti.
Di Open Culture si parla sempre di più. E se ne è parlato, il 26 maggio scorso, anche all’Università Bocconi di Milano. L’occasione l’ha offerta un evento, promosso da ASVIS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), all’interno del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2017. L’appuntamento, intitolato Beyond Digitization. The (re)use of open cultural data, è uno degli oltre 200 organizzati durante il Festival, la prima manifestazione italiana dedicata ai temi promossi dall’Agenda 2030 sottoscritta dai 193 Paesi delle Nazioni Unite nel 2015.
Durante i 17 giorni di durata del Festival vengono discussi i diciassette “Global Goals” identificati dall’ONU nel 2015 per lo sviluppo sostenibile. Questi 17 obiettivi sono stati sottoscritti per raggiungere 3 grandi traguardi entro il 2030: porre fine alla povertà estrema, combattere la disuguaglianza e l’ingiustizia e trovare una soluzione al cambiamento climatico.
Enrico Giovannini, portavoce dell’ASVIS, ha aperto a Palazzo Reale di Napoli il Festival affermando che «quando si parla di sviluppo sostenibile, le persone pensano subito alle questioni ambientali, senza comprendere che capitale umano, naturale, sociale e crescita economica sono aspetti dello stesso processo. Ecco perché lo sviluppo sostenibile interessa tutti gli abitanti del Pianeta.»
L’evento Beyond Digitisation. The (re)use of open cultural data si è concentrato sulla riflessione intorno al potenziale del patrimonio culturale digitale. La domanda di fondo è quale possa essere il ruolo degli open data nell’ambito dello sviluppo sociale e culturale. Infatti il fenomeno degli open data sta gradualmente coinvolgendo anche l’ambito della cultura, oltre a influenzare i rapporti della pubblica amministrazione con i cittadini.
Uno dei primi movimenti dell’open cultural data è stato OpenGLAM, nato per rendere le istituzioni culturali più accessibili grazie alla diffusione online delle loro collezioni e dei relativi metadati. Ma è importante ricordare anche Wikipedia, uno dei principali sostenitori del concetto di Open Culture, secondo il quale la conoscenza dovrebbe essere diffusa liberamente e la sua crescita dovrebbe dipendere dalla collaborazione e dalla condivisione, senza essere limitata dalle leggi della proprietà intellettuale.
«Dedicare un incontro a questo tema è il primo passo nell’esplorazione dell’espressione del fenomeno open data nella cultura, della sua sostenibilità sociale ed economica, dei suoi legami con il turismo», ha detto Paola Dubini, presidente di Bocconi Art Campus. «Un tema che richiede da un lato approfondimenti sotto il profilo tecnico dell’accessibilità e della legittimità del riuso, dall’altro riflessioni sull’open data come filosofia tesa a promuovere nuove visioni dei contenuti culturali e nuovi usi dei patrimoni informativi digitali».
Open culture e diritto di panorama
Parlare di Open Culture porta ad affrontare tanti temi correlati. Il concetto di “Freedom of Panorama” costituisce uno degli spunti di riflessione più interessanti affrontati durante questo evento. La libertà di panorama consiste in un’eccezione al diritto d’autore che permette di scattare e riprodurre fotografie di edifici, luoghi pubblici ed opere d’arte che si trovano permanentemente in luoghi pubblici, senza infrangere il diritto d’autore dell’artista o dell’architetto. Questa norma è soggetta alle leggi sul copyright delle singole nazioni. Quindi, per quanto possa apparire paradossale in un’epoca in cui Instagram e la condivisione di foto fanno parte della vita quotidiana di quasi ogni individuo, ci sono alcuni paesi in cui questa libertà è limitata. La nostra epoca è caratterizzata proprio dalla condivisione in tempo reale di contenuti culturali e informativi, dove ogni individuo ha una fotocamera in tasca e quindi il numero di fotografie scattate è aumentato incredibilmente nell’ultimo decennio.
