I videogiochi come medium culturale. Al via il primo International Game Camp, promosso da IED Milano e dal George Brown College di Toronto.

Se i videogiochi sono uno strumento potente di esplorazione del mondo, allora con i videogiochi si può esplorare anche il patrimonio culturale, che del nostro mondo è una parte imprescindibile. È questa l’idea alla base del primo International Game Camp (IGC2017), che si svolgerà dal 13 al 15 ottobre 2017 in contemporanea a Milano e Toronto. Gli oltre duecento partecipanti lavoreranno gomito a gomito per un fine settimana, con l’obiettivo di realizzare videogame e app interattive in grado di innovare nelle modalità di accesso al patrimonio culturale e di coinvolgere un pubblico sempre più vasto. Il Game Camp, ospitato dallo IED – Istituto Europeo di Design di Milano e dal George Brown College di Toronto, è rivolto a sviluppatori, game designer e digital artist di tutto il mondo. Naturalmente la lingua ufficiale di tutto il workshop sarà l’inglese. Le iscrizioni sono ancora aperte, ma i posti disponibili sono pochi. Se siete interessati, andate subito qui.

Oltre a IED e George Brown College, sostengono l’iniziativa il Politecnico di Milano, Bookrepublic, Streamcolors e il programma iC-innovazioneCulturale di Fondazione Cariplo. Fondamentale è poi il contributo di IVIPRO – Italian Videogame Program e dell’associazione di categoria AESVI. A questi si aggiungono gli oltre trenta musei che hanno aderito al progetto, mettendo a disposizione parte dei loro contenuti in modalità creative commons. Sì, perché il cuore di tutta l’operazione è il cosiddetto Vaso di Pandora, un contenitore virtuale di materiali a disposizione di tutti i partecipanti come fonte di ispirazione. La filosofia di IGC2017 si fonda dunque sulla logica collaborativa dell’open source. Una logica declinata in tre direzioni, con un grado di complessità crescente: alla base ci sono semplici collezioni di immagini condivise; al secondo livello si collocano i file di grafica 3D, liberamente scaricabili dal Vaso di Pandora; da ultimo troviamo contenuti frutto di co-creazione.

IGC2017 si articolerà intorno a cinque ‘desk’, dedicati rispettivamente a Game Design, Game Art, Game Audio, Post Production e Smart Heritage. Ciascuno dei desk sarà animato da esperti provenienti dal mondo accademico e dall’industria del settore, da We Are Müesli a Ubisoft, da Lunar Great Wall Studio a WANTmusik. Alle loro testimonianze si uniranno quelle di autentici guru come Rick Gush (game designer di fama mondiale), Linda Volkers (Marketing Manager del Rijksmuseum di Amsterdam), Biyy Matjiunis (Lead Artist di Ubisoft), Andrea Orioli (Character & 3D Artist) e Giampietro Fabre (Texture Artist).

Il contesto, dunque, è rigorosamente internazionale. Tuttavia IGC2017 è stato pensato in modo particolare per creare un link fra il mondo del game design e quello dei beni culturali italiani. E questo per la semplice ragione che la posizione del nostro paese è speciale. C’è un patrimonio fatto di città, paesaggi, musei e biblioteche che fanno dell’Italia un paese unico al mondo. Del resto esistono già esempi autorevoli di videogiochi che includono elementi del patrimonio culturale italiano fra i propri contenuti. È il caso di Uncharted 4 (Sony per PlayStation), ambientato nella Costiera Amalfitana, nel quale il Sarcofago degli sposi, capolavoro di arte etrusca conservato al Museo di Villa Giulia in Roma, fa bella mostra di sé. Per non parlare di Gears of War 4 (Microsoft Games Studios per XBox), ambientato fra le Dolomiti e Palmanova. Quest’ultimo esempio è significativo anche perché la città di Palmanova si è offerta come modello per il progetto IVIPRO, messo a punto da AESVI e dalla Italian Film Commissions. L’obiettivo è la realizzazione di una database nazionale in cui inserire i luoghi storici di interesse della penisola, a disposizione di chiunque sia interessato a sviluppare un gioco o un’applicazione di realtà virtuale.