Da due giorni inattivi i servizi di georeferenziazione offerti da Pokévision e altre Pokémon-related apps. Tutto in nome del rispetto delle condizioni legali di utilizzo del gioco.
Ieri abbiamo ricordato il grande successo di Pokémon GO, la game app free-to-play di Niantic Labs basata sul meccanismi di georeferenziazione via GPS e realtà aumentata (vedi il post di Beatrice Barzon qui). C’è un aspetto che merita un supplemento di riflessione, relativo alle modalità di gestione della comunità di giocatori e sviluppatori da parte di Niantic. Si tratta di una vicenda emblematica, che riguarda temi fondamentali per tutto il mondo mobile: protezione della proprietà intellettuale, livello di apertura delle API, coinvolgimento delle terze parti (prosumer, aziende di sviluppo software, integratori).
In breve, ecco la vicenda. Pochi giorni dopo il lancio della app, la funzionalità di nearby tracking – che consente all’utente di localizzare i Pokémon nelle vicinanze dello smartphone, e quindi di catturarli – ha smesso di funzionare correttamente. Ad accorgersi del problema non sono stati solo i giocatori, ma anche diversi servizi di georeferenziazione di terze parti, i quali in breve tempo hanno “aggirato” il baco della app ufficiale, permettendo la visualizzazione dei Pokémon sulle proprie mappe.
Ciò è stato possibile grazie alla repentina integrazione di tali mappe con le API di Pokémon GO. Un’operazione non proprio in linea con le condizioni legali di utilizzo del gioco, ma comunque segno della vivace partecipazione di una base di sviluppatori molto attivi, i quali hanno messo in piedi vere e proprie “Pokémon-related apps”. Pokévision, per esempio, è diventato in pochi giorni un servizio popolarissimo fra gli appassionati di Pokémon GO.
Niantic si è dunque trovata di fronte a un dilemma: chiudere un occhio e permettere l’uso “improprio” delle API e il fai-da-te della community, desiderosa di giocare, oppure pretendere il rispetto formale delle condizioni d’uso della app. La società californiana ha scelto la seconda strada, in attesa di risolvere l’anomalia riscontrata nel proprio software. Da 48 ore, dunque, tutti i servizi come Pokévision risultano inattivi.
C’è il rischio che questa mossa si riveli un boomerang per Niantic, come ha osservato Dave Thier in un commento di ieri su Forbes. Gli utenti sono irritati, perché il gioco è stato privato di una funzionalità fondamentale. Non è così, ci sembra, che una comunità di fan si nutre e fidelizza.