Il tema dello smart working è ormai molto popolare e attuale. Molte aziende lo utilizzano per giustificare cambiamenti nelle proprie dinamiche lavorative o scelte ritenute dai propri dipendenti poco condivisibili. Altre, viceversa, interpretano correttamente il nuovo paradigma e introducono un modo di lavorare inedito, più efficiente ma anche più rispettoso dell’ambiente e dei tempi delle persone.
Ma conosciamo realmente il significato del termine smart working? Molti lo associano all’idea di lavorare in modo più flessibile, spesso da casa e con meno vincoli. In realtà non si tratta di questo. O, almeno, non solo di questo. “Lo smart working è una nuova filosofia manageriale che restituisce alle persone la flessibilità e l’autonomia nella scelta degli spazi, orari e strumenti atti a raggiungere i risultati previsti. Punta sulla responsabilizzazione dei lavoratori verso I risultati.” così illustra il concetto Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation, che lo scorso 20 ottobre ha presentato gli ultimi dati sul tema.
Smart working dunque significa ripensare gli stili manageriali e le modalità di gestione delle persone. Significa cambiare qualcosa nel proprio modo di lavorare, dallo spazio in cui si opera agli strumenti utilizzati, passando per le policy aziendali. La flessibilità è il comune denominatore di questo nuovo modo di considerare il proprio ecosistema lavorativo.
In Italia il 48% delle grandi aziende sta già adoperando strategie di smart working, il 37% è interessato a farlo in futuro mentre il 12% non considera proprio l’idea. Per quanto riguarda le PMI i numeri invece cambiano. Solamente il 14% sta attualmente considerando questo importante tema, il 28% lo ritiene interessante ma il 48% non lo considera importante. Oltre una PMI su due non conosce il fenomeno o si dice non interessata.
Queste differenze sono probabilmente conseguenza di una bassa consapevolezza di cosa significhi realmente adattare le dinamiche lavorative della propria azienda a nuovi standard. Quali sono allora i principali timori che allontanano le PMI da una scelta di questo tipo? “Gli impiegati potrebbero approfittare della flessibilità e lavorare meno di quanto dovrebbero”: questa la paura condivisa dalle aziende. Gli altri miti da sfatare sono legati all’idea di avere dipendenti che possono lavorare da dove vogliono. “Lo smart working è adatto solo a chi può lavorare da casa”, “rischi di non trovare posto quando arrivi in ufficio” e “genera senso di isolamento”, sono le altre giustificazioni usate per non fare un passo in questa direzione.
A questi miti si aggiunge l’idea di un eccessivo investimento economico, legato principalmente ad una modifica degli spazi interni e l’aggiornamento delle tecnologie usate. L’investimento nella maggior parte dei casi viene considerato come non giustificato e questo avviene perché non si conoscono i benefit che l’azienda può ottenere da una scelta di questo tipo.
All’interno di qualsiasi realtà le principali attività lavorative sono raccolte nelle 4 C: comunicazione, collaborazione, concentrazione e contemplazione. Questi momenti devono esser tutti considerati di pari importanza e accolti in un ambiente adatto. Se per esempio ci si trova in un ambiente lavorativo che costituisce lo scenario ideale per la collaborazione tra colleghi ma non permette di ritagliare un momento di concentrazione e contemplazione, allora non ci si trova in un ambiente propriamente smart.
Le iniziative legate allo smart working attualmente attive all’interno delle aziende riguardano vari aspetti della vita lavorativa. Al primo posto troviamo l’uso di device che permettano una certa mobilità, tema quello della enterprise mobility quanto mai attuale. Esser fisicamente legati alla propria scrivania per l’utilizzo di un computer fisso è un limite da non sottovalutare. Al secondo posto troviamo la flessibilità di orario. Segue poi il tema della Social Collaboration, che fa parte di un filone ben più ampio che è costituito dalla Smart Working Technology. Parliamo di quelle tecnologie che permettono alle persone di lavorare in modo flessibile ovunque si trovino. La Social Collaboration dovrebbe quindi permettere di creare nuove opportunità di comunicazione e relazione, anche a distanza.
La flessibilità di luogo è infine un ulteriore aspetto considerato importante. Dare la possibilità di lavorare anche da casa punta a responsabilizzare I lavoratori e spostare il focus sul risultato e non sul fatto di trascorrere otto ore all’interno di un determinato spazio lavorativo.
Se un’organizzazione decide di muoversi in questa direzione dovrà lavorare su tre fondamentali aspetti. Il primo è rappresentato dalla condivisione della strategia che si intende adoperare In considerazione dei valori dell’azienda. Segue poi la creazione di un nuovo approccio nella gestione delle persone, con la creazione di manager che siano leader e non solo “controllori” delle performance. Questo deve tradursi in un’autorevolezza tale da poter lasciare alle persone la possibilità di “riappropriarsi del proprio lavoro” supportando una scelta autonoma delle modalità in cui svolgere le proprie attività.
Lo smart working è dunque consigliabile in qualsiasi azienda, ma deve esser cucito addosso a quella singola realtà. Non esistono rigide linee guida che tutti dovrebbero seguire. Ogni società può e deve lavorare sul proprio assetto lavorativo partendo dalla consapevolezza della situazione in cui si trova nel momento presente, analizzando quindi la propria cultura aziendale.