WUDRome2017, quando la Giornata Mondiale dell’Usabilità raccoglie ospiti e speaker a Roma – e in contemporanea in 43 paesi in tutto il mondo – per parlare di ‘Inclusion Through User Experience’. Design per tutti, design con tutti.

Sembra così scontato e semplice che non servirebbe nemmeno parlarne. In fondo che cosa c’è di più ovvio? Ognuno di noi, con le proprie caratteristiche ed esigenze, senza discriminazione di età, genere, etnia, abilità o disabilità, deve essere considerato in fase di progettazione. Ma evidentemente così ovvio non è, se l’argomento è al centro di dibattiti come il World Usability Day Rome, che ha coinvolto professionisti italiani e internazionali del settore. E, soprattutto, se servizi e prodotti continuano a essere progettati solo per alcune categorie di utenti, per personas (irreali). E non persone.

Giallo. Giallo ovunque. Giallo è il colore del World Usability Day Rome, l’evento che a Roma ha riunito – citando quasi alla lettera – «speaker e professionisti sulle tematiche di Human-centered Design e UX».

Tematica del WUDRome2017 è Inclusion Through User Experience, inclusione che passa anche attraverso la progettazione delle esperienze degli utenti. Organizzatrice della quarta edizione del WUDRome è ancora una volta Nois3, experience design agency romana impegnata nello sviluppo di strategie e percorsi di storytelling digitale ed esperienza utente, con metodologia di progettazione partecipativa: co-design. La Giornata Mondiale dell’Usabilità è stata proclamata nel 2005 e come d’abitudine si festeggia ancora nella seconda settimana di novembre. L’iniziativa è stata promossa dalla Usability Professionals Association (UXPA) per garantire agli utenti che utilizzano un prodotto o un servizio, che l’esperienza con questi sia semplice, efficace, efficiente, priva di errori già commessi. Insomma, usabile.

WUDRome2017
WUDRome2017. Spazi all’interno del Leonardo Digital Campus.

Ad aprire questa quarta edizione del WUDRome, il CEO e fondatore di Nois3, Carlo Frinolli. Con slide semplici dall’approccio minimalista, Frinolli ha catturato l’attenzione del suo pubblico. Esordendo così: «Questa è una slide». Slide pressoché vuota, essenziale. Testo nero – il poco che c’era – su fondo giallo, come le altre a seguire. Slide che recitava solo un’unica, breve, frase. Questo il pretesto con cui Frinolli ha sottolineato l’importanza dell’informatica nelle nostre vite partendo dalla possibilità per un pubblico, come quello del WUD, di riuscire a leggere un messaggio proiettato su una parete bianca. Un elogio a quello che può essere considerato il padre dell’informatica: Alan Turing e la sua macchina per decifrare messaggi, Enigma.

Partendo da Turing, passando per il filosofo Gilles Deleuze: «io non sono inabile. Divengo inabile» (in questo caso trattasi di citazione forzata: durante il WUDRome, Frinolli ha tenuto a precisare che per la frase di cui sopra si fa riferimento all’approccio utilizzato dal filosofo, piuttosto che a parole dette o scritte dallo stesso, così come riportate). Frinolli introduce il tema dell’edizione 2017 del WUDRome: Inclusion Through User Experience. Servizi inclusivi progettati sulla base delle esigenze delle persone, indipendentemente dai cambiamenti digitali e tecnologici, politici e demografici. Frinolli cita perfino Basaglia. «Da vicino nessuno è normale», sosteneva Franco Basaglia, psichiatra e neurologo italiano. Promotore della riforma psichiatrica in Italia nota come Legge Basaglia n. 180/1978 – “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” – con la quale non solo sono avvenute trasformazioni volte a modificare l’organizzazione dei servizi psichiatrici sul territorio italiano, ma tra queste, sono stati chiusi i manicomi in Italia.

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WUDRome2017. Spazi all’interno del Leonardo Digital Campus. Allestimento con Folding Pets.

Conference Day WUDRome2017

Un ricco programma di interventi ha caratterizzato la giornata del Conference Day Parco Leonardo del 9 novembre. Ad aprire i talk, Anat Katz-Arotchas, CEO di Standpoint, società impegnata nella diffusione di un pensiero volto a eliminare le differenze di genere in ambito tecnologico, al fine di ispirare le aziende del settore nello sviluppo di prodotti “gender-balanced”, in grado di rivolgersi alle donne senza discriminarne le scelte, i gusti, le preferenze.

A questo proposito, Anat Katz-Arochas ha proposto un panel dal titolo “Inclusive Design: Designing with all the genders in mind” parlando di inclusione di genere come la realizzazione di un’azione di consapevolezza e coscienza volta a implementare correttamente i principi di genere nei processi di progettazione. «Have a look to the product: the logo, the marketing material, and so on, and think about they are inclusive or if they are conveying an exclusive message». I progettisti devono sviluppare «a gender inclusive mind» e analizzare il prodotto adottando un punto di vista neutro e a favore della parità di genere. Progettare senza considerare alcuni categorie di persone significa, tra l’altro, limitare il proprio bacino di utenti finali.

Video proposto da @AnatKatzArochas durante il suo intervento al WUDRome2017 per parlare di come si alimentano gli stereotipi di genere: il monologo di @TheEllenShow (la comica Ellen De Generes) sulle “Bic da donna”.