Anche all’interno dell’Unione Europea esistono situazioni diversificate per quanto riguarda la libertà di panorama. Di conseguenza migliaia di articoli di Wikipedia su edifici e opere d’arte non contengono fotografie. Addirittura alcuni giornalisti sono stati multati per aver pubblicato immagini di paesaggi scattate da loro. Queste restrizioni implicano anche che milioni di utenti della rete potrebbero incorrere in procedimenti legali ogni volta che condividono online una fotografia in cui appare una struttura architettonica coperta da copyright.
La legge italiana sul copyright dice in particolare: «sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione». E aggiunge: «i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte». Di conseguenza tutte le opere architettoniche moderne, edificate negli ultimi 100 anni, non possono essere fotografate a meno di non avere l’esplicito permesso dell’autore dell’opera o dell’istituzione che ne è proprietaria, e di aver pagato i diritti proprietari per la riproduzione fotografica della struttura.
Si potrebbe pensare quindi che in caso si fotografi un’opera che viene considerata un bene culturale, che ha più di cinquanta anni ed è di interesse culturale, che si trova in musei o luoghi pubblici, non si incorra in nessuna violazione. Ma anche in questo caso sono presenti altre limitazioni. Per esempio occorre avere la previa autorizzazione da parte dell’amministrazione consegnataria, con relativo pagamento di un canone. Inoltre è necessario che la riproduzione venga realizzata con una bassa risoluzione o degradata e che abbia soli scopi personali o didattici e assolutamente non commerciali. Queste leggi che fanno parte del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sono state la causa della scomparsa nel 2007 di numerose opere di grandi artisti italiani dalla più grande enciclopedia online del mondo.
Il ruolo di Wikimedia
Wikimedia, fondazione senza fini di lucro che gestisce numerosi progetti collaborativi online, di cui il più noto è l’enciclopedia libera Wikipedia, si è fatta negli anni portavoce di questa battaglia. L’obiettivo è ottenere il diritto di caricare online copie digitali con ottima risoluzione per poter promuovere la cultura nazionale di ogni paese e permettere a chiunque di averne accesso. Lo scopo principale di Wikimedia è contribuire attivamente alla diffusione, al miglioramento e all’avanzamento del sapere e della cultura, attraverso la produzione, la raccolta e la divulgazione gratuita di contenuti liberi che incentivino le possibilità di accesso alla conoscenza e alla formazione. Gli obiettivi principali sono la promozione sociale, operando nell’ambito di Open Culture in relazione agli Open Data, e la
produzione, la raccolta e la diffusione di contenuti liberi (open content), ossia di opere contrassegnate dai loro autori con una licenza che ne permetta l’elaborazione e/o la diffusione gratuita per ogni scopo (anche commerciale).
Uno dei progetti sviluppati proprio per questo fine è Wiki Loves Monuments, un concorso fotografico internazionale con oggetto principale i monumenti, nato nel 2010 grazie all’iniziativa di Wikimedia Olanda che poi si è esteso in tutto il mondo. Per promuovere questo concorso la fondazione si trova costretta a contattare le strutture amministrative comunali e statali e gli enti privati per ottenere il permesso per fotografare le opere architettoniche di cui questi detengono la proprietà. Ogni anno viene stesa una lista dei “monumenti liberati” che potranno quindi essere fotografati dai partecipanti all’iniziativa, che tuttavia è sempre molto ridotta rispetto al numero effettivo di opere di cui ancora manca una riproduzione online di ottima qualità.
La proprietà intellettuale, nata per massimizzare la produzione e circolazione delle opere creative si trova oggi a rappresentare una limitazione alla libera diffusione della cultura piuttosto che promuoverla. La legislazione italiana pone proprio un ostacolo alla circolazione della cultura e della conoscenza e l’assenza della libertà di panorama non fa altro che compromettere ulteriormente il concetto di Open Culture.
In una società dove la maggioranza delle informazioni vengono acquisite online, queste leggi o l’assenza di esse stanno impedendo quello che dovrebbe essere il naturale sviluppo della cultura a livello mondiale ed il libero accesso al patrimonio culturale di ogni nazione. Ci si preoccupa invece di garantire introiti a strutture amministrative il cui principale compito dovrebbe essere quello di rendere accessibile a chiunque i propri contenuti.