Lo spreco alimentare non è intelligente

da | Feb 4, 2022

Il ruolo dello Smart Retail e le prospettive del progetto MIMEX

Stando ai dati più recenti diffusi dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ammontano ogni anno a più di un miliardo e mezzo le tonnellate di cibo sprecate a livello globale. Il 14% della produzione complessiva si perde nel passaggio dal raccolto ai mercati all’ingrosso, mentre un altro 17% corrisponde allo spreco di prodotti nei servizi di ristorazione, in ambito domestico e nel commercio al dettaglio. Rispetto al panorama del retail, le stime relative alla produzione invenduta si attestano attorno al 2%. Un dato che impone una riflessione sugli strumenti a disposizione della Grande Distribuzione Organizzata per efficientare la supply chain dei beni primari.

L’alleanza con l’Intelligenza Artificiale nella lotta agli sprechi

È a questo proposito che, in occasione della prima Giornata internazionale della consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari, il Direttore Generale della FAO, QU Dongyu, ha richiamato l’attenzione sul supporto che proprio l’innovazione tecnologica è chiamata sempre più a fornire nelle fasi che precedono la commercializzazione del prodotto. Per il già Viceministro all’Agricoltura della Repubblica Popolare Cinese, la prospettiva corrente «è quella di dare spazio all’Intelligenza Artificiale in questi ambiti: l’esistenza di sistemi agricoli e alimentari digitali e un ripensamento dei canali di commercializzazione offrono – ha affermato QU Dongyu – enormi potenziali per far fronte alle perdite e agli sprechi». In tal senso, l’idea di creare una piattaforma condivisa, al servizio di coltivatori, aziende di trasformazione e operatori commerciali è stata ben accolta da Brad Smith, Presidente di Microsoft, il quale,  guardando nella stessa direzione, non ha mancato di dischiudere scenari ulteriori: «per risolvere problemi di portata globale quali la fame e l’insicurezza alimentare, soprattutto in un’epoca segnata dai cambiamenti climatici, si riveleranno – ha affermato – particolarmente utili tecnologie come l’AI e gli strumenti di apprendimento automatico, che possono prevedere gli eventi critici e reagire con risorse adeguate in modo da prevenire le carestie e salvare vite umane». Una prospettiva di lavoro che induce fiducia nei vertici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura rispetto ad «assistenza, cooperazione e impegno nell’aiutare i paesi membri» da parte dei «giganti del settore digitale».

L’insicurezza alimentare come potenziale fattore d’instabilità

Il rilievo che il tema dell’insicurezza alimentare tuttora conserva nell’agenda globale non è certo riducibile all’esigenza di ottimizzare le catene di produzione, approvvigionamento e commercializzazione dei prodotti della terra. Questi due aspetti, semmai, coesistono. Una coesistenza che ha del paradossale e per la quale António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, non ha esitato a parlare di «offesa etica», definendo tale lo spreco di cibo in un mondo affamato. L’Occidente produce più di quanto non riesca a consumare, fa incetta di suolo agricolo nei paesi in via di sviluppo (land grabbing) e in questi è lontano dal garantire ai produttori delle remunerazioni eque. Il disvelamento di tale paradigma si è accompagnato al progressivo diffondersi delle culture del Fair Trade, tra i cui meriti storici vi è anche quello di un’accresciuta consapevolezza sull’improrogabile necessità di un’educazione alimentare diffusa e sulle distorsioni prodotte da un’attenzione esclusiva per l’aspetto dei prodotti (una mela è buona se bella e solo allora sarà degna di essere esposta sugli scaffali di un qualsiasi supermarket).

Un tale intreccio di nodi tocca trasversalmente le politiche agricole dei vari paesi produttori, incrocia le strategie commerciali delle grandi potenze, si dimostra potenzialmente rischioso per la sovranità alimentare di intere aree geografiche. In poche parole, se trascurato, il tema dell’insicurezza alimentare può trasformarsi in fattore d’instabilità geopolitica. Per queste e altre ragioni non poteva certo rimanere estraneo al respiro planetario che ambisce ad avere un evento della portata di Expo 2020 Dubai, in corso dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022. Non deve dunque sorprendere che, nell’ambito della programmazione del Padiglione Italia, uno spazio apposito sia stato dedicato – in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali – al tema delle produzioni agricole sostenibili: sostenibili per l’ambiente, per il benessere dei cittadini, per la crescita economica dei produttori e dell’intera filiera. È dentro questa cornice che si colloca anche l’obiettivo della lotta agli sprechi.

Le prospettive di sviluppo del progetto europeo MIMEX

«Tutti i sistemi d’Intelligenza Artificiale devono essere concepiti, progettati e attuati per essere messi al servizio degli esseri umani e dell’ambiente in cui vivono, oltre che per assicurare la loro tutela»: è stato questo uno degli spunti d’introduzione al seminario “AI, cibo per tutti, dialogo ed esperienze”, tenutosi a Roma il 24 settembre 2020. Entro tale quadro concettuale, e con l’obiettivo specifico di conseguire una riduzione degli sprechi, quali sono le prospettive di sviluppo per MIMEX? Il progetto di Micro Market Experience con headquarter a Trento è chiamato a diffondere il modello di Smart Retail a livello europeo attraverso un consorzio internazionale coordinato da Spindox Labs. L’obiettivo è di abilitare una clientela variegata a nuove esperienze di consumo – dal marketing di prossimità al self check-out – ottimizzando al contempo la gestione a distanza dei punti vendita, in particolare per quel che riguarda i processi di replenishment dello scaffale e di gestione dell’inventario. Da una parte, dunque, conoscere in modo approfondito gli stili di consumo dei customer, assecondandoli il più possibile attraverso un’offerta calibrata su misura; dall’altra, servirsi di queste informazioni per consentire al retailer una gestione più accorta della propria attività. Quale spazio vi è, in un quadro così configurato, per l’impegno alla riduzione degli sprechi? La premessa è che “kilometro zero” e “filiera corta” non sono semplici slogan, parole vuote. Avvicinare il consumatore ai prodotti del territorio rientra tra gli sviluppi di progetto sin d’ora auspicabili; considerare la distribuzione al dettaglio un servizio di comunità non può che rappresentare un valore aggiunto. Entrambe le prospettive convergono sull’idea di ridurre gli sprechi. Una supply chain che prenda a riferimento i coltivatori locali dimostra di poter ridurre i passaggi intermedi, contenendo le perdite di prodotto nel percorso che intercorre dalla raccolta allo scaffale. L’alert generato in real-time nel Micro Market per i prodotti out of stock risponde all’esigenza di rifornimento costante e mirato, riducendo le possibilità di un esubero di invenduto. Si tratta di obbiettivi di efficientamento che rientrano appieno nella business proposition immaginata per MIMEX: creare quelle economie di scala che, da sé, il piccolo retailer non riuscirebbe a raggiungere.

Nell’Unione Europea ogni anno vanno perse più di 87 milioni di tonnellate di cibo – dati di recente diffusi dal Consiglio Europeo. Gli stati membri dell’UE si sono pertanto impegnati a dimezzare entro il 2030 gli sprechi alimentari pro-capite: la strategia prevista si concentrerà prioritariamente sugli sprechi nel commercio al dettaglio e lungo le catene di produzione e approvvigionamento. Quale consorzio internazionale, MIMEX comprende, oltre a Spindox Labs, anche l’operatore turco dell’e-commerce Hepsiburada, la Fondazione Bruno Kessler, la compagnia spagnola di ricerca e sviluppo Metrica6 e il gruppo CEFLA, specializzato nel settore dell’engineering e shopfitting. L’idea progettuale, sviluppata a partire dal dicembre 2020, è stata selezionata nell’ambito del Programma UE “Fast Track to Innovation (FTI)”. La sfida condivisa da ciascuno dei partner coinvolti è che l’innovazione tecnologica abbia la forza di trascinare con sé una cultura del cambiamento sostenuta da buone pratiche e improntata a modelli di sviluppo sostenibili, rispettosi delle risorse del pianeta, dei produttori locali e, non in ultimo, delle generazioni future.

Francesco Altamura
Francesco Altamura
Storico di formazione e archivista per attitudine, dopo il dottorato ha lavorato per fondazioni e istituti di ricerca. Sempre sulle tracce della modernità industriale, si sforza di mantenere uno “sguardo contemporaneo, per le cose lontane”.

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