La SEO è morta? Se ne discute da diversi anni. Anzi: ammesso che la SEO si trovi in cattive condizioni, il dibattito sul suo destino è più vivo che mai. Stando a Google Search, solo negli ultimi 30 giorni sono stati pubblicati nel web oltre mille documenti, in lingua inglese, contenenti l’espressione esatta “SEO is dead”. Quasi il triplo sono quelli in italiano, contenenti l’espressione “la SEO è morta” o “il SEO è morto” (a proposito: perché prevale l’uso al maschile, visto che traduciamo optimization con “ottimizzazione”?) Sempre secondo Google, il termine SEO mantiene lo stesso livello di popolarità nelle ricerche degli utenti dal 2009. Quanto alle ricerche effettuate con l’espressione per esteso – “search engine optimization” – esse sono in crescita (fonte: Google Trends).

Di solito chi sostiene la tesi secondo la quale il lavoro di ottimizzazione di siti e singole pagine web per i motori di ricerca sia diventato superfluo fa notare la progressiva diminuzione di peso del traffico organico rispetto a quello ottenuto attraverso i social media come Facebook, Twitter o altri. Si tratta di un argomento debole. Il traffico che otteniamo è soprattutto frutto delle nostre scelte e delle nostre strategie. Certo, se pubblichiamo pochi contenuti di qualità sul nostro sito e dedichiamo invece molte energie a disseminare backlink nei social media, dove peraltro saranno in molti casi accompagnati dall’attributo “nofollow” e quindi in linea di massima ininfluenti ai fini del posizionamento nelle SERP, la resa in termini di traffico organico sarà modesta.

Nel caso del sito di Spindox, a titolo di esempio, il traffico organico contribuisce per il 22,5% del totale, circa il doppio rispetto a quello proveniente dai social media, che supera di poco il 12%. È un buon ratio? Dipende. Una maggiore popolarità del brand Spindox su Facebook, Twitter & C. e un’attività più intensa di social media marketing potrebbe spostare questi pesi in una certa direzione. Ma se, viceversa, aumentassimo la quantità di contenuti sul nostro canale di news, lavorando per renderli sempre più autorevoli, interessanti e SEO friendly, otterremmo l’effetto contrario. Magari la cosa più sensata è fare entrambe le cose.

Il punto è che SEO, strategia editoriale e social media marketing devono lavorare di concerto. Sono le tre leve su cui occorre agire per costruire visibilità, prestigio e relazioni qualificate online. Guai a trascurarne una!

Non dimentichiamo che il volume delle ricerche online da parte degli utenti di Internet è in continua crescita. Né trascuriamo l’autorevolezza che i motori di ricerca si vedono tuttora riconosciuta dagli internauti. Stando ai risultati del 2015 Edelman Trust Barometer, i motori di ricerca sono considerati dagli utenti la fonte di informazioni più credibile. Semmai il problema di Google è che i margini garantiti fin qui dal business del search advertising rischiano in futuro di assottigliarsi molto. Ma questa è materia per un altro post.

D’altra parte ciò che sta cambiando, in modo sempre più evidente, sono i fattori che influenzano la visibilità di qualunque sito nei motori di ricerca, ossia i criteri utilizzati dagli stessi motori di ricerca – Google in particolare – per determinare il ranking delle SERP. Ne abbiamo parlato recentemente nel post Il futuro della SEO. In sintesi si può dire che i motori di ricerca tendono a premiare in misura crescente la qualità dei contenuti. Questo non significa che la SEO sia morta. Piuttosto vuol dire che certi vecchi trucchi, al limite dello spam, hanno le gambe sempre più corte. E che nessuna buona SEO sarà in grado di sostituire un piano editoriale di qualità. Dobbiamo insomma abituarci a considerare la SEO una disciplina che aiuta gli utenti a entrare in contatto con i contenuti di loro interesse, non un espediente per rendere visibile ciò che agli utenti non interessa.

Qualcuno ha proposto di sostituire la “vecchia” sigla con un nuovo acronimo: UEO, ossia “user experience optimization”. Sarà, ma a noi sembra solo l’ennesima trovata di marketing. Fra l’altro pessima dal punto di vista SEO, visto che UEO sta anche per Unione Europea Occidentale (in italiano, ma anche in francese) e quindi genera grande ambiguità.

P.S. I fondatori di Spindox credono a tal punto nella SEO da insegnarla come materia universitaria: il corso tenuto quest’anno da Paolo Costa all’Università di Pavia (Laurea magistrale in Editoria e Comunicazione Professionale) si intitola – guardate un po’ – Web Marketing & Social Media: SEO, SEM, Analytics.