Da una decina di giorni è ufficiale: i contenuti di Twitter sono di nuovo tracciati da Google nel suo motore di ricerca (per ora solo sul dominio .com, ma presto anche in quello italiano). Diciamo “di nuovo” perché era già così, fino al 2011. Il servizio si chiamava Google Real-Time Search e consentiva appunto di accedere in tempo reale a informazioni presenti su Twitter, Facebook e altre fonti più o meno “social”. Tali informazioni apparivano, in determinate circostanze, all’interno della SERP di Google insieme ai risultati “tradizionali”. La cosa durò poco, perché era collegata a uno specifico accordo – in seguito non rinnovato – fra Twitter e la stessa Google. Peraltro un accordo analogo consente anche a Bing di includere i contenuti di Twitter e Facebook fra i propri risultati.
Ma come cambia la SERP di Google, arricchita con i tweet? In realtà i punti rilevanti sono due. Il primo riguarda il nuovo layout della SERP, ovvero la posizione e lo spazio occupati dai tweet all’interno della pagina. La seconda questione è relativa ai criteri di selezione dei tweet. Perché è evidente che, fra migliaia di “cinguettii” di volta in volta coerenti con i parametri di ricerca impostati, nella SERP saranno visibili solo quelli più rilevanti.
Per quanto riguarda il primo punto, notiamo che i tweet appaiono all’interno di una galleria a scorrimento orizzontale, la quale ne contiene fino a un massimo di sei o sette. Tale galleria occupa una porzione rilevante della pagina, sia sulla versione desktop – come nell’esempio mostrato qui sotto – sia in quella mobile (qui arrivano addirittura a impegnare metà dello schermo).
Ma l’aspetto più interessante della faccenda è legato senz’altro ai criteri applicati da Google per selezionare i tweet da collocare nella SERP. Si può ipotizzare che essi premino – a parità di rilevanza – la popolarità e l’autorevolezza dei tweet. E si può ipotizzare che Google determini popolarità e autorevolezza dei tweet in base a parametri quali numero/qualità di follower dell’utente che li pubblica, rapporto follower/following dell’utente, numero/qualità delle liste che lo includono, popolarità dei contenuti e in particolare degli hashtag inclusi nel tweet. Tutto abbastanza coerente coi i fattori di ranking già definiti da Google, per i quali rimandiamo al nostro post Il futuro della SEO.
Riteniamo anche che l’algoritmo premi la freschezza dei contenuti, visto che il valore aggiunto consiste proprio nel fornire informazioni in tempo reale. In base a questi medesimi criteri Google può anche decidere di non includere alcun tweet nella SERP. Nell’esempio mostrato sopra appare la SERP restituita da Google il 2 settembre 2015, alle 2pm CET, a fronte di una richiesta che includeva una sola parola chiave: “Everest”. Come si può vedere il risultato valorizza i contenuti (e i tweet) relativi al film di Baltasar Kormákur presentato alla Mostra del Cinema di Venezia proprio il 2 settembre. Ci aspettiamo che nei prossimi giorni i tweet relativi alla pellicola scompaiano dalla SERP, venendo meno l’attualità del tema.
Non è escluso che la nuova funzionalità di Google evolva nella direzione di offrire una serie di canali tematici, in cui – con maggiore efficacia rispetto al meccanismo dei trending topics di Twitter – l’utente riesca a trovare i contenuti di suo interesse e a ridurre il crescente rumore di fondo del social network dell’uccellino, ossia a superare quello che è diventato uno dei suoi principali punti di debolezza. Rimandiamo sul tema al post di Paolo Costa Twitter, timeline e futuro.
Il nuovo accordo fra Twitter e Google era stato annunciato in febbraio. Dopo una prima fase di sperimentazione, limitata alla versione mobile, oggi l’intesa entra a pieno regime, almeno per l’edizione in lingua inglese del motore di ricerca. Twitter – che ha disperato bisogno di nuovi utenti – ci guadagna in visibilità, mentre Google segna un punto a proprio favore nella battaglia con Bing per il real-time search.