Al WUDRome2017 tutto giallo

Giallo è anche il colore con il quale gli spazi del Leonardo Digital Campus, zona Parco Leonardo di Roma Fiumicino, hanno accolto tutti gli ospiti per il WUDRome 2017. Spazio di coworking allestito e animato dagli animali di Folding Pets: il progetto di ricerca dell’industrial designer ed artigiano digitale, Pellegrino Cucciniello, specializzato in stampa 3D e fabbricazione digitale. Sul palco del WUDRome cervi bianchi e neri, sulle pareti del Leonardo Digital Campus coccodrilli rossi, come ragni e nell’aria, sospesi, pesci e squali volanti. Sculture 3D, in stile low poly. Oggetti pensati e ottimizzati per la fabbricazione digitale.

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Folding Pets, di Pellegrino Cucciniello.

Accessibilità e usabilità dei servizi per tutti

A seguire Emmanuel Sevrin, project manager di UN World Food Programme, ha presentato Dalili, app nata per aiutare i rifugiati siriani in Libano ad affrontare le sfide quotidiane, alla cui creazione, tra l’altro, ha partecipato anche Nois3 per dare il suo contributo. Dalili, parte del progetto Beneficiary Voices del WFP, fornisce alle famiglie di rifugiati tutte le informazioni necessarie sui prezzi dei beni di cui hanno bisogno, confrontando le offerte disponibili e consultando online le varie categorie di prodotti dei negozi in base alla posizione dell’utente, facendo risparmiare alle persone tempo e denaro per raggiungere punti spesso molto lontani: parliamo di viaggi che vanno dai 10 ai 20 km dal villaggio ai negozi.

L’intervento di Sevrin è stata una testimonianza concreta del significato di inclusione nella progettazione, anche in ambito sociale e politico, al fine di rendere un servizio accessibile e usabile veramente per tutti, sulla base di alcune principali difficoltà incontrate e prese in considerazione. Tra queste, Sevrin ha portato a casa cinque lezioni, di cui ci ha parlato: prima fra tutte, bisogna uscire dall’ufficio per capire la realtà che gli utenti – quindi le persone – a cui l’app è destinata vivono ogni giorno. Capire i problemi che le persone devono affrontare, parlare e interagire con loro, stimolarle a condividere informazioni. Capire le reali esigenze della popolazione e studiare le dinamiche locali, è servito a progettare per gli utenti corretti e a comprendere come Dalili potesse essere vista e interpretata dai rifugiati.

Dal Design for All al Design with All

Negli ultimi trent’anni in ambito progettuale si sono diffuse sempre più metodologie volte a includere nelle esperienze di navigazione ogni tipologia di utenza attraverso il cosiddetto Design for All (o Universal Design) e Inclusion Design. Ciò nonostante, Domenico Polimeno, User Experience Designer per Fifth Beat, è intervenuto durante lo spazio condiviso con la psicologa e psicoterapeuta Maria Laura Mele, “InclUXion: designing the designer for the empathy” sostenendo l’importanza del Design with All. Polimeno ha raccontato la sua esperienza come progettista a contatto con persone con disabilità lasciando un messaggio semplice, quanto forte, che recitava più o meno così: gli utenti sono persone, progettare per le persone significa farlo con loro, conoscere le reali esigenze e problematiche con cui ognuna di loro interagisce ed entra in contatto con il prodotto o servizio che si sta disegnando.

Ancora oggi ci sono designer che fanno fatica ad accettare il cambiamento. Design with all, progettare con tutti, significa coinvolgere attivamente le persone, conoscerle. Ma conoscerle sul serio, dal vivo. Persone reali, non personas immaginarie. Lavorare con loro, capire come si muovono all’interno di una piattaforma. Lo strumento per raggiungere questo cambiamento? Niente di più umano che l’empatia. Empatia non è solo condividere le sensazioni provate con e tra le persone con cui ci interfacciamo. Empatia è «essere con l’altro». Questa la testimonianza di Maria Laura Mele, psicologa cognitiva e collaboratrice del Centro di Ricerca e Sviluppo di Roma Myesis. Mele è impegnata in attività di ricerca legate alla human-computer interaction, al tracciamento del movimento oculare per lo studio dell’interazione tra l’individuo e la tecnologia.

Progettare nei luoghi di lavoro coinvolgendo il personale, cercando di capire le esigenze e gli interessi delle persone è stato il fulcro dell’intervento di Giacomo Mason, amministrato di Intranet Managment, design inclusivo perché non è vero che i dipendenti non hanno tempo, se non partecipano è perché non si sentono coinvolti.

Cognitive designer

Usabilità è semplicità, facilità, efficacia, efficienza con il quale gli utenti interagiscono con una piattaforma. Jacob Nielsen, guru dell’usabilità, già anni fa aveva individuato queste e altre caratteristiche (memorizzazione delle funzionalità di un sito web, soddisfazione dell’utente all’interno della piattaforma, mancanza di errori ripetuti da parte dell’utente nel completare un compito assegnato) per definire il concetto di usabilità. Oggi Don Norman, co-founder di Nielsen Norman Group, definisce se stesso un “cognitive designer“. Per Norman non esiste l’industrial designer, il graphic designer, lo user experience designer. Ognuno di loro ha come scopo quello di creare prodotti che siano utili e utilizzabili dalle persone. Come tali, i designer sono, tutti, cognitive designer. Perché prima di differenziarsi in base a ciò che viene loro richiesto e da loro realizzato, che sia un’interfaccia, un servizio, un prodotto, ogni designer parte e segue principi comuni.

Don Norman, co-founder del Nielsen Norman Group, in “Are You a Cognitive Designer?“.