Il recruiter è social: un po’ community manager, un po’ scopritore di talenti. Ecco perché il recruiting 2.0 si basa sulla contaminazione di competenze.

«Ogni azienda è un social network», dicevamo. Ma, soprattutto, lo dicevano Anna Martini e Silvia Zanella nel libro Social Recruiter. Strategie e strumenti digitali per i professionisti HR di cui abbiamo cominciato a parlare qui. In quell’occasione avevamo promesso che saremmo tornati a parlare del fenomeno del social recruiting.

Promessa mantenuta: ecco la seconda puntata dedicata all’incontro tra social network e recruiter. Questa volta abbiamo coinvolto due specialiste del settore, pescando in casa nostra. Parliamo infatti con Irene Vitari ed Elena Merlanti, rispettivamente Recruiting & Resource Planning Specialist e Recruiting & Resource Planning Manager degli uffici di selezione di Spindox. Elena e Irene ci aiutano a capire come l’avvento dei social media abbia influito nel mutamento del mondo del recruiting e sulla necessità di sviluppare nuove competenze da parte degli esperti della selezione del personale.

Secondo te, com’è cambiato il mondo del recruiting negli ultimi anni?

Elena: «La risposta è complessa e i punti di vista possono essere molti, a partire dal tipo di settore in cui si fa recruiting. Nell’ambito dell’ICT è certamente cambiato molto. D’altra parte l’ICT è di per sé un settore in continua trasformazione. L’evoluzione continua delle competenze modifica velocemente il target di profili a cui ci si deve rivolgere e costringe anche le aziende a pensare ai candidati in ottica formativa. Le soft skill diventano fondamentali. Il potenziale, la motivazione, la passione e la proattività dei candidati si devono unire alla capacità dell’azienda di formare e far crescere le risorse. I social network, le piattaforme di recruiting on line e gli approcci “alternativi” al classico ma irrinunciabile annuncio di lavoro, sono un must.»

Irene, qual è la giornata tipo di un recruiter?

Irene: «La giornata inizia un po’ come quella di molti: quando arrivo in ufficio accendo il pc, rileggo con calma le e-mail, a cui magari ho già dato un’occhiata in metro, bevo un caffè con i colleghi e torno in postazione.

È da qui in poi che inizia la vera vita del recruiter. In base alla priorità delle ricerche che seguo, mi attivo nell’individuazione di nuovi candidati. Quest’attività avviene principalmente in due modi: il primo è tramite i canali di recruiting a disposizione o contattando persone che hanno inoltrato il proprio cv in risposta a un nostro annuncio. Prime telefonate, condivisione e confronto con la service line di riferimento e pianificazione dei colloqui. In sostanza, l’attività standard di un recruiter. La seconda modalità è la ricerca diretta dei candidati che, a differenza della prima, ha tempi più lunghi. Personalmente però è questo il processo che mi dà più soddisfazione.

Ho l’abitudine verificare la rete social del candidato. Soprattutto su LinkedIn. Vedere che tipo di contenuti pubblica, leggere a quali post risponde, in che modo. Tutto questo aiuta a scoprire alcuni aspetti della personalità del candidato e ad avere qualche spunto in più per confrontarsi in sede di colloquio. In più, mi piace analizzare le offerte di lavoro dei competitor per capire sia chi in un particolare momento sta cercando profili ambiti anche da Spindox, sia per conoscere nuove realtà.»

Foto di Irene Vitari
Irene Vitari, Recruiting & Resource Planning Specialist in Spindox.
Quali sono le competenze che deve avere il recruiter del 2018? E quali tra queste lo definiscono come professionista?

Elena: «Bella domanda! Personalmente ritengo che un bravo recruiter, nel 2018, in passato come in futuro e in qualsiasi campo, debba avere prima di tutto una serie di caratteristiche di base, tra cui:

  • Curiosità: ogni candidato ha una storia da raccontare, ogni Hiring Manager ha una necessità da soddisfare. Se si è sinceramente curiosi le domande vengono da sole, sia che l’obiettivo sia raccogliere una job description accurata, sia che si tratti di conoscere la persona che ha inviato il proprio cv o che ha accettato di ascoltarci dopo un contatto su LinkedIn.
  • Perseveranza: in questo lavoro le variabili controllabili sono davvero poche. Si lavora con persone, per altre persone e si sa, il mondo è bello ma molto vario! Spesso ci sono momenti difficili, in cui sembra impossibile trovare il candidato giusto. L’unica cosa su cui si può davvero contare è la voglia di trovare la persona giusta, avere l’obiettivo finale sempre davanti agli occhi e collaborare con tutte le figure coinvolte.
  • Empatia: sapersi mettere nei panni dell’altro fa certamente la differenza. Noi recruiter spesso non facciamo, o non abbiamo mai fatto, il lavoro che fanno i nostri candidati e gli Hiring Manager. Per questo saper capire, al di là delle competenze specifiche, il loro punto di vista, comprendere il loro mondo, permette di fare bene il proprio lavoro e di immaginare nuovi modi per collaborare insieme, unendo le forze e le diverse prospettive.

Detto questo, la professionalità si acquisisce con la specializzazione. Conoscere il settore di mercato in sui si opera è fondamentale, soprattutto nel mondo ICT. Le competenze tecniche poi si imparano sul campo!»

Foto di Elena Merlanti
Elena Merlanti, Recruiting & Resource Planning Manager in Spindox.
Quant’è importante il digitale nel mondo di un recruiter?

Irene: «Il digitale oggi è sicuramente importante per i recruiter soprattutto perché permette di avvicinarsi alle nuove generazioni (millennials e Generazione Z) che vogliono capire sin dall’inizio che tipo di azienda hanno davanti. Soprattutto quando si parla di ICT, poter lavorare in contesti innovativi è fondamentale.

In questo senso, abbiamo attivato una collaborazione con Meritocracy (la company page di Spindox la trovi qui, ndr) che offre ai candidati la possibilità di incontrare virtualmente le società, mostrando sia quali sarebbero gli eventuali colleghi, sia gli spazi di lavoro. All’azienda, invece, permette di presentarsi al meglio e iniziare a raccontarsi prima ancora di un contatto per pianificare il colloquio.

Inoltre, essendo Spindox una realtà ICT orientata a soluzioni Digital, noi recruiter usiamo gli stessi strumenti che usano i nostri colleghi sui progetti, come Trello e Slack, per rendere più veloci le comunicazioni sui candidati in iter di selezione. In più, ci appoggiamo a una piattaforma di testing on line. I candidati possono quindi effettuare a casa un test tecnico, che sarà poi la base di partenza per il colloquio tecnico con i nostri colleghi.»

Ritieni che i social media possano essere una risorsa preziosa per il tuo lavoro? In Spindox si sta pensando allo sviluppo di una strategia di social recruiting?

Elena: «Sì, sono convinta che i social media siano uno strumento essenziale e una risorsa in grado di agevolare enormemente il lavoro del recruiter. Certo, non è materia facile da gestire per un recruiter, che non è detto abbia competenze specifiche nel campo del social media marketing. Per questo, in Spindox abbiamo strutturato un tavolo di lavoro in cui partecipiamo noi del team Recruiting e i colleghi della Comunicazione. Siamo convinti che i due punti di vista e le competenze specifiche che le diverse professionalità portano, permetta di pianificare un piano di social recruiting ed employer branding più strutturato e mirato. Sia per aiutare il lavoro di attraction di cui il Recruiting beneficerà, sia per aiutare chiunque sia curioso su di noi a capire meglio chi siamo e se il nostro “#LifeatSpindox” possa fare al caso loro.»

Quanto è importante avere una buona web reputation per un datore di lavoro?

Elena: «Una buona reputazione è fondamentale. Il web è oramai la prima fonte di informazione sulle aziende, sui candidati, sui recruiter. Per questo, a mio avviso, è indispensabile pensare a una formazione per i recruiter anche su questi temi e ritengo che la collaborazione con i colleghi della Comunicazione sia il primo passo per Spindox in questa direzione.